Falsa o vera sostenibilità nella moda?

L’indagine dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) su Shein della scorsa settimana ha acceso i riflettori su una problematica sempre più pressante nel mondo della moda: la necessità di definizioni chiare e misurabili della sostenibilità.

Mentre tutti noi speriamo che Shein possa dimostrare la sua buona fede nelle pratiche ambientali, è evidente che il settore necessita urgentemente di indici e indicatori certi per valutare e dimostrare la sostenibilità. L’era delle dichiarazioni vaghe e della pubblicità green senza sostanza deve cedere il passo a un approccio basato su dati concreti e verificabili.

Il comunicato dell’AGCM evidenzia si siano utilizzate “asserzioni ambientali generiche, vaghe, confuse e/o fuorvianti” nelle sezioni del suo sito web dedicate alla sostenibilità. Questa pratica, purtroppo comune nel settore e non solo nella moda, sottolinea la necessità di un cambiamento radicale: meno pubblicità accattivante e più dati tangibili.

Una particolare collezione sarebbe stata presentata proprio come “sostenibile”. Ma cosa significa esattamente questo termine? Per renderlo significativo, servono metriche precise: percentuali di materiali riciclati, riduzione del consumo idrico, diminuzione delle emissioni di CO2 per capo prodotto. Solo attraverso questi indicatori i consumatori possono fare scelte davvero informate.

L’indagine ha anche messo in luce discrepanze tra gli obiettivi di decarbonizzazione dichiarati e l’aumento effettivo delle emissioni di gas serra. Questo esempio sottolinea l’importanza di avere obiettivi quantificabili e di rendicontare regolarmente i progressi (o i regressi) verso il loro raggiungimento.

La sostenibilità non può essere un concetto astratto o un semplice strumento di marketing. Deve tradursi in numeri, grafici, e rapporti dettagliati. Serve trasparenza sulla catena di approvvigionamento, dati sul consumo energetico, informazioni sulla durabilità dei prodotti e sul loro smaltimento a fine vita.

L’industria della moda dovrebbe comprendere che i consumatori di oggi sono sempre più consapevoli e richiedono prove concrete dietro le etichette “eco-friendly”. Non bastano più le belle parole o le immagini suggestive di natura incontaminata. Servono fatti, cifre, e risultati misurabili.

In questo contesto, l’indagine dell’AGCM potrebbe rappresentare un punto di svolta positivo. Potrebbe spingere non solo Shein, ma l’intero settore, verso l’adozione di standard più rigorosi e universalmente riconosciuti per misurare e comunicare la sostenibilità.

La sfida per il futuro è chiara: trasformare la “sostenibilità” da slogan pubblicitario a pratica quantificabile. Ciò richiederà un impegno congiunto da parte delle aziende, dei regolatori e dei consumatori. Le aziende dovranno investire in sistemi di misurazione e reporting più sofisticati. I regolatori dovranno stabilire standard chiari e applicabili. I consumatori, dal canto loro, dovranno imparare a leggere e interpretare questi dati, esigendo sempre più trasparenza.

Solo così la sostenibilità avrà un senso.

(Autore: Paola Peresin)
(Foto: archivio Qdpnews.it)
(Articolo e foto di proprietà di Dplay Srl)
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