Dianese racconta la parabola di Felice Maniero: “Un pensionato del crimine che per qualcuno è ancora un mito”

Da sinistra Sergio Zanellato, la vicesindaca con delega alla cultura Maria Giovanna Favero e Maurizio Dianese

Del bandito Felice Maniero resta, ahinoi, l’aura, il “mito” negativo che persiste nella percezione comune di molti. E, nel caso del protagonista della più importante parabola criminale che il Nordest abbia mai avuto, rimane anche la memoria prodigiosa sui fatti sanguinari di quegli anni.

Ma, tolto questo, oggi l’ex boss della Mala del Brenta, “pentito” dal 1995, è un 70enne che, come spiegato dal giornalista e scrittore Maurizio Dianese, autore del libro “Doppio gioco criminale – La vera storia del bandito Felice Maniero”, presentato a Trevignano nell’ambito della rassegna “Martedì in Villa“, “se la passa veramente male”.

Depressione acuta, tra le altre cose, per la “nuova” vita da collaboratore di giustizia e per il fatto di non poter più fare ciò che gli riusciva meglio: il bandito. “Un vero genio del crimine, capace di mettere in piedi e comandare la più numerosa, ricca e spietata banda criminale del Nord Italia – ha spiegato ai presenti Dianese, che ha in preparazione un altro volume sull’ex boss -. Io iniziai a seguirne le vicende nel 1986, quando ero un giovane cronista e il gruppo di Maniero era considerato da tutti poco più di una banda di ‘ladri di polli’. Ricordo quando andai per la prima volta a Campolongo e chiesi in un bar dove fosse la casa di Maniero (che in realtà stava a pochi metri da lì). ‘Maniero chi?’, fu la risposta. C’era già la tipica omertà mafiosa e chi parlava lo faceva per dirti che ‘si stava da Dio con lui…’. Questo era, e in parte è ancora, il contesto”.

Da lì inizia un’inarrestabile parabola criminale, che ha lasciato dietro di sé una scia di furti, rapine, sequestri… e morti. Con “fiumi” di droga che in quegli anni, proprio per effetto degli accordi diretti stretti da “Faccia d’Angelo” con le mafie tradizionali, inondarono il Nordest. “Ma se non lo avessi fatto io, l’avrebbe fatto qualcun altro” risponde ora lui candidamente se glielo si fa presente.

Tra i furti, in particolare, nel corso dell’incontro a Villa Onigo, Dianese ha ricordato la modalità perfezionata dall’ex boss di quello “con riscatto” (o ricatto) ai danni dello Stato, foriero di successive trattative per la restituzione del bene rubato (famoso il caso del mento di Sant’Antonio sottratto a Padova per ottenere, come poi avvenuto, la liberazione del cugino). Anni prima che si iniziasse a parlare della più recente trattativa Stato-Mafia: anche qui, un Maniero precursore. Per non parlare poi delle rocambolesche fughe da carceri di massima sicurezza, senza colpo ferire (o quasi).

“Poi, dopo l’ultimo arresto, nel ’95, arriva la decisione istantanea di diventare collaboratore di giustizia e il conseguente arresto, grazie alle sue rivelazioni, di 450 persone, il suo ‘esercito’ – ha evidenziato l’autore del libro -. Ma qui, per un periodo, inizia il ‘doppio gioco’ di Maniero, che da un lato fa smantellare la banda ricostruendo in maniera minuziosa gran parte degli episodi di cui era stata protagonista, ma dall’altro invia ancora messaggi ai suoi inconsapevoli sodali per mettere al sicuro soldi e averi”. Un patrimonio, nel 1995, stimato in circa 30 miliardi delle vecchie lire.

Dopo la fine della Mala del Brenta, il vuoto in Veneto è stato riempito dalle altre mafie tradizionali, che si sono spartite il territorio. Ma anche da organizzazioni criminali straniere, come i nigeriani, che attualmente detengono il monopolio dell’eroina nelle tre piazze principali: Mestre, Padova e Verona.

E Maniero? “Oggi è un ‘pensionato’ del crimine che vive nella sua leggenda, nella ‘bolla’ del personaggio costruito negli anni – ha concluso Dianese -. Una leggenda che però, anche alla luce di alcuni episodi di cui sono stato testimone diretto nel suo territorio, appare ancora in qualche modo ‘giustificata’. Lì l’ex boss viene trattato ancora come una persona integerrima e come un mito positivo”.

(Autore: Alessandro Lanza)
(Foto e video: Alessandro Lanza)
(Articolo e video di proprietà di Dplay Srl)
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