Un nuovo atelier apre le porte alla professoressa Lorena Gava: è quello di Arcangelo Pessot, artista vittoriese dalle due vite che nella rinnovata carriera di pittore ha fatto propria l’eredità di Emilio Vedova, maestro dell’arte informale.
Tra i caratteristici portici di Serravalle Arcangelo Pessot ha recentemente aperto uno spazio personale, a metà strada tra la galleria e lo studio d’artista.
Un luogo che custodisce molte preziose memorie per il pittore, dai primi quadri figurativi realizzati giovanissimo a un archivio fotografico con testimoniante della sua militanza tra gli ambienti artistici veneziani degli anni Settanta, ma ancora di più uno spazio pensato per accogliere una produzione recente che colpisce per urgenza espressiva e quantità.
“Il rapporto di Arcangelo con la pittura mi ricorda molto l’andamento di un fiume carsico che dopo un lungo e accidentato percorso sotterraneo torna in superficie per manifestare tutta la sua intensità”, spiega la professoressa Gava, alludendo alla peculiare carriera di Pessot, spezzata letteralmente in due periodi ben distinti.
Come artista Arcangelo Pessot è nato infatti la prima volta agli inizi degli anni Settanta, periodo in cui era studente dell’Istituto d’arte di Venezia e giovane sperimentatore ammaliato dall’astrattismo geometrico di Kandinsky e dei Costruttivisti russi.
Un’attrazione, quella per l’arte non figurativa, che lo portò presto a immergersi in un astrattismo ben più viscerale e libero, quello dell’arte informale che proprio negli stessi anni aveva trovato nel veneziano Emilio Vedova una figura carismatica, oltre che un maestro.
L’incontro di Pessot con Vedova, all’Accademia di Belle Arti di Venezia dove il maestro teneva delle lezioni, risultò folgorante, non solo per gli esiti espressivi dell’arte informale ma anche per quell’idea liberatoria di gestualità che la corrente proponeva e che non poteva non attrarre un giovane dal carattere ribelle e combattivo.
Anni di sperimentazioni ma anche di contestazioni, di fermenti intellettuali e di tensioni sociali a cui Pessot non si sottrasse, e di cui oggi ricorda soprattutto un prezioso, quanto complicato in termini di coerenza, insegnamento: affrancarsi dal mercato e dipingere esclusivamente per se stessi.
Ad un certo punto però la vocazione artistica, per quando radicata e forte, cedette il passo ad una scelta di vita differente, quella imprenditoriale che lo ha reclamato per i quarant’anni successivi, spesi quasi totalmente lontano da pennelli e tavolozza.
Poi nel 2019, dopo la pensione, la rinascita del Pessot artista, e la vocazione di un tempo che ritorna come un fiume in piena per riempire gli spazi lasciati vuoti e riallacciare il presente con un discorso iniziato quasi mezzo secolo fa ma ancora attuale proprio perché nato da una necessità ancora viva.
“Un presente che mantiene la medesima urgenza creativa – spiega la professoressa Gava – con un linguaggio espressivo ancora una volta scevro di riferimenti naturalistici e dotato di una vitalità sorprendente”.
“Quella di Pessot – prosegue la storica dell’arte – è una pittura che nelle sfaccettature dell’informale ci pare voglia tracciare, come un sismografo, le infinite declinazioni emotive e tutti gli stati d’animo non solo dell’artista ma di ogni spettatore attento o distratto perché, dopotutto, ogni tela racchiude sempre un frammento di vita e di respiro autentici”.
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