La leggenda del pescatore

Storico collegamento fra San Marco e Riva degli Schiavoni, il veneziano Ponte della Paglia deve il proprio nome ai residui della trebbiatura utilizzati come lettiera per gli animali, per confezionare borse e cappelli, coprire le sedie e, un tempo, imbottire i materassi. Alcuni affermano che il ponte debba il proprio nome dallo strame accumulato ove stazionavano i cavalli dei patrizi riuniti a palazzo Ducale; altri propendono per l’antica consuetudine di ormeggiare in loco barconi carichi di covoni di paglia.

Ammantato da un’aura sinistra, qui si esponevano gli annegati in attesa del loro riconoscimento, il Ponte della Paglia fa da sfondo alla celebre leggenda del pescatore. Questa è la vicenda: la notte del 15 febbraio 1340 (o del ’41 – ’42) un povero vecchio pescatore si rifugiò sotto il Ponte della Paglia per sottrarsi alla tremenda bufera che imperversava nella laguna. Nel volgere di poco, due sconosciuti lo interpellarono per raggiungere l’uno l’isola di San Giorgio Maggiore e l’altro San Nicolò al Lido. Imbarcato un terzo misterioso passeggero, il pescatore terrorizzato guadagnò il mare aperto ove si imbatté in un “naviglio carico di spiriti infernali”.

Fu allora che i tre uomini svelarono la loro identità: erano San Giorgio, San Marco e San Nicolò. I demoni, il cui intento era sommergere Venezia, dapprima ignorarono l’intimazione di placare la tempesta, ma quando “vennero colpiti da un folgore” si dileguarono. Prima di lasciare l’imbarcazione, San Marco donò al pescatore incredulo un anello, col pegno di consegnarlo al Doge. Suscitò “universale stupore”, e qui si conclude la leggenda, constatare come il prezioso monile fosse il medesimo del Tesoro di San Marco, dal quale “una mano invisibile” lo aveva prelevato.

Il miracoloso salvataggio del capoluogo lagunare è il tema di due dipinti conservati nelle Gallerie dell’Accademia a Venezia: “Burrasca in mare” di Jacopo Negretti detto Palma i Vecchio (1480 – 1528) e Paris Bordon (1500 – 1571), “Consegna dell’anello al Doge” di Bordon.

Commissionate dalla Scuola Grande di San Marco e destinate ad abbellire la sala dell’Albergo, entrambe le tele furono spostate a Parigi nel 1797 durante la dominazione francese e fecero ritorno a Venezia soltanto diciotto anni dopo, nel 1815. Nella “Consegna dell’anello” il doge che riceve il gioiello dalle mani dell’umile barcaiolo non è colui che governava Venezia all’epoca del miracolo, Bartolomeo Gradenigo, bensì Andrea Gritti, contemporaneo di Bordon: un tributo del pittore ai successi militari e all’impegno profuso dal Gritti per il rinnovamento architettonico di Venezia.

Una curiosità. Fra i Guardiani della Scuola di San Marco figura tale Goffredo da Brazzo, appartenente a una famiglia di facoltosi mercanti di origine toscana. Un suo discendente, Alessandro, nel Seicento si rese protagonista di una storia truce. Dopo aver ucciso con un colpo di archibugio al volto il cognato Giulio Maffetti, fu bandito dalla città assieme alla sorella Maria. La loro madre fece di tutto per farli rientrare a Venezia giungendo addirittura a ricomprare i loro beni confiscati dall’erario. Quando tutto pareva risolto, la vicenda ebbe una svolta inattesa e un epilogo “infelicissimo”. Alessandro fu rinvenuto cadavere “in una stalla d’animali” con il volto affondato nella mangiatoia. In quella stessa paglia dalla quale è iniziato il nostro racconto.

(Autore: Marcello Marzani)
(Foto: archivio Qdpnews.it)
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