Morti violente che possono sembrare gesti estremi, ma anche aggravanti processuali contestate in seguito a una singola perizia e ancora moventi o uso di sostante stupefacenti che vengono svelati da un singolo – ma fondamentale – esame scientifico.
Se una volta indirizzate sul binario giusto le indagini da parte delle Forze dell’ordine riescono ad assicurare alla giustizia chi commette i reati è anche vero che, in precedenza, ci deve essere qualcuno che dal punto di vista scientifico indichi la via da percorrere.
Resa una professione “hollywoodiana” dai film polizieschi, quella del medico legale è una vita fatta di sacrifici e di responsabilità. Un singolo errore può cambiare la verità processuale e rendere o meno giustizia a una vittima.
L’anatomopatologo Antonello Cirnelli ha alle spalle oltre dieci mila autopsie “ma ognuna è un caso a sé e s’impara sempre qualcosa di nuovo” spiega, e si dice anche preoccupato per il ricambio generazionale di questa professione, soprattutto per chi come lui ha deciso di mettersi a disposizione dell’autorità giudiziaria. “È un lavoro che richiede una reperibilità costante – prosegue – e nel quale è fondamentale porsi sempre delle domande prima di darsi delle risposte”.
Dottore, la sua è un’attività particolare. Da quanti anni la svolge e quando le è nata questa passione?
Faccio il medico legale da quando mi sono specializzato quindi ormai sono 23 anni. È stata una scelta fatta all’ultimo anno del corso di laurea in medicina quando mi resi conto – dopo un esame di coscienza – che non ero il medico dell’urgenza, per essere più chiare non ero il medico del pronto soccorso che salta sui malati e che salva le vite.
Nonostante un curriculum che mi lasciava contento di tutto il percorso svolto fino a quel momento c’era una parte della medicina in cui la riflessione, l’enigma e la capacità di dover dialogare e confrontarsi con molte più branche, non solo mediche, per arrivare quando si può ad una soluzione iniziava ad affascinarmi.
Ma il colpo di fulmine arrivò quando partecipai al corso di medicina legale, li capii che ero giunto a comprendere finalmente la risposta alla domanda che cosa farò da grande. Nel senso che il medico lo avevo scelto già qualche anno prima, ma per scegliere la medicina legale ti ci devi trovare dentro, iniziare a studiarla per rendersi conto di quanto particolare sotto vari profili è questa materia.
Se si riesce a risolvere un atto criminale molto spesso lo si deve all’esame autoptico, sente mai questa pressione quando sta lavorando?
Pressione non è un termine corretto, nel senso che sento molto la responsabilità. Quando vieni investito del ruolo di ausiliario della magistratura in una situazione delittuosa devi interfacciarti con il personale della polizia scientifica e devi dare delle risposte nell’immediato. Da quelle risposte derivano altre scelte nelle indagini e come medico legale hai il peso di dover costruire una scena dai pochi dettagli che hai a disposizione per poter già dare una prima risposta. Ecco quella situazione in cui tu hai come “un film” che devi riprodurre per dare delle risposte. Hai un corpo a terra morto da più o meno tempo e devi subito formulare delle risposte: in questa fase, in cui le immagini ti scorrono davanti agli occhi, senti la delicatezza e la responsabilità di quello che stai per pronunciare ed è proprio in questo momento che senti la responsabilità della professione.
Uno studente di medicina, come poteva essere lei qualche anno fa, quali sono le caratteristiche che in un medico legale dovrebbero essere spiccate fin da giovane?
Il primo consiglio – così come in tutte le materie scientifiche – è quello di non smettere mai di farsi delle domande. Un medico non si deve mai ritenere appagato delle risposte ma deve vivere di domande e di quesiti. Deve cercare di volta in volta di dare risposte a questi quesiti con un metodo ragionato che porti alla risposta partendo da determinati dettagli. Proprio questi dettagli molte volte sono sfumati ma non bisogna ignorarli in quanto anche quelli più piccoli e apparentemente insignificanti si rilevano di estrema importanza.
Il secondo che io darei a uno studente di medicina che vuole intraprendere questa strada quello di allenarsi nella capacità di dialogo anche con persone che non hanno studi simili e che non sono necessariamente medici. Bisogna imparare un linguaggio semplice e come tale fruibile.
Quali sono i tipi di situazione più difficili da decifrare?
Partiamo da presupposto che quando viene chiamato un medico legale le situazioni sono sempre complesse, soprattutto quando si lavora in ambito penalistico. La difficoltà è tener lontano i sentimenti umani: quando stai sei un tecnico e devi essere, per quanto possibile, impermeabile da qualsiasi tipo di partecipazione emotiva. Per questo motivo le situazioni in cui si hanno maggiore difficoltà sono quelle dove ad essere coinvolti sono i bambini, in cui ovviamente si è portati ad avere ovviamente un coinvolgimento maggiore.
C’è una tecnica particolare per riuscire ad affrontare queste situazioni, per estraniarsi dalle emozioni che si possono vivere in quel momento?
Non credo ci sia una tecnica. C’è innanzitutto un vaglio di quelle che sono le caratteristiche personali del soggetto e successivamente anche il bagaglio dell’esperienza e quello culturale. Poi ogni caso è un caso singolo da cui si impara sempre qualcosa.
Nella sua lunga carriera qual è il caso che la maggiormente colpita?
Uno dei tanti casi che ricordo in modo particolare fu l’omicidio di Jennifer Zacconi nel 2006. Seguii quel caso personalmente: fu un omicidio nel quale inizialmente si pensava a tutt’altro ie dovremmo poi andare sulla scena ad estrarre materialmente con la pala dal terreno il corpo di una giovanissima donna incinta al nono mese di gravidanza che era stata violentemente uccisa. Era dunque stato ucciso anche un bambino, quella fu una delle situazioni in cui le emozioni che provai ricordo ancora.
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