L’Agenzia delle Entrate fornisce alcune precisazioni sui fringe benefit 2024 a favore dei dipendenti, sulla tassazione dei prestiti erogati dai datori di lavoro e sulla minore tassazione dei premi di risultato.
Come noto, l’art. 1, cc. 16 e 17 L. 213/2023 ha elevato la soglia dei beni ceduti e dei servizi prestati dal datore di lavoro il cui valore non costituisce reddito per il dipendente. Il nuovo limite esentasse, solo per il 2024, è di 2.000 euro per i lavoratori con figli a carico e di 1.000 euro per tutti gli altri.
L’Agenzia Entrate è intervenuta con la circolare 7.03.2024, n. 5 per fornire i chiarimenti su queste agevolazioni, fermo restando l’improprio (ma diffuso) rimando al “welfare aziendale” (che ha una finalità ben più ampia) quando in realtà si parla solo dei fringe benefit economici di cui all’art. 51, c. 3 del Tuir.
Oltre al rimborso delle utenze elettriche, gas e acqua già sperimentate negli ultimi due anni, tra le novità introdotte c’è la possibilità che il datore di lavoro si accolli le spese per l’affitto oppure per gli interessi sul mutuo, relativi alla prima casa. Ma cosa si intende per prima casa?
Finalmente viene chiarito che rileva la nozione di abitazione principale già prevista per l’applicazione delle detrazioni fiscali di interessi passivi e dei canoni di locazione, ai sensi degli artt. 15, c. 1, lett. b) o 16, c. 1-quinquies del Tuir.
Quindi si parla unicamente degli immobili ad uso abitativo posseduti dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, nei quali i medesimi dimorino abitualmente e a condizione che ne sostengano le relative spese. Si precisa poi che la parte contrattuale del mutuo o dell’affitto possa anche non essere il lavoratore medesimo purché sia un soggetto a lui legato e rientrante tra quelli di cui all’art. 12 del Tuir. Va da sé che le somme rimborsate dal datore di lavoro non potranno beneficiare delle suddette detrazioni fiscali in quanto non rimaste a carico del contribuente.
Interessante anche la modifica della tassazione dei prestiti “interni” erogati ai dipendenti che costituiscono reddito per il 50% della differenza tra gli interessi calcolati con il tasso ufficiale di riferimento (TUR) e quelli calcolati al tasso effettivamente applicato sul prestito (concesso direttamente dal datore di lavoro o dai terzi con il quale egli abbia stipulato degli accordi). L’enorme oscillazione del TUR negli anni 2022 e 2023 ha reso penalizzante il calcolo del compenso in natura tassabile dato che l’art. 51, c. 4, lett. b) del Tuir imponeva, nella precedente formulazione, il calcolo con il TUR vigente al termine di ciascun anno “ignorando” le variazioni dei mesi precedenti.
La novità entrata in vigore il 17.12.2023 prevede di effettuare il calcolo con il TUR vigente alla data di scadenza di ciascuna rata nel caso di prestiti a tasso variabile e di quello vigente alla data di concessione del prestito nel caso di tasso fisso. Ai sensi dell’art. 3, c. 3-ter D.L. 145/2023 tali disposizioni si applicano con efficacia retroattiva a tutto il 2023.
Considerando che le ritenute alla fonte su tali compensi in natura vengono applicate al pagamento delle singole rate del prestito, il datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta doveva intervenire in fase di conguaglio annuale del reddito per applicare la nuova disciplina più favorevole al dipendente. Stessa cosa andava fatta per i lavoratori che avevano cessato il rapporto.
Foto: archivio Qdpnews.it
Autore: Roberta Jacobone – Sistema Ratio Centro Studi Castelli