Valdobbiadene, don Francesco ai suoi parrocchiani: “Vivete in un angolo di paradiso terrestre, non trascurate la fede”

Vivete in un angolo di paradiso terrestre ma non trascurate la fede!“: queste le parole scelte dal parroco di Valdobbiadene, don Francesco Santinon (nella foto), in una delle poche interviste rilasciate dopo il suo insediamento nella parrocchia di Santa Maria Assunta a Valdobbiadene, per suggerire ai valdobbiadenesi, definiti instancabili lavoratori, di coltivare, oltre alla vite, anche la loro spiritualità.

Don Francesco, sacerdote veneziano originario di Pianiga, ha iniziato la sua esperienza come parroco di Valdobbiadene il 18 settembre 2016, sostituendo don Paolo Rizzato, che attualmente è parroco nella parrocchia di S. Paolo a Padova, ricoprendo anche l’incarico di presidente dell’istituto diocesano per il sostentamento del clero.

Arrivato a Valdobbiadene, in una parrocchia molto lontana dal centro della diocesi padovana, don Francesco Santinon si è subito distinto per la sua volontà di incontrare la gente e di conoscere le famiglie. Fin dall’inizio, infatti, ha voluto girare per le case della sua parrocchia, arrivando ormai all’inizio del terzo giro delle varie famiglie, incontrando bambini, anziani e malati, ai quali ha portato il conforto dell’incontro con il Signore.

Non è difficile incontrarlo per le vie del paese, quando i numerosi adempimenti di parroco glielo consentono, in sella alla sua bicicletta e sempre con il sorriso stampato in volto.

“Valdobbiadene – racconta Don Francesco – è collocata in un territorio privilegiato. La gente vive bene e qui non si riscontrano particolari problemi di sicurezza o di criminalità che possiamo trovare in altre zone della diocesi. Posso dire di trovarmi bene in questa comunità cristiana, dove ho tante persone che mi supportano e alle quali sono molto grato, anche se parlare di comunità cristiane, al giorno d’oggi, è un po’ forzato. Il problema, che non riguarda solo Valdobbiadene ma fotografa tutta la situazione del cristianesimo in Italia, è che ci troviamo immersi in un paganesimo diffuso. Poi, nei piccoli paesi, quando non girano macchine e persone, non circolano neanche le idee e le novità emergono con grande difficoltà”.

“Pensando a Valdobbiadene – prosegue il parroco della cittadina del Prosecco Superiore – credevo che le tradizioni popolari e l’identità del territorio potessero salvarci ma devo dire che anche qui, purtroppo, le tradizioni in termini di fede sono saltate o non incidono come avrei potuto immaginare al mio arrivo. Il lavoro, e qui si lavora davvero tanto e questo lo apprezzo, accompagnato al benessere hanno bruciato tante tradizioni. In ogni caso non tutto è perduto e sono molto soddisfatto dei giovani animatori, che definirei eroici nel loro contributo che danno alla nostra realtà parrocchiale, e delle famiglie che seguono i ragazzi nei loro percorsi di iniziazione cristiana, che vanno abbastanza bene”.

“Il coinvolgimento delle famiglie – conclude don Francesco Santinon – è discreto e il ruolo dei laici, considerando il futuro venir meno di tanti sacerdoti fissi nelle parrocchie, assumerà sempre maggiore importanza. Conoscere le famiglie di Valdobbiadene, durante le visite alle case, è sempre una bella sfida e, dopo aver iniziato il terzo giro delle stesse, sta diventando ogni volta più piacevole. Dobbiamo capire che il clericalismo dei tanti preti ha depauperato il laico, che in passato spesso diventava il “manovale del prete”. Dobbiamo riportare al centro del messaggio cristiano la figura di Gesù e, anche per il futuro, se nelle parrocchie dovesse esserci il prete sarà sicuramente un valore aggiunto, altrimenti le comunità cristiane dovranno essere tali a prescindere dalla figura del sacerdote. A Valdobbiadene, comunque, la dimensione della formazione, con la catechesi, e della carità, con il volontariato, reggono ancora. Se poi, e questa è una criticità ormai diffusa, si cerca la traduzione in termini di spiritualità nella liturgia, allora dobbiamo dire che abbiamo perso il senso del mistero perché la liturgia è in crisi. Concludo dicendo che in questo paese, che mi ha accolto e che ammiro per la laboriosità della sua gente, le relazioni e il senso del dovere nella partecipazione ad alcune funzioni, penso al duomo pieno durante i funerali, ci sono ancora. Mi piacerebbe dire alle persone, che qui hanno raggiunto il benessere grazie al loro impegno professionale e all’attaccamento al territorio, che si godano di più la vita e che il cammino di fede, se intrapreso con la volontà di convertire il cuore, è davvero un percorso ottimale di rinnovamento interiore”.

(Fonte: Andrea Berton © Qdpnews.it).
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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