Come illustrato e argomentato dall’avvocato e docente di Criminologia Danilo Riponti nella prima stagione del podcast di Qdpnews.it “Lezioni di Criminologia in tempo di pandemia”, il Covid e le conseguenti misure di isolamento personale finalizzate ad evitare e attenuare il numero dei contagi hanno creato situazioni di disagio sociale e psicologico molto rilevanti.
Ma nei mesi successivi, una volta terminata la fase emergenziale, con la sindrome denominata Long Covid C PASC, sono aumentati in modo significativo l’intensità qualitativa e quantitativa di alcuni tipi di reato.
“Il periodo storico del Covid, e i dati in merito sono molto chiari dal punto di vista statistico – commenta Riponti –, ha fatto crescere in maniera esponenziale una serie di conseguenze di grande impatto sociale, legate all’amplificazione di determinati reati”.
Le figure più colpite dalle conseguenze della pandemia sono senza dubbio le fasce così dette “deboli”, quelle che hanno sofferto maggiormente il periodo pandemico, ovvero bambini, donne e anziani.
Ma ad essere duramente colpiti sono stati senza dubbio i giovani, che hanno subito “conseguenze nefaste – specifica l’avvocato – e questo ha fatto si che aumentassero drasticamente i casi di depressione nei giovani e gli atti di autolesionismo anche gravi. Stiamo parlando di tentati suicidi se non addirittura di suicidi consumati”.
I giovani sono stati vittime sacrificali delle terribili limitazioni nei rapporti interpersonali che si sono verificati in periodo pandemico, di fatto poco comprese e sostenute dal mondo degli adulti, tanto che secondo l’avvocato la forsennata digitalizzazione imposta dal Covid ha causato una serie di “alterazioni nei loro equilibri fisiologici”. I giovani, infatti, più di tutti hanno bisogno di relazioni umane basate sulla fisicità e non di comunicazioni asettiche mediate da social network e da strumenti digitali in genere.
Conseguenza di questo periodo – secondo l’avvocato – è l’amplificazione di alcune specifiche tipologie di reato. La prima area criminosa che è notevolmente aumentata è di certo quella dei reati compiuti tra le mura domestiche: l’isolamento ha fatto sì che la convivenza in spazi ristretti e la forzatura di ogni relazione abbia generato una serie di conseguenze gravi sugli equilibri psichici delle persone e sui rapporti all’interno della famiglia, con conseguente consumazione di reati di maltrattamenti reciproci.
“I reati di genere si sono fortemente intrecciati con questo tipo di approccio e hanno prodotto effetti di devianza criminale molto gravi – prosegue Riponti -: questo tipo di incremento dei reati intrafamiliari è stato fin da subito colto sia dall’opinione pubblica oltre che dalla dottrina criminologica”.
Le tensioni all’interno delle famiglie unita all’aumento dei casi di depressione sono – secondo Riponti – le chiavi di lettura per cercare di spiegare l’esplosione dei femminicidi, che la cronaca porta alla luce quasi quotidianamente e che – sempre secondo l’avvocato – “sono uno dei fenomeni più tragicamente inquietanti della nostra società contemporanea”.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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