L’arte mutevole di Maurizio Armellin: una perenne evoluzione creativa dove le tecniche sono nuove frontiere da esplorare

Come aveva già suggerito lo spazio personale di Masa (vedi articolo), anche il più anonimo dei capannoni delle nostre aree industriali può nascondere al suo interno universi creativi inattesi e spettacolari, sconosciuti ai più ma ben noti a chi, come la professoressa Lorena Gava, vive a stretto contatto con l’ambiente artistico locale e ne traccia i percorsi.

Le porte dell’atelier di Maurizio Armellin conducono il visitatore in una dimensione in cui la creatività è capace di plasmare un non-luogo in uno spazio dove tutto è in perenne evoluzione, dal procedimento tecnico alla materia stessa dell’arte, a parte una fondamentale eccezione: il segno, talmente radicato nell’artista da essere una costante totalizzante.

Del resto, per districarsi nella giungla di figure grottesche e minimalismi dai colori squillanti a cui l’artista vittoriese ha dato vita nel corso di una carriera ormai quarantennale, sempre condotta sul filo della sperimentazione, un elemento immediatamente riconoscibile come quello del segno rappresenta un’utile necessità.

La carriera di Armellin può essere vista come una vera e propria celebrazione delle infinite possibilità di una creatività tanto libera quanto metodica: dalle esperienze giovanili negli ambienti d’avanguardia della Bevilacqua La Masa alle collaborazioni con numerose realtà imprenditoriali per cui continua a realizzare concept grafici innovativi, l’artista sembra volersi continuamente spingere oltre un limite appena raggiunto per scoprire cosa si nasconde al di là di esso.

“Quello di Armellin è un universo ricco e straordinario in cui si riconosce un segno che nel suo rigore è quasi fiammingo”, spiega la professoressa Gava, ponendo l’attenzione sulla linea utilizzata dall’artista, talmente personale e caratterizzante da essere portatrice di una propria etica.

L’arte di Armellin è infatti capace di divorare tanto suggestioni colte quanto ispirazioni quotidiane e di restituirle in una forma nuova ma allo stesso tempo familiare, sempre riconducibile ad una medesima matrice.

“Dalla pop-art all’optical art, passando per il graffittismo – continua la storica dell’arte – si riconoscono nelle sue opere influenze che vengono raccolte da questa linea fondante e virtuosa che rivela una gioa di vivere unica e singolare”.

Pittura, scultura, grafica, design pubblicitario, installazioni al neon, collage sperimentali e persino opere di land art tracciate sul bagnasciuga come fossero bozzetti: quella che compone il catalogo di Armellin è una varietà quasi enciclopedica di esperienze, ognuna capace di reclamare una propria dimensione espressiva e una storia meritevole di essere raccontata.

“Tutto il mio lavoro è una continua ricerca in evoluzione – racconta l’artista – fin da giovane sono sempre stato attratto dalla sperimentazione e dalle nuove tecnologie La mia ricerca è trasversale e non specifica, esce dagli schemi”.

Ma come il colore ha bisogno della linea per diventare forma coerente, anche l’ispirazione più libera ha bisogno di autodisciplina per non perdersi nelle contraddizioni del caos: una preziosa lezione sulla necessità di metodo, studio, ricerca e curiosità da parte di chi vuole fare arte che Armellin applica a ogni sua nuova intuizione e di cui si fa quotidianamente portatore alle nuove generazioni, come insegnante di progettazione grafica al liceo Munari di Vittorio Veneto.

(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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