L’affermazione ha colpito tutti, nella sua sintesi efficace e nella sua disarmante verità. Nell’ultimo fine settimana, in un assolato pomeriggio di ottobre, mentre si susseguivano gli interventi commemorativi in occasione dell’intitolazione di un parco pubblico in Alta Marca, uno dei relatori ha esordito chiedendosi: “Perché sempre dopo?”. E’ proprio un dato di fatto reale, sul quale forse non si riflette abbastanza.
Quando si parla di bene compiuto, e di persone che impegnano parte importante della propria esistenza nell’essere utili agli altri, siamo presi da un senso quasi invincibile di ritrosia e di modestia, di riservatezza e di umiltà. Quasi a dire che il bene, tanto, che pur esiste, se raccontato, se messo in qualche modo in evidenza, se magari riconosciuto degno di un premio, rischia di tradire se stesso, di sminuire la portata di quello che significa e spiega, di essere annoverato tra le tante cose che alla fine non resistono ai riflettori della pubblicità e della fama.
Soprattutto, in riferimento alle persone che lo mettono in pratica, deve essere narrato e conosciuto dai più in fasi successive, troppo spesso dopo il congedo terreno del benefattore.
In pratica, “dopo”, non “prima”, per evitare rischi, per dribblare possibili critiche, per impedire che si celebrino fatti, soggetti e situazioni da confinare in un ambito ben preciso, discreto e riservato rispetto allo sguardo pubblico e al profilo della notorietà, anche se nata da ragioni del tutto sane e condivisibili. Tutto comprensibile: fanno parte della vicenda umana la moderazione e la cautela, atteggiamenti e stili sicuramente da non biasimare in un’epoca in cui tutto sembra vivere invece al ritmo dei social, dell’esibizione, dell’immagine e della propaganda, a tutti i costi.
Eppure incombe un grave rischio: il deciso e definitivo ingresso nella mentalità corrente che il bene realizzato, lo spendersi per il prossimo, l’impegnarsi per una società migliore, abbiano solo una valenza soggettiva, individuale e privata, e debbano essere confinati esclusivamente in quella dimensione, pena la loro diminuzione e il loro snaturamento. Posizione rispettabile, ma sicuramente non condivisibile.
Perché oggi la situazione della nostra società impone un significativo cambio di passo, una ripresa di valori e di iniziative, un’operazione complessiva, a tutti i livelli, che metta il tema della “memoria grata per il bene” come una delle componenti essenziali del cambiamento che tutti auspichiamo.
E quando si parla di memoria, non dobbiamo pensare a un qualcosa che deve essere compiuto a tutti i costi solo “dopo”, appunto, ma anche e soprattutto in costanza di azione, nell’immediato, in un tempo ragionevolmente presente, in un momento attuale in cui serva davvero, sia utile a tutti, conoscere la quantità e la qualità delle cose buone e belle che avvengono nel contesto sociale, motore reale delle nostre vite. Ogni giorno. Ci sono due motivi fondamentali a sostegno di questa considerazione.
In generale, tardare a mettere in moto questa operazione incentrata sul bene realizzato nella società di oggi rischia di creare una mentalità per cui credere nella fraternità e agire di conseguenza è ormai un residuo del passato, non è moderno, non serve alla causa della nostra epoca. Nell’immaginario collettivo, visto che se ne parla sempre meno, significa che il bene sta uscendo di scena, non occupa più un ruolo guida e non rappresenta più uno dei tasselli fondamentali del vivere insieme nel nostro tempo. E’ una tentazione ricorrente, un rischio molto grave, per cui di conseguenza si crea un’opinione sicuramente sfavorevole alle ragioni dell’etica personale rivolta all’incontro positivo con chi ci sta accanto e all’aiuto del prossimo.
Il bene non più di moda, dunque, in una società che sembra aver smarrito le linee fondanti sulle quali costruire il senso e la bellezza di un destino comune. Ecco perché non dobbiamo più tardare a mettere in campo una strategia di presenze e di alleanze che non accetti la deriva di queste logiche nichilistiche e pessimistiche, ormai quasi arrese alla prevalenza delle “cattive notizie” che sembrano segnare in maniera inarrestabile e oppressiva le nostre giornate quotidiane.
La comunicazione dell’infinito bene esistente oggi al mondo serve, eccome, perché sono sempre le logiche prevalenti dell’attenzione reciproca, della generosità, della gratuità, della cura e della dedizione a essere le vere artefici dell’edificazione della comunità umana. Anche in questa nostra epoca, che sembra attraversata da pensieri e da spinte concrete che vanno in tutt’altre direzioni. E’ un dovere e una necessità, al tempo stesso, dunque, “dire il bene” che esiste in tante forme. Valorizzarlo, promuoverlo, raccontarlo, perché è ancora e sempre questo il fuoco vero che scalda il cuore delle donne e degli uomini contemporanei, aiutando a vincere i pessimismi, le difficoltà, le incertezze e le diffuse negatività nei comportamenti.
Non bisogna aspettare sempre, in una sorta di fatalismo rassegnato che non ritiene mai urgente riconoscere e chiamare per nome quanto avviene nel segno della benevolenza tra le persone. E siamo giunti alla seconda considerazione: dobbiamo avere coraggio e assumere l’iniziativa di premiare, di omaggiare, di dare il giusto riconoscimento a quanti operano con esclusive finalità benefiche nella società odierna, a ogni livello di responsabilità, in tutti i gangli vitali, nelle situazioni che hanno più bisogno di un sguardo sorridente e altruista di umanità.
Non dobbiamo attendere sempre il “dopo”: serve adesso, perché poi sarà troppo tardi, e ci resterà il rammarico di non aver fatto abbastanza, di non aver ricordato a sufficienza, di non aver posto a giusto esempio della comunità coloro che avevano compiuto azioni meritevoli di stima, affetto e gratitudine, mentre erano in vita. Sono occasioni preziose, che diventano di stimolo, di esempio e di incoraggiamento a fare ugualmente, a uscire da se stessi, a”lasciarsi disturbare dal prossimo” come garanzia di pienezza e di gioia condivisa. E’ oggi il tempo della “memoria grata per il bene”, nel segno del nuovo umanesimo.
(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
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