“Qui una volta era tutta campagna” è la frase che meglio di altre descrive il cambiamento ecologico che investe molte specie selvatiche quando si trovano a vivere in contesti urbani.
La Sindrome dei Tratti Urbani è un termine che si riferisce ad un insieme di tratti o caratteristiche che tendono ad emergere nelle specie animali che vivono in ambienti urbani rispetto alle loro popolazioni rurali.
Conoscere le differenze tra popolazioni urbane ed extraurbane della stessa specie è oggetto di una branca della biologia chiamata Ecologia urbana.
La disciplina dell’ecologia urbana, intesa come studio delle interazioni tra gli organismi e l’ambiente all’interno delle aree urbane, ha radici che risalgono al primo decennio del XX secolo.
Uno degli obiettivi dell’ecologia urbana è quello di comprendere come l’ambiente urbano influenzi le caratteristiche di tutte le specie animali che vi si adattano, uomo compreso.
Generalmente la vita di città favorisce le specie adattabili e non troppo esigenti riguardo a ciò che mangiano, le cosiddette specie generaliste dietetiche; tra queste, per esempio, gli uccelli generalisti di città tendono ad essere più piccoli dei loro conspecifici rurali, mangiano una più ampia varietà di cibi e questo ha grosse ripercussioni sulle dimensioni delle covate che sono più piccole rispetto alle popolazioni rurali. Le covate più piccole negli uccelli urbani sono state associate a tassi di sopravvivenza più elevati e maggiore crescita.
Un buon ornitologo vi descriverà le differenze dietetiche tra popolazioni cittadine e rurali di specie che tutti noi possiamo tranquillamente osservare come storni (nella foto), passeri e colombacci. Non bastasse, la dieta di volpi urbane è oggetto di indagini ecologiche da almeno mezzo secolo.
Con l’aumento delle città, aumentano le specie generaliste e diminuiscono le altre, quelle specialiste, quelle che non si adattano e l’effetto, direi scontato, è quello di una perdita complessiva di biodiversità.
Che fare quindi?
Quello che possiamo fare è aumentare, dentro le nostre città, spazi per le specie specialiste. Possiamo farlo perché siamo in grado di mettere in atto le conoscenze scientifiche che abbiamo a disposizione. Insomma lo sappiamo fare.
Ce lo insegnano dall’inizio del secolo scorso gli ecologi. Ascoltiamoli.
(Foto: Wikipedia).
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