FAMIGLIA| Papaveraceae
NOME POPOLARE| rosoine, rosolina, peverèle, matatrisoe.
ETIMOLOGIA| il termine del genere Papaver secondo alcuni deriva dal latino papa o pappa (dei fanciulli), perché nell’antichità si mettevano i petali o il succo nel cibo per favorire il sonno dei bambini, secondo altri deriva dal sanscrito papavira che vuol dire “succo nocivo”; rhoeas invece è il nome latino della specie che deriva dal greco rèo, cadere, allusivo alla facilità con la quale cadono i petali, che non resistono più di un giorno.
PARTI USATE| le foglie basali.
TEMPO DI RACCOLTA| primavera.
HABITAT| è una pianta erbacea perenne, che cresce negli incolti e nei campi di grano (spesso infestante).
DESCRIZIONE| il fusto è rivestito di peli e alto 25-80 cm. Le foglie basali formano una rosetta, sono pennate o bipennato-sette, lanceolate, acute, con margine dentato. Le foglie del fusto sono più semplici e sessili. I fiori (maggio-luglio) sono solitari su pedicelli ispidi e hanno 4 petali di colore rosso porporino. Il frutto è una capsula ovale-oblunga contenente piccoli semi nerastri.
UTILIZZAZIONE| le rosette basali raccolte appena spuntate si consumano cotte in miscuglio con altre entità.
PRINCIPI ATTIVI| nel fiore ci sono i pigmenti contenenti antocianine, mecocianina e cianidolo; mucillagine, tracce di alcaloidi cristallini: readina, reagenina e rearubina.
PROPRIETA’| i petali svolgono un’azione sedativa, antispasmodica, diaforetica. La tisana di petali è efficace nei casi di coliche, stati ansiosi, tonsilliti, bronchiti e in particolare nelle tossi nervose.
NOTA| il decotto dei petali di papavero è da considerarsi un ottimo calmante e viene dato ai bambini per le sue proprietà leggermente sonnifere. In passato i bambini giocavano con i fiori del rosolaccio trasformando i boccioli in una piccola “donna con la sottana rossa”.
Il papavero da oppio: un’erba coltivata per i semi commestibili
Dal papavero da oppio Papaver somniferum L. sempre della famiglia delle Papaveraceae si ottengono il più importante fra i sedativi, la morfina (sostanza che non è stata ancora sostituita da surrogati) e l’oppio, che è usato in medicina sin dai tempi antichi in tutta la regione del Mediterraneo orientale, Medio Oriente e Asia occidentale.
L’estrazione dell’oppio dal lattice avviene mediante incisione della capsula verde con una piccola lama e raccogliendo entro le ventiquattro ore successive il liquido bianco che ne essuda.
I principi attivi sono contenuti nelle capsule e sono costituiti da almeno 25 alcaloidi con alta percentuale soprattutto di morfina (0, 1-0,3%), codeina, papaverina, narcotina, acido meconico, tebaina, narceina; acidi organici, sali minerali di vario tipo.
Nel Veneto i fiori del papavero da oppio venivano coltivati per scopo ornamentale.
Il seme maturo che non contiene sostanze tossiche né alcaloidi (pertanto non ha nessuna azione allucinogena), viene usato per condire il pane (tradizione bellunese e del Trentino Alto-Adige) e alcune torte come lo strudel o la torta di mele ai semi di papavero (tradizione tipica dell’Alto Adige).
(Articolo a cura di: Ernesto Riva, Danilo Gasparini, Silvano Rodato, Carla Camana – Unifarco SPA – Accademia Internazionale di Storia della Farmacia – Antiga Edizioni).
(Foto: Wikipedia)
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