E ora sono… dazi! Dopo il recente ordine esecutivo firmato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che con un 20% di tributi extra ha toccato anche l’import dall’UE, il tema è stato al centro anche della 57esima edizione del Vinitaly di Verona, dove in questi giorni si è radunato il meglio dell’intera filiera vinicola globale.
E quale miglior occasione, se non questa, per chiedere direttamente ai produttori del nostro territorio un commento sui dazi imposti da The Donald e sulle loro ricadute sul mercato di settore? Pareri che, in linea di massima, oscillano tra una “moderata preoccupazione” e un più spavaldo “ok, accettiamo la sfida…non sarà certo questo a fermarci”.
“L’America è una piccola parte del mondo – commenta ad esempio l’italo-canadese Ermenegildo Giusti, alla guida di Giusti Wine – Dobbiamo smetterla di essere preoccupati degli Usa, concentriamoci piuttosto sul lavorare bene nel resto del mondo, che è enorme”.
Più cauta, ma sempre in un’ottica positiva a riguardo, la posizione di Giancarlo Moretti Polegato, presidente di Villa Sandi:
“È un momento non facile ma superabile – il suo commento – Certo, quello degli Stati Uniti è un mercato molto importante, per il vino italiano e in particolar modo per le bollicine del prosecco. Un mercato che, assieme a Germania e Gran Bretagna, fa parte dei tre principali dove si esporta il vino italiano. Ma se qualche settimana fa avevamo la ‘minaccia’ del 200% di dazi, uno scenario molto preoccupante che poteva equivalere a un blocco totale, il 20% poi emerso non è sicuramente una passeggiata ma secondo me è qualcosa di superabile. E questo perché i vini italiani e più in generale i prodotti italiani, anche alimentari, sono molto amati dagli americani. Costeranno un po’ di più, ma noi abbiamo fiducia che continueranno a essere acquistati dai cittadini americani”.
Di nuovo spavaldo rispetto ai dazi è invece l’atteggiamento di Alessandro Tramet, della cantina Fasol Menin di Valdobbiadene:
“A noi non fanno paura, siamo infatti convinti che dobbiamo esportare il vero Made in Italy. Il consumatore che è abituato a comprare il Made in Italy ha già un percepito alto, una percezione per il nostro prodotto che lo porta a spendere anche qualcosina in più, sapendo di poterselo permettere. Non saranno certo i dazi a fermarci, anzi talvolta in questi momenti di difficoltà dobbiamo unirci, fare ancora più forza sul vero Made in Italy e portare fuori le vere nostre eccellenze. Quindi continueremo a lavorare con gli Stati Uniti, portando sempre lì il nostro prodotto al nostro prezzo, perché il consumatore è ormai fidelizzato e gli piace il valore, non guarda sicuramente al prezzo e tantomeno al portafoglio”.
Posizione un po’ più guardinga per Sandro Bottega, di Bottega Spa:
“La questione dei dazi è sicuramente un punto esclamativo, un problema che affligge tutti noi. Sappiamo che non ci sarà un momento facile nei prossimi mesi, sappiamo che l’incertezza è alle porte, ma siamo dell’idea comunque che dovremmo cercare nuovi mercati. Siamo consapevoli che dovremo anche ridurre i nostri margini, i nostri profitti, cercando di stringere i denti. E forse dovremo lavorare gratis per certi periodi, per cercare di contenere l’aumento di prezzi. Lo faremo in accordo con gli importatori americani che, a loro volta, cercheranno di fare la propria parte, quindi speriamo di poter mantenere la nostra quota di mercato e di non perdere terreno soprattutto nei confronti di altri Paesi che godono di dazi inferiori. Una cosa, questa, non molto corretta secondo i principi del WTO, che recitano come ci debba essere una reciprocità dei dazi, che non c’è stata”.
Infine, last but not least, il commento di Matteo Lunelli, presidente di Bisol1542 e ceo del Gruppo Lunelli.
“Io sono sostanzialmente preoccupato del fatto che questa vicenda dei dazi possa comunque rallentare la crescita economica mondiale – le sue parole – Credo che questo sia il problema più grave perché non riguarda solo il vino. I dazi sono stati imposti improvvisamente su tantissime categorie merceologiche e questo è evidente possa comportare una riduzione della crescita. il consumatore dovrà affrontare una crescita, un’inflazione molto importante negli Stati Uniti, quindi una perdita del potere d’acquisto e, a mio avviso, oggi le economie sono così interconnesse che comunque un problema di un continente è il problema di tutto il mondo e, allo stesso modo, forse non si può imporre dei dazi pensando di andare a penalizzare l’Europa senza che questo in qualche modo abbia anche delle conseguenze sull’America stessa. Purtroppo penso che sia una manovra peggiorativa per tutti, un po’ per i produttori italiani, un po’ per il consumatore americano e poi per tutta la filiera del vino, la catena del valore del vino e dei nostri partner, importatori e distributori che sono negli Stati Uniti. Comunque gli imprenditori italiani sapranno affrontare anche questo, affronteremo anche questo. Il direttore di Wine Spectator a ‘Opera Wine’ ha detto una cosa molto bella, ovvero che non c’è un sostituto per il vino italiano. Speriamo dunque che questo continui a essere anche l’atteggiamento e la convinzione dei wine lover di tutto il mondo. Poi noi, come imprenditori, vogliamo portare l’unicità dei nostri territori non solo in America ma appunto in tanti paesi che cercano i nostri vini. Nel caso di Bisol appunto noi raccontiamo l’eccellenza del prosecco superiore che è pienamente coerente con la mission del Gruppo Lunelli di raccontare l’eccellenza del vero italiano”.
(Autore: Alessandro Lanza)
(Foto e video: Matteo De Noni e Alessandro Lanza)
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