Un bel carattere

Non c’è niente da fare. Ci sono persone che fanno del proprio brutto carattere fattore distintivo, elemento qualificante, attestato di intelligenza superiore, quasi prova di orgoglio e di vanto. Hanno perfetta consapevolezza che il relazionarsi con loro è molto difficile, perché anche i motivi più semplici rischiano di diventare cause scatenanti di incomprensioni, conflitti e reazioni di ostilità. Sostanzialmente, loro hanno sempre ragione. E se qualcuno obietta, fa presente, invita a tenere conto anche delle buone motivazioni delle altre parti in causa, le conseguenze delle loro risposte sono il cambiamento d’umore, le preoccupanti arrabbiature, le male parole, le alterazioni solenni condite spesso  da epiteti poco gentili e poco urbani.

E poi, pochissimo o inesistente  spirito di squadra, ma autoreferenzialità perenne e spiccata tendenza al comando  in solitudine, senza mai preoccuparsi di coinvolgere o di valorizzare quanti sono impegnati insieme per lo stesso obiettivo. Insomma, avere questi incontri quotidiani in ambito  lavorativo, nel campo dell’associazionismo, nei ruoli istituzionali, nella stretta cerchia dei nostri amici e parenti non rappresenta di fatto una felice avventura, ci mette a disagio, è un’incognita costante, ci regala imbarazzi e insicurezze, molte volte cambia il nostro umore e  mette a dura prova la nostra disponibilità a dialogare e a comprendere a livello di umane relazioni.

Quante volte abbiamo sentito frasi di questo tipo: “Sono fatto così! Cosa ci posso fare?”. Spesso ci capita di incontrare persone “con un cattivo carattere”, eternamente nervose, frustrate che non sorridono mai e alle quali dà fastidio tutto. Come sottolinea la psicologa e scrittrice Ana Maria Sepe, questi soggetti  “hanno fatto dell’irascibilità una forma comune di affrontare la vita, l’hanno trasformata in una strategia di confronto. Pertanto, tutto dà fastidio, anche le situazioni più banali, e perdono facilmente il controllo diventando intrattabili”.        

E’ vero, di fronte a questa casistica, maggioritaria, ci sono anche persone che soffrono per questi loro comportamenti umorali e nervosi, per questa voglia di affermazione costante sugli altri, e che cercano di migliorarsi, di cambiare gli aspetti più negativi, di eliminare via via le asperità più evidenti. In generale, comunque, resta il problema non da poco di relazioni personali e sociali messe letteralmente a repentaglio da questi comportamenti che, come detto, rischiano di minare profondamente i delicati equilibri sui quali si regge lo “stare bene” dei singoli e della comunità.               

Il carattere, comunque,  non nasce dal nulla, e non si tramanda da un gene del nostro DNA. Si crea e si consolida attraverso le nostre esperienze, l’educazione, gli esempi, i nostri valori e l’abitudine. Pertanto,  si potrebbe dire che è solo una scusa delegare la “colpa” al carattere non buono, anche e soprattutto per le serie implicazioni che comporta rispetto al concreto vivere sociale di tutti.  Una domanda, a questo punto, sorge spontanea: come si fa a cambiare? Sembra banale, ma il primo limite a migliorarsi è proprio la paura del cambiamento ovvero il timore di mettersi in discussione e modificare le carte in tavola. Se per un attimo, invece, ci ponessimo in un atteggiamento favorevole al cambiamento ci accorgeremmo che vale la pena provare a sperimentare cose nuove. E tutto questo, partendo in verifica da un quesito apparentemente banale: perché ho un cattivo carattere? Il dato interessante è che questo atteggiamento non è di solito diretto verso una persona, una situazione o un evento, ma contro il mondo intero e la vita in generale. Il fatto è che queste persone sperimentano un senso di fastidio e noia permanente.

Sviluppano un atteggiamento intollerante e sono eccessivamente critiche verso gli altri, o ricorrono alla denigrazione. Naturalmente, il cattivo carattere ha anche profonde implicazioni per la salute in quanto può generare ipertensione, mal di testa o aggravare malattie già esistenti. In vari casi, chi sa di avere un pessimo carattere, trascende nei modi, ma vorrebbe non farlo e lo percepisce come un atteggiamento errato spesso inevitabile. Magari, alla fine si accorge, chiede anche scusa, ma ormai i danni sono già stati fatti. Il “trucco“ o, meglio, la base buona di partenza  sarebbe  l’essere critici con noi stessi, imparare a conoscerci e  capire in quale fase ci troviamo per prendere le opportune contromisure. Come detto all’inizio, esiste  però chi è orgoglioso del proprio carattere iroso pensando che sia sinonimo di intelligenza, di forza e di spirito decisionista.

E’ baldanzoso per il senso di superiorità che percepisce nell’offendere gli altri. Sente che il mondo è ai suoi piedi perché riesce ad ottenere sempre quello che vuole, arrabbiandosi, incutendo timore e remissività nelle persone che lo circondano. Il tema, quindi, è di particolare rilievo per la felicità dei singoli e della collettività, a tutti i livelli: come formarsi ognuno un “bel carattere”, vincendo tendenze innate o acquisite al “cattivo carattere” fautore di tante conseguenze negative? Si tratta, ancora una volta, di  scegliere: occorre decidere infatti se proseguire con l’esperienza continuamente negativa con il prossimo, o invece dare una svolta, cambiare traiettoria, volgere in una direzione profondamente diversa, altra e alta rispetto a quanto sperimentato e vissuto. Se la pienezza e la felicità di una persona non derivano dal potere sugli altri e dall’accumulo di beni materiali, ma dalla serenità interiore, dai valori di fondo e dalla qualità delle relazioni intessute, allora bisogna intraprendere senza incertezze e ritardi proprio la via del “bel carattere”, proprio di chi possiede una giusta considerazione di sé, sa essere critico con se stesso e indulgente verso i demeriti altrui, non vuole avere ragione a tutti i costi ma applica il criterio dell’intelligenza autentica e seria, quella che opta per la bontà.

Ripeto, una scelta di intelligenza, che rigetta la “facile” soluzione della prevalenza di sé e delle ragioni della forza, e che mette al primo posto la via faticosa, ma ineludibile, del dialogo, della condivisione, della pazienza, della concordia  e della fraternità. Allora, scopriremo tutti e ciascuno la grandezza e la bellezza di avere un “bel carattere”.     

(Foto: archivio Qdpnews.it).
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