Per contrastare il fenomeno delle “grandi dimissioni”, e conseguentemente ridurre il turn-over aziendale, la fidelizzazione dei propri collaboratori e la loro partecipazione ai risultati aziendali sono la strada maestra.
Nell’era post-pandemica abbiamo assistito e assistiamo tuttora, a livello globale, al fenomeno della “great resignation”, o grandi dimissioni. I motivi alla base di questa drastica decisioni sono, nello specifico: burn-out (il lavoratore non riesce più ad affrontare in maniera costruttiva le difficoltà che quotidianamente si presentano a livello lavorativo), la necessità di avere un miglior equilibrio vita-lavoro (il c.d. “work-life balance”) e un maggior benessere sul luogo di lavoro.
La pandemia è stata la miccia di questo fenomeno che ha portato le persone a rivedere le proprie priorità ricercando situazioni lavorative che offrano condizioni di lavoro più consone alle nuove esigenze.
Un’indagine realizzata nei primi sei mesi del 2023 da PwC Hopes and Fears Global Workforce Survey ha analizzato comportamenti e atteggiamenti di circa 54.000 individui in 46 Paesi, restituendoci un dato eloquente: nei prossimi 12 mesi il 26% degli intervistati è intenzionato a cambiare lavoro. Analizzando la situazione del nostro Paese i dati dicono che 1 lavoratore su 4 ha intenzione di cambiare lavoro nel giro di un anno; percentuale che aumenta se consideriamo le nuove generazioni con il 37% della Gen Z (nati tra il 1997 e il 2012) e il 32% dei millennials (nati tra l’inizio degli anni ’80 e la fine degli anni ’90).
Un sondaggio della Gallup (società di consulenza americana nota per i suoi sondaggi di opinione condotti in tutto il mondo) svolto nelle aziende dimostra che avere lavoratori felici, soddisfatti e coinvolti aumenta la produttività di questi del 17% con risvolti positivi sull’organizzazione aziendale, riduce l’assenteismo del 41%, il turn-over diminuisce del 59%, la soddisfazione dei clienti cresce del 10% e di conseguenza le vendite aumentano del 20%.
Lo scorso giugno la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, in collaborazione con l’Istituto Piepoli, in una sua ricerca ha evidenziato come, fra tutti i lavoratori interpellati, il 39% di chi ha cambiato o è in procinto di cambiare lavoro sia alla ricerca di uno stipendio più alto e la ricerca di un miglior equilibrio tra vita privata e lavoro si piazza al secondo posto tra gli indicatori. Seguono una maggior sicurezza della condizione occupazionale e la presenza di benefit e strumenti di welfare.
Uno strumento che può andare incontro alle nuove esigenze dei lavoratori e allo stesso tempo creare vantaggio per le aziende mettendo in pratica una politica di “employee engagement” è il “welfare premiale” che si presenta come una fonte alternativa di finanziamento del welfare, indirizzata a una o più categorie omogenee di lavoratori.
Questa forma di welfare prevede l ‘erogazione di servizi e benefit ai dipendenti in base al raggiungimento di determinati obiettivi aziendali futuri. È dunque un sistema che incoraggia e premia l’impegno dei collaboratori e di conseguenza migliora la loro motivazione e produttività . Contribuisce a creare un ambiente di lavoro positivo, conferisce all’impresa l’immagine di un luogo attraente per potenziali ingressi di nuovi talenti e allo stesso tempo consente anche di fidelizzare quelli già assunti ed evitare, come detto in precedenza, il fenomeno delle grandi dimissioni e il conseguente turn-over.
Il Welfare premiale deve essere erogato, come già accennato, in favore di tutti i lavoratori o a categorie omogenee di questi; non può quindi essere erogato ad personam, soluzione che tra l’altro aumenterebbe la competitività con un’accezione negativa poiché il singolo punterebbe esclusivamente a risultati e obiettivi personali, mettendo in secondo piano quelli aziendali.
Un piano di welfare premiale per essere funzionale deve prevedere una sequenza di fasi ben determinate che possiamo suddividere in: determinazione degli obiettivi aziendali; accurata analisi delle esigenze dei collaboratori , fondamentale per individuare i beni e i servizi idonei a soddisfare le esigenze dei collaboratori in modo che questi si servano effettivamente degli strumenti di welfare e che l’utilità percepita sia soddisfacente; campagne di informazione presso i collaboratori circa il paniere di beni e servizi di cui possono usufruire, le modalità di funzionamento nonché i vantaggi che possono derivare dall’adesione all’iniziativa; monitoraggio del piano di welfare applicato.
Foto: archivio Qdpnews.it
Autore: Gian Paolo Orfino – Sistema Ratio Centro Studi Castelli