FAMIGLIA| Asteraceae
NOME POPOLARE| grespondoi, erba da lat, ocio de bò
ETIMOLOGIA| la denominazione si attribuisce a Dioscoride il quale definì i due termini greci del genere (tragos = caprone e pogon = barba) per la somiglianza delle setole del pappo con la barba di un caprone.
PARTI USATE| le foglie, i germogli e le radici.
TEMPO DI RACCALTA| le foglie e i germogli in primavera, le radici al primo anno di vegetazione in settembre.
HABITAT| pianta erbacea biennale che cresce nei prati e nelle colline del territorio specie su terreni umidi e freschi.
DESCRIZIONE| presenta un fusto semplice, liscio, poco ramificato, alto da 20 a 70 cm. Le foglie sono alterne e lanceolate. I fiori (maggio-giugno) sono riuniti in un capolino di colore giallo dorato. I frutti sono acheni grigiastri muniti di becco e pappo di peli con barbe laterali.
UTILIZZAZIONE| le foglie e i giovani germogli si consumano cotti e crudi in miscuglio con altre entità (tarassaco, strigoli) e presentano un sapore simile alla cicoria. Le radici si possono consumare crude ma più spesso vengono lessate, mescolate con altre verdure cotte.
PRINCIPI ATTIVI| i germogli primaverili, le foglie, le radici sono ricchi di glucidi semplici e presentano un sapore dolciastro, specie dopo cottura. Uno dei componenti più importanti delle radici è l’inulina, un polisaccaride adatto dal punto di vista dietetico per le persone che soffrono di diabete.
PROPRIETA’| la radice viene utilizzata in erboristeria e presenta proprietà aperitive, sudorifere, depurative, emollienti ed espettoranti. Per apprezzare al massimo le sue proprietà si consiglia di consumarla cruda, tagliata a fette in insalata, ma si può consumare anche cotta.
NOTA| in passato si consumava la più comune scorzonera bianca o scorzobianca (Tragopogon porrifolius L.) per il colore giallastro della radice e nota presso i nostri contadini col nome di “coe”, dal sapore decisamente amarognolo.
La “barba di capra” è un’altra specie, ma attenzione a non abusarne! La barba di capra (Aruncus dioicus (Walter) Fernald) è una specie appartenente ad un’altra famiglia delle Rosaceae.
Il suo nome popolare è erba canona, sparesi de bosco, nogarole, sparesine de montagna, sussurri, di cui si consumano i giovani germogli in primavera.
Si tratta di una pianta perenne che cresce lungo le siepi, nei boschi, nei luoghi umidi e calcarei del territorio pedemontano.
Il fusto è eretto, semplice, alto 30-70 cm. Le foglie basali sono grandi, bipennate, lungamente picciolate, con foglioline secondarie ovali, seghettate; le superiori molto più piccole delle radicali. I fiori (maggio-agosto) sono piccoli, ermafroditi, bianchi, raccolti in racemo terminale compatto. Il frutto è una bacca nera lucente.
In cucina si usano i giovani e rossicci germogli primaverili consumati lessati e conditi come gli asparagi; presentano un sapore dolce e delicato. La pianta contiene composti salicilici e tannini e viene impiegata come diuretica, diaforetica e contro i reumatismi. Se si escludono i giovani germogli primaverili tutto il resto della pianta, specie in fase avanzata di sviluppo (settembre), contiene un glucoside cianogenetico che la rende pericolosa. Glucosidi cianogenetici sono comuni a molte Rosaceae: si trovano nelle mandorle (amigdaloside), nelle prugne (prunasoside) e nelle foglie di lauroceraso (prulaurasoside). La loro azione è anestetica, antispasmodica e ipotensiva.
La pianta non deve essere confusa con l’Actea spicata che è una pianta tossica per l’uomo, con foglie che assomigliano alla barba di capra.
(Articolo a cura di: Ernesto Riva, Danilo Gasparini, Silvano Rodato, Carla Camana – Unifarco SPA – Accademia Internazionale di Storia della Farmacia – Antiga Edizioni).
(Foto: Wikipedia)
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