Riflessione sul sistema finanziario economico moderno alla luce delle parole del filosofo economista Max Weber per recuperare un’etica della responsabilità.
Secondo Max Weber, quello che caratterizza la matrice di sviluppo occidentale nei confronti di ogni altro modello culturale è che il processo di razionalizzazione che usualmente sottende all’introduzione di un sistema economico e finanziario è progredito in esso fino a investire più o meno globalmente individuo, strutture familiari, ordinamenti giuridici, società, politica, religione, scienza, fino a contaminare perfino il mondo dell’arte.
Per tentare di comprendere in modo approfondito e puntuale questo “sviluppo singolare” il pensatore, “l’essere umano”, grazie a questo processo di razionalizzazione estrema di cui è attore, assume una posizione dominante nella determinazione dei principi di funzionamento del sistema economico-finanziario.
In questa dinamica anche l’intero ordine sociale, liberato da ogni forma di sacralità della tradizione, ha subito col tempo un radicale processo di trasformazione che, attraverso la scienza economica, ha portato alla concezione occidentale di “modernità” e, soprattutto, alla condivisione di principi che tendevano all’impenetrabilità nei confronti di etica e morale. Anche il capitalismo, inteso nel suo senso primordiale, ha subito di pari passo una sorta di trasformazione di carattere razionale.
Nella sua forma iniziale, infatti, esso rappresentava, nelle parole di Weber, il risultato della combinazione tra la tendenza alla realizzazione di un guadagno materiale individuale e un orientamento razionale nell’agire (“razionalità verso lo scopo”), frutto a sua volta della maturata consapevolezza da parte dell’individuo di natura, scienza, società e dei loro equilibri intrinseci, imprescindibili per qualsiasi modello di sviluppo (“razionalità rispetto al valore”).
La degenerazione del sistema, che ha spinto l’uomo alla perdita di libertà (valore fondamentale per ogni crescita) attraverso la progressiva perdita di senso dell’agire razionale collegato al lavoro e al profitto, coinciderebbe dunque con il brusco spostamento dalla fase di “razionalità verso il valore” a quella di “razionalità verso lo scopo” depauperata della necessaria presa di coscienza.
In altre parole, agli occhi del filosofo tedesco, la modernità occidentale viene a configurarsi come un processo che tutto razionalizza (sapere, politica, società) ma che poi, per ironia della sorte, tende a capovolgersi e a far risorgere gli “antichi dei della Grecia”: ciascuna delle realizzazioni della modernità, infatti, risponde solamente a sé, cosicché ciò che conserva certe caratteristiche potrebbe non essere vero. Si attua cioè un autentico frazionamento dei valori o, testualmente, un “politeismo dei valori” di fronte al quale l’individuo può sottomettersi a uno dei tanti dei, trascurando gli altri, ma compromettendo il necessario equilibrio.
Se Marx e Hegel proponevano una sorta di “superamento dialettico” di questa situazione degenerativa dei valori del capitalismo, la tesi di Weber sfocia in una specie di “individualismo” che trae origine dalla consapevole accettazione e comprensione di quel frazionamento dei valori generato dallo stesso modello socio-economico.
In questa struttura si fonda il superamento della criticità con l’instaurazione di un’etica della responsabilità, condizione individuale che si basa sulla distinzione filosofica tra “essere” (ciò che la natura dell’uomo impone a livello interiore) e “dover essere” (ciò che è sovrastruttura sociale indotta) e che, grazie alla capacità critica, muove l’individuo e la società attraverso il frazionamento di valori di cui si è detto, consentendo l’applicazione di modelli di sviluppo sostenibili.
In parole povere, di fronte a un mondo che di per sé manca di significato, spetta al genere umano il tentativo di attribuirne uno, ed è compito specifico di ognuno scegliere all’interno dei “valori” più utili ed efficaci per lo sviluppo.
In questo senso, il “politeismo dei valori” si declina a sua volta in “etica dei principi” (quelli, di carattere assoluto, che l’uomo assume indipendentemente dalle loro conseguenze esterne) ed “etica della responsabilità” (quella che si manifesta in tutti i casi in cui si soppesano i rapporti fine-mezzo e il loro impatto). Senza assumere principi assoluti, l’etica della responsabilità agisce tenendo sempre presenti le conseguenze del suo agire: è proprio guardando a tali conseguenze che essa si manifesta e porta a modelli di sviluppo realmente efficaci perché sostenibili rispetto all’equilibrio del sistema in cui si inseriscono. Equilibrio che deve essere preservato a livello di coscienza individuale, sul piano economico e sociale e, per primo, su scala politica, intendendo la stessa scienza come motore dell’economia e della società.
Secondo Weber, infatti, l’etica della responsabilità è indissolubilmente connessa alla politica e all’imprenditoria, proprio perché entrambe, nel loro significato storico e sociale, non perdono mai di vista (e anzi le assumono come guida) le conseguenze dell’agire, coordinando i valori esistenti nella società e proiettandoli verso una crescita stabile che abbia come fine ultimo, e al tempo stesso come motore, il benessere collettivo e la responsabilità del proprio ruolo.
Foto: archivio Qdpnews.it
Autore: Cristiano Corghi – Sistema Ratio Centro Studi Castelli