“Lo scenario futuro peggiore è già attualità”, criticità e soluzioni nel convegno sulle strategie per la gestione della risorsa idrica nei vigneti

Diego Tomasi, direttore del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg
Diego Tomasi, direttore del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg

Cambiamento climatico e strategie per la gestione della risorsa idrica nei vigneti di collina” è il titolo dell’incontro che si è tenuto giovedì 16 marzo nell’Auditorium Celestino Piva di Valdobbiadene.

L’appuntamento rientrava nel ciclo di incontri organizzati dal Comune di Valdobbiadene, con il sostegno di Banca Prealpi SanBiagio e della Cantina Produttori di Valdobbiadene, in occasione dell’Antica Fiera di San Gregorio.

Dopo i saluti di Pierantonio Geronazzo, vicesindaco con delega all’agricoltura, l’introduzione è stata affidata a Diego Tomasi, direttore del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg, la cui relazione era intitolata “L’irrigazione del vigneto: da strategica ad obbligatoria”.

Senz’acqua non può esserci viticoltura – ha affermato Tomasi -, non servono grandi quantità ma deve essere ben distribuita. Nel nostro caso sono 500 – 600 millimetri all’anno per la nostra vite. Purtroppo, il problema serio è che le precipitazioni non cadono più in modo regolare durante l’anno. Abbiamo questi eventi estremi che a volte ci portano ad avere acqua quando magari non ce n’è bisogno, provocando anche degli smottamenti. Nelle ultime annate abbiamo avuto diversi episodi di stress idrico. I veri problemi sono l’intensità dei fenomeni, la persistenza e l’estensione degli stessi”.

Il direttore Tomasi ha spiegato che in un anno la vite del Conegliano Valdobbiadene deve riuscire ad assorbire 500 litri di acqua per ogni litro di vino prodotto.

“Abbiamo avuto fenomeni di scottatura nella Glera – continua – Il nostro vitigno, quando arriva a queste condizioni, non tornerà più alle condizioni precedenti per la sua alta sensibilità alla carenza idrica. Dal germogliamento alla fioritura c’è bisogno di 100 – 110 millimetri di acqua mentre servono 250 millimetri dalla fioritura fino all’invaiatura. Probabilmente, se continueremo con queste condizioni climatiche, dovremo iniziare a pensare alla necessità di bagnare la vite già a maggio”.

Dobbiamo evitare vigneti eccessivamente vigorosi – prosegue -, e lo possiamo fare grazie alla concimazione. L’azoto è forse l’elemento più rischioso con il quale il viticoltore ha a che fare. Fino al momento della fioritura, la vite assorbe poco azoto dal terreno. La concimazione azotata va concentrata nella fioritura e dopo la vendemmia. È meglio evitare vigneti vigorosi quando non sono necessari perché c’è troppo consumo di acqua. La gestione del terreno è fondamentale”.

Rispetto alle soluzioni per contrastare il problema idrico, il direttore Tomasi ha detto di evitare: portinnesti vigorosi quando non necessari, troppo azoto, sesti troppo stretti (poche gemme per vite più vigoria), negligente gestione della chioma e compattamenti del suolo.

Il professor Paolo Tarolli ha presentato alcune recenti ricerche effettuate dal suo gruppo di idraulica agraria all’Università degli Studi di Padova sulle soluzioni per affrontare il problema della siccità, oltre al fenomeno delle piogge estreme, in vigneti su alta pendenza per rendere la viticoltura eroica più resiliente al cambiamento climatico in atto.

“Quando parliamo di cambiamento climatico ci riferiamo all’aumento della frequenza degli eventi estremi – spiega Tarolli – Possiamo individuare due tipi di eventi: precipitazioni intense e siccità. Rispetto a quest’ultimo tema, la zona critica in Italia è il Nord Italia, dove il cambiamento climatico impatta di più. In Veneto è cambiata l’aggressività delle precipitazioni: piove meno giorni ma con maggiore intensità”.

“Con il gruppo di ricerca abbiamo mappato la superficie agricola ad alta pendenza – continua – Pensando al clima del futuro, secondo la proiezione più estrema, si passerà dal 17% al 27% di clima di tipo tropicale (precipitazione più intense), avremo una scomparsa di un’agricoltura collocata in zone a clima di ‘tipo freddo’ e ci sarà un aumento delle superfici aride. A me spaventa più il cambiamento climatico rispetto alla guerra, perché la guerra è adesso ma la siccità va ad impattare sulla società e sulla tenuta geopolitica delle nazioni, pensiamo alle migrazioni”.

Lo scenario futuro peggiore è già attualità – conclude – C’è un’accelerazione senza precedenti dell’estremizzazione climatica. Dovremo provare diverse soluzioni e varie forme di invaso, valutandone l’efficacia in condizioni estreme. Sarà opportuno pensare a sistemi di copertura che minimizzino la perdita di evaporazione dell’acqua raccolta, quantificare la biodiversità di un versante con micro-invasi e comparare con un versante privo di micro-invasi per condizioni di estrema siccità. Sarà utile inoltre redigere un manuale della forma di micro-invasi più appropriata per diversa condizione climatica, pendenza e suolo”.

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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