C’è chi ricorda nitidamente, con commozione, di essere stata issata bambina sulle spalle del papà per poter vedere meglio di tutti il passaggio lento e mesto di quel treno, con il suo carico di addio e di dolore, diretto a Roma dal Trentino. E ancor oggi, ad ogni ricorrenza della data del 19 agosto, la stessa persona compie un gesto profondo e sincero di omaggio alla memoria di un grande statista italiano, e di quell’evento mai dimenticato.
Sì, perché proprio oggi, nel giorno esatto del settantesimo anniversario della morte di Alcide De Gasperi, avvenuta nella sua casa in Selva di Valsugana il 19 agosto 1954, non poteva passare sotto traccia questo momento storico, e non si potevano assolutamente far passare sotto silenzio la figura e l’opera di un esemplare servitore delle istituzioni del nostro Paese. Ma torniamo a quel treno, a quel tempo d’estate in cui l’Italia fu scossa dalla notizia dell’improvvisa scomparsa dell’insigne uomo politico trentino.
Come ci ricorda un breve filmato storico dell’Istituto Luce, non poteva che essere Roma il luogo prescelto per i solenni funerali di De Gasperi, di fronte alle massime autorità della Repubblica Italiana. E fu il treno il mezzo di trasporto utilizzato per il trasferimento del feretro dell’ex presidente del Consiglio nella capitale. Ciò che avvenne nel tempo del triste viaggio per la vicenda dell’addio all’illustre statista può essere paragonato a quanto era accaduto oltre mezzo secolo prima per il Milite Ignoto.
Infatti, alle 8 del mattino del 29 ottobre 1921 partì dalla stazione ferroviaria di Aquileia un treno che entrò nella storia d’Italia. Si trattava del convoglio che, in cinque giorni, portò la salma del Milite Ignoto a Roma per essere tumulata all’interno del Vittoriano il 4 novembre. Un viaggio commovente attraverso cinque regioni e centoventi stazioni dove centinaia di migliaia di persone lungo i binari resero omaggio a questo corpo senza nome, simbolo del sacrificio per amore della Patria.
Fu un viaggio accolto con profonda commozione e intensa partecipazione. Ecco, le immagini dei cine documentari d’epoca tramandano l’impressione che le migliaia di persone assiepate nelle stazioni di passaggio del treno funebre di De Gasperi abbiano espresso sentimenti analoghi di un bene identitario collettivo, rafforzati da un senso di stima, ammirazione e gratitudine per la persona e l’opera di questo grande italiano.
E non si può non sottolineare come l’omaggio muto e commosso dell’agosto 1954 fosse stato genuinamente popolare, diretto, sincero, fatto da cittadini di ogni età e condizione sociale che sentivano il dovere di farsi vivi e solidali per questo grave lutto di tutti e di ciascuno. Un convenire spontaneo lungo il percorso, favorito solo dai mezzi poveri dell’informazione di allora, divenuto un fiume autentico e travolgente di volti e di storie personali accomunate dalla volontà di dire “grazie” all’illustre leader ricostruttore dell’Italia uscita distrutta dalle tragiche vicende della seconda guerra mondiale. E se per loro non si poteva realizzare la fisicità dell’incontro con quella bara, gli occhi fissi di ognuno – in ogni stazione ferroviaria nella quale il convoglio rallentava in segno di incontro e di rispetto per tutta la gente accorsa – potevano almeno fermarsi ad accarezzare il senso di quella vita interamente donata al popolo amato.
Travolgente, di fatto, quella dimostrazione di affetto, lungo i binari di un treno pellegrino attraverso decine e decine di stazioni di cinque regioni, entrato anch’esso nella storia del nostro Paese, proprio come quello del Milite Ignoto. Travolgente come la stessa folla che alla solenne cerimonia delle esequie di De Gasperi a Roma, definite “mesta apoteosi” dai cinegiornali dell’epoca, non riuscì a trattenersi oltre le barriere di sicurezza che delimitavano l’area, invase la piazza e volle avvicinarsi e stringersi al corteo funebre in uno straordinario abbraccio di riconoscenza e di ammirazione per Alcide De Gasperi. Un ringraziamento tradivo, potrebbe eccepire qualcuno, giunto solo “post mortem” di colui che resse le sorti dell’Italia con eccezionale visione e competenza in una stagione drammatica della sua storia, donando una prospettiva concreta di crescita e di sviluppo all’intero Paese? Niente di tutto questo.
Anzi, si trattò di un sentimento autentico, genuino e collettivo, proprio di chi riconosce e chiama per nome il bene ricevuto in merito alla cosa pubblica, comprende la verità e l’efficacia di una politica fatta nell’esclusivo interesse dei cittadini, non teme di onorare le gesta buone di veri “leader” capaci di guidare i processi anche in solitudine, nella libertà interiore, e non intende invece inseguire le demagogie di precari “follower”, aspiranti comandanti a ruoli e decisioni di bene comune poco adatti alla loro cultura e preparazione e al loro improbabile spirito di servizio. Come si legge nella presentazione del nuovo libro di Antonio Polito “Il costruttore. Le cinque lezioni di De Gasperi ai politici di oggi”, “i politici dei nostri giorni amano distruggere, annunciano di voler abbattere l’edificio del passato, anche se di solito finiscono per abbattersi da soli.
Ci fu invece un uomo, quando l’Italia era ancora un regno ma stava per diventare una repubblica, che si propose come «costruttore»: Alcide De Gasperi. Intorno a lui, le macerie della guerra provocate da un grande «distruttore». Eppure, De Gasperi riuscì a ricostruire l’Italia. In otto anni da presidente del Consiglio mandò via il re, difese l’integrità territoriale di un Paese sconfitto, ottenne i finanziamenti del Piano Marshall, portò Roma nel Patto atlantico e costruì l’embrione dell’Europa unita con Francia e Germania, creò la Cassa del Mezzogiorno e l’Eni di Mattei, promosse le grandi riforme sociali e avviò il miracolo economico. Invece di una rivoluzione, fece una democrazia. Quella in cui oggi viviamo. Un uomo nato povero e rimasto umile, sobrio e devoto … L’Italia lo capì e lo ammirò …”. Rivedere e ritrovare quel treno dell’agosto 1954, oggi, dice molto alla nostra coscienza e alla nostra scala di valori, aiuta, incoraggia e dona speranza, per poter generare insieme un nuovo umanesimo intessuto dalla memoria feconda e ricca di futuro di vite esemplari e preziose come quella di Alcide De Gasperi.
(Autore: Redazione Qdpnews.it)
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