Ha un nome degno di essere pronunciato al banco di uno storico pub inglese, di un saloon americano o di un elegante cocktail bar europeo: eppure, la parola Denever non ha niente a che fare con l’estero. Anzi, è il termine dialettale per indicare il ginepro, una bacca che ben descrive l’unicità di questa piccola distilleria, nascosta a Vittorio Veneto, nelle vicinanze dell’area Galvani.
La storia della Denever è inevitabilmente legata a quella del mastro distillatore e amministratore che la porta avanti assieme ai suoi soci, Vincenzo Agostini, ma guardando al futuro anche a quella di Giacomo Gava, che è figlio dell’altro socio, Claudio.
Per seguire il richiamo di un’antica vocazione, Agostini si è buttato nel mondo della mixologia o – come dice lui – delle misture una decina di anni fa, diventando in breve un esperto in materia e trovando a Quero, un luogo dove esercitare le sue conoscenze: “Mio nonno, che abitava a Colle Santa Lucia, era un erborista e curava persone e animali con le erbe officinali – ci racconta – Quando ero piccolo avevo questa passione e maneggiavo spesso boccette di vetro e alambicchi per imitarlo. Così una decina di anni fa ho iniziato a produrre grappa in una distilleria di Quero che si chiama Le Crode”.
Con questa nuova avventura, invece, Agostini e Gava hanno iniziato esattamente un anno fa: “A quel tempo avevo fatto degli sperimenti per ottenere gin e assenzio bianco. Così con alcuni amici ci siamo parlati e con grande fatica siamo riusciti a costituire questa società: volevamo un prodotto che non per forza appartenesse alla tradizione di questo territorio, ma che in un certo senso sfidasse (pur con rispetto) le materie prime, specie i vitigni di glera”.
Agostini ha scelto il ginepro come elemento più iconico da inserire nei suoi prodotti, che sono principalmente tre, ma non si è limitato a un ingrediente: il suo inventario comprende un bouquet di erbe officinali che comprende anche il cardamomo e due tipi di assenzio.
“Abbiamo cercato di reinterpretare questi prodotti alla luce della nostra esperienza – spiega Vincenzo – In particolare il vermouth che abbiamo cercato di costruire è la nostra unicità, che deve essere fortemente territoriale. Non vogliamo essere una distilleria che lavora in solitaria ma lavorare all’interno di filiere produttive”.
Il giovane Giacomo Gava, che ha studiato teatro e si sente dalla dizione, è il più adatto per portarci a scoprire il “Gulliver”, ovvero il distillatore principale, con una portata di 253 litri, all’interno del quale viene inserita una miscela idroalcolica. La miscela viene poi scaldata e segue il processo di distillazione London Dry, attraverso una serie di condotti che alternano freddo e caldo.
Il prodotto viene poi distribuito nel territorio attraverso una serie di aziende locali, specie nel vittoriese, oppure venduto in loco: ogni bottiglia di gin, vermouth e assenzio ha uno sfondo molto particolare, che ritrae un’illustrazione dei luoghi dove questa realtà è stata pensata, dal Bellunese a Vittorio Veneto.
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