“Si vuole di fatto cancellare un partito, ma non ce la faranno”: così il governatore del Veneto, Luca Zaia (nella foto), ha commentato lo scandalo che ha coinvolto in questi giorni la Lega a margine del sopralluogo al Ponte sul Piave, avvenuto lo scorso venerdì 7 settembre a Susegana (qui l’articolo).
“Siamo rimasti basiti e qui è stata applicata la legge in maniera restrittiva – ha aggiunto Zaia – Dobbiamo difendere la democrazia, dato che si cancellano i partiti con delle sentenze: se andiamo avanti così il sistema democratico non funziona più e penso che questo sia un fatto di estrema gravità“.
Le parole del governatore del Veneto si riferiscono alla maxi inchiesta condotta dalla Procura di Genova, per la quale sono stati condannati in primo grado con l’accusa di truffa ai danni dello Stato l’ex leader leghista Umberto Bossi e l’ex tesoriere Francesco Belsito, oltre a tre ex revisori dei conti, per rimborsi elettorali non dovuti nel periodo tra il 2008 e il 2010.
Secondo i pm, Bossi e Belsito sarebbero stati consapevoli delle irregolarità dei rendiconti, poi presentati al parlamento per ottenere dei fondi pubblici, e per questo avrebbero proseguito nelle indagini per chiarire i metodi con cui venivano compiuti i finanziamenti. L’inchiesta, denominata dagli inquirenti “The Family”, avrebbe portato alla luce come tramite i fondi pubblici fossero state coperte delle spese della famiglia Bossi, tra cui la laurea a Tirana del figlio Renzo.
Da lì sarebbe sorto l’ordine di confisca diretta nei confronti della Lega di circa 48 milioni, 969 mila e 617 euro, ma gli investigatori della Finanza avrebbero rinvenuto sul conto corrente del partito la somma di 1 milione e 651 mila euro. La Corte di Cassazione, quindi, ha emesso così la sentenza di sequestro di qualsiasi somma su conti correnti e depositi riconducibili alla Lega, fino a raggiungere la cifra ingente di 49 milioni di euro.
(Fonte: Arianna Ceschin © Qdpnews.it).
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