Veneto, ieri l’incontro di Città del Vino per il territorio: necessario investire sulla narrazione emozionale

Produrre il vino ora non basta più, è necessario puntare sulla capacità di creare delle emozioni: è questo il messaggio lanciato ieri, lunedì 20 gennaio, in occasione di un incontro organizzato a Venezia dall’associazione nazionale Città del Vino – in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti del Veneto – dal titolo “Imparare a comunicare il territorio, il vino e l’enoturismo”, introdotto dal presidente e dal coordinatore regionale dell’associazione, ovvero Floriano Zambon e Benedetto De Pizzol.

Il convegno ha coinvolto relatori provenienti dagli atenei di Padova, Verona, Bergamo, oltre ad esperti enologi, professionisti di marketing enogastronomico e digitale, i quali si sono succeduti in una mattinata di riflessione sul tema della valorizzazione del vino e del suo paesaggio, alla luce dei flussi turistici attesi grazie al cosiddetto “effetto Unesco”.

I tempi richiedono la necessità di puntare su un racconto differente del prodotto enogastronomico, una narrazione che faccia uso di un linguaggio in grado di essere colto da un pubblico estero e di toccare anche quelle che sono le sue corde emotive.

Ecco, quindi, come una forma efficace di enoturismo è quella caratterizzata da un costante dialogo con altre realtà, come può essere ad esempio l’artigianato locale.

La cantina deve proporsi come il contesto ideale dove il vino diviene “inchiostro per quadri d’autore”, secondo un’ottica artistica della produzione. E proprio tale forma di pensiero giustifica il proliferare di studi – specie negli ultimi tempi – inerenti il legame vino-ambiente e l’impatto del linguaggio pubblicitario sul pubblico. Analisi in base alla quali devono essere generati piani di comunicazione ben strutturati.

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Un aspetto non trascurabile, considerando le cifre della produzione di vino in Italia, che tocca la vetta di ben 50 milioni di ettolitri all’anno, numeri assenti all’estero. Cifre, tuttavia, non ancora valorizzate da forme di comunicazione sempre all’altezza del prodotto, nonostante il livello delle competenze di agronomi ed enologi.

“Linguaggio emozionale”, di conseguenza, secondo i relatori d’ora in poi deve divenire sinonimo di “approccio professionale”, di forme di wine business lontane dalla semplice proposta di un viaggio in osteria e focalizzate su piani strategici di management turistico, visto che l’Italia, oltre a vantare la maggior produzione di vino al mondo, è allo stesso tempo il Paese con il maggior numero di varietà autoctone.

Se all’imprenditore spetta il compito di curare con precisione il suo territorio, ai Comuni, secondo gli esperti ieri interpellati, tocca invece l’onere di occuparsi della promozione, creando con i produttori una sinergia efficace nell’attrarre flussi turistici crescenti.

Dall’altro lato, le cantine dovranno concentrarsi soprattutto nell’offerta di servizi, nel miglioramento dell’accessibilità e del raggiungimento delle proprie sedi.

Esperienze sensoriali, cenni storici dei luoghi di produzione, abbinamenti di vino con piatti gourmet sono gli ingredienti ormai più richiesti dal turista e su cui si rivela necessario investire anche in termini di comunicazione, tramite forme di messaggio traducibili nel linguaggio del digitale. Un giusto mix dal quale dipende circa il 42 percento della scelta della destinazione.

Una nuova cultura del vino, quindi, dove ‘emozione’ ed ‘eccellenza’ sono contenuti-cardine di tipologie aggiornate di comunicazione.

(Fonte: Arianna Ceschin © Qdpnews.it).
(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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