Spesso tendiamo a identificarci con la professione, il che può avere effetti negativi sulla propria esistenza. Tuttavia, per chi affronta il lavoro senza entusiasmo, esistono rimedi per mantenere la serenità.
Iniziamo con una domanda: qual è la tua professione? Probabilmente risponderai: “Sono un avvocato”, “Sono un commercialista” o “Sono un consulente del lavoro”. Giusto? Non preoccuparti, sei in buona compagnia.
Durante i miei seminari, alla medesima domanda, la risposta è quasi sempre la stessa. Ora, prova a tornare indietro nel tempo, a quando eri bambino/a. Se ti avessero chiesto: “Cosa vorresti fare da grande?”, avresti probabilmente risposto: il calciatore, l’astronauta, l’attore, il cantante, il medico o la maestra. Ammettiamolo, c’è un abisso tra i sogni d’infanzia e la realtà.
Riflettendo, molti di noi hanno dovuto accantonare i propri sogni, adattandosi ad un lavoro che assomiglia solo vagamente a ciò che desideravamo, o spesso a qualcosa di completamente diverso. In fondo, poter svolgere un lavoro che amiamo e che ci appassiona richiede molta fortuna, e temo che siano pochi quelli che godono di questo privilegio.
Ma fermiamoci un attimo, ne parleremo più avanti.
Un altro tema che emerge spesso è la frustrazione legata al lavoro. Ogni giorno ci sentiamo oppressi dalla burocrazia e confusi da testi legislativi ambigui e imprecisi. Riuscire ad incassare le parcelle è una battaglia, e il tempo libero sembra un’utopia.
A fine giornata, ci ritroviamo sommersi dai pensieri, stanchi, e con un dialogo interiore spesso sconfortante.
Il problema è che identificarsi completamente con la propria professione essere un avvocato, un commercialista o un consulente, può nascondere insidie. Le parole influenzano profondamente il nostro cervello e le reazioni biochimiche del corpo. Ricordiamoci che la comunicazione più importante non è quella con gli altri, ma quella che intratteniamo con noi stessi.
Se l’inconscio interiorizza l’idea di “essere” anziché di “fare”, ciò influenzerà il nostro agire e la vita stessa. Questo significa che la propria esistenza sarà governata da ciò che accade in ufficio. La linea di demarcazione tra vita privata e lavoro verrà cancellata, come se fosse disegnata sulla sabbia. Finiremo per vivere le frustrazioni di una professione che plasma l’esistenza stessa. Perché? La vita e il nostro equilibrio mentale sono spesso alterati da uno squilibrio fondamentale: le emozioni negative tendono a prevalere su quelle positive.
Pensaci: se durante la giornata tre clienti si sono complimentati per il tuo operare, e uno ti ha criticato severamente, a chi darai più peso? Purtroppo, anche un solo giudizio negativo può turbarci profondamente e questo dolore ha un impatto maggiore rispetto al piacere di un elogio.
Riepilogando, gli eventi dolorosi lasciano un’impronta profonda nell’inconscio, generando sentimenti che persistono nel tempo. In questo contesto professionale, è possibile evitare le insidie che minano la nostra serenità lavorativa?
Se fate parte di coloro che vanno al lavoro con poca voglia, potremmo provare alcuni rimedi utili a farci ritrovare l’entusiasmo. Ad esempio: ogni giorno, trovate un aspetto positivo nel vostro lavoro e metteteci passione, anche se non è quello che sognavate; svolgete al meglio ciò che fate, perché trascorrete gran parte del tempo in ufficio e non potete permettervi di sprecarlo desiderando solo che finisca.
Cercate sempre di essere autentici e di infondere creatività in ciò che fate, liberando il vostro talento in ogni azione. Impegnarsi davvero riduce la fatica e ci fa sentire meglio, valorizzando le nostre capacità. Inoltre, fare bene il proprio lavoro favorisce buone relazioni professionali e rafforza l’autostima. Diventiamo pure i migliori alleati dei nostri clienti, ma prima di tutto, diventiamo i migliori alleati di noi stessi. La domanda più importante da porsi riguardo al lavoro non è “Cosa posso ottenere da questo?”, ma “Chi posso diventare grazie a questo lavoro?”. Non sono i risultati a definire il nostro valore, ma la persona che diventiamo nel processo per raggiungerli.
(Autore: Sistema Ratio – Antonio Di Giura)
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