Ancora una pronuncia della Cassazione sul corretto utilizzo dei permessi per assistere un familiare disabile.
La L. 5.02.1992, n. 104 attribuisce ai lavoratori dipendenti che devono assistere dei familiari affetti da grave handicap, 3 giorni di permesso al mese da fruire per intero o frazionati in ore. La condizione fondamentale per il godimento di tale beneficio è che il disabile non sia ricoverato in una struttura specializzata e che l’assistenza sia sistematica e adeguata, non rilevando, in tal senso, il regime di convivenza per chi assiste (circ. Inps n. 90/2007). L’estrema genericità di queste condizioni, unita alle intrinseche modalità di utilizzo, ha fatto sì che nel tempo l’esercizio dei diritti legati alla L. 104/1992 abbia prestato il fianco a numerosi abusi, non essendo ben chiaro in cosa potesse consistere l’assistenza al congiunto disabile.
La giurisprudenza in materia ha tradizionalmente escluso quelle attività non strettamente legate alla cura della persona, come ad esempio il disbrigo di quelle faccende quotidiane (stirare, lavare, far la spesa) che potrebbero essere tranquillamente svolte al di fuori dell’orario di lavoro. Tuttavia, di recente si è assistito ad un cambio di orientamento (Cass. ord. 2.10.2018, n. 23891), nel senso che la Suprema Corte ha ritenuto illegittimo il licenziamento di un lavoratore che aveva utilizzato i permessi ex L. 104/1992 per effettuare commissioni nell’interesse del proprio congiunto disabile, dal momento che quest’ultimo non era in grado di compierle autonomamente. Il principio di fondo applicato è che l’assenza dal lavoro deve porsi in relazione diretta con l’assistenza al disabile e quest’ultima può essere prestata nelle forme più disparate, come per l’appunto lo svolgimento di incombenze amministrative, pratiche o di qualsiasi genere, purché nell’interesse del familiare assistito.
Alla copiosa casistica giurisprudenziale in materia si è aggiunto di recente un nuovo tassello, questa volta più restrittivo per i lavoratori ma tuttavia coerente con la pronuncia del 2018. Infatti, con l’ordinanza 26.10.2020, n. 23434, la Cassazione ha stabilito che usare i permessi di cui alla L. 104/1992 per fini diversi rispetto a quelli per cui sono stati riconosciuti, configurano abuso del diritto e violano i principi di correttezza e buona fede contrattuale, rendendo così legittimo il licenziamento per giusta causa.
Posto che tra le attività ritenute inammissibili è stata indicata la partecipazione a un incontro formativo sulla disabilità neurologica da cui era affetto il parente assistito, i giudici hanno evidenziato come l’utilizzo non conforme del beneficio in questione privi il datore di lavoro della prestazione lavorativa in violazione dell’affidamento riposto nel dipendente, e integri nei confronti dell’Inps un’indebita percezione dell’indennità e uno sviamento dell’intervento assistenziale.
Autore: Giovanni Pugliese – Sistema Ratio Centro Studi Castelli Srl