Ci sono storie di sport che meritano di essere rivissute ed assaporate fino in fondo, anche a distanza di tempo. La storia di Bruno Rebuli (nella foto), motociclista di San Pietro di Barbozza, frazione valdobbiadenese, è una di queste.
Bruno, classe 1960, è stato pluricampione regionale, triveneto, italiano e mondiale di Enduro, la variate del motocross su tracciati sterrati, e ha messo in luce il suo talento appena 18enne alla fine degli anni Settanta.
Quello che in passato si chiamava regolarità, oggi è uno sport difficile da coltivare ad alti livelli, per un numero ridotto di piste dove allenarsi e perché è vietato da molte istituzioni pubbliche in quanto, di frequente, danneggia i sentieri montani.
Bruno, quanti titoli hai vinto in pochi anni?
Nel 1978 il campionato italiano junior, nel 1979 ho vinto la Sei giorni mondiale a squadre e di categoria a Neukirchen, in Germania, entrambi con un Puch 75. Nel 1980 sono arrivato terzo al campionato italiano senior, nel 1981 ho partecipato alla Sei giorni mondiale dell’isola d’Elba con la squadra della Repubblica di San Marino, che faceva parte della nazionale italiana. Ho vinto anche numerosi titoli veneti e triveneti con varie cilindrate e marche motociclistiche.
Quali marche ti hanno portato al successo?
I più importanti risultati li ho ottenuti con la marca austriaca Puch, che era prodotta a Treviglio, in provincia di Bergamo e che oggi non esiste più. In altre competizioni ho gareggiato con Ktm e Svm.
Bruno, campioni si nasce o si diventa?
Penso che si diventi, basta allenarsi e vivere a contatto costante con la moto. Io mi allenavo ogni giorno sui sentieri delle nostre Prealpi, dopo un po’ diventa tutto semplice.
Veniamo alla domanda più spinosa. Cosa pensi dell’ostilità verso l’Enduro?
Non sempre è corretta e non fa bene al nostro sport. In Italia abbiamo una squadra nazionale che fatica ad allenarsi adeguatamente, ci sono poche piste e, se pensiamo anche solo alla nostra zona, è vietato quasi ovunque praticare il fuoristrada, in particolare sul greto del Piave o sui sentieri del Cesen. Io non sono contrario a questi divieti perché, effettivamente, se non si è motociclisti esperti si danneggiano le mulattiere.
Qual è la causa di questa ostilità?
Una volta ci allenavamo nelle nostre Prealpi, eravamo in pochi ed avevamo moto meno potenti, ma sapevamo correre e non abbiamo mai fatto danni. Oggi il Cesen è la montagna più vicina e ha sentieri facili, per questo arrivano da noi molti motociclisti da tutta la provincia e non solo, spesso inesperti. Sono loro che rovinano i sentieri perché non li conoscono o non li praticano abbastanza e spesso si trovano in difficoltà ad affrontarli. Non è giusto che per causa loro, i pochi esperti debbano subirne le conseguenze.
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(Intervista a cura di Luca Nardi © Qdpnews.it).
(Foto per gentile concessione di Bruno Rebuli).
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