Porta Altinia, fiero baluardo di Treviso

William Shakespeare, poeta e drammaturgo inglese vissuto nel XVI secolo, in due delle sue opere più celebri, Giulio Cesare e Re Lear, utilizzò l’espressione divenuta proverbiale: last, not least ovvero ultimo, ma non per importanza.

Dopo esserci soffermati sui “padri delle mura di Treviso”, fra’ Giovanni Giocondo e Bartolomeo d’Alviano, sui varchi di San Tomaso e Santi Quaranta, è giunto il momento di gettare uno sguardo sulla terza e ultima porta urbica rinascimentale, Porta Altinia

Costruita fra il 1514 e il 1515 e dunque la più antica fra le tre porte, Altinia ha mantenuto nel tempo un aspetto decisamente marziale accentuato dalla sobrietà dei mattoni a vista, dai pochi ornamenti e dalle cannoniere poste sui fronti laterali. 

Ricavata nel settore meridionale della cinta muraria e rivolta verso oriente, Porta Altinia permetteva l’accesso alla città del Sile a coloro che provenivano dal capoluogo lagunare e da Mestre, all’epoca un borgo fortificato che, per aver eroicamente fronteggiato l’assedio dei tedeschi e degli spagnoli nel 1513, si era guadagnata l’appellativo di Mestre Fidelissima

Porta Altinia, adiacente a uno dei dodici ingressi delle mura medievali, mantiene tuttora le sembianze di un poderoso bastione, di una massiccia torre posta a presidio della città. Costruita all’epoca del podestà Sebastiano Moro, essa deve il proprio nome ad Altinum, antico centro oggi compreso nel comune di Quarto d’Altino e nel territorio della Città Metropolitana di Venezia.

Porta Altinia, Treviso

Il legame fra la porta trevigiana e quello che fu un vitale insediamento della civiltà dei Veneti antichi non è affatto casuale. Altinum, abitata sin dalla notte dei tempi e pacificamente romanizzata a partire dal I secolo prima di Cristo, deve infatti la propria fortuna alle vie di comunicazione marittime, fluviali e terrestri che ne decretarono il successo mercantile, politico e sociale. Strade leggendarie come l’Annia (che collegava Adria ad Aquileia) e la Claudia Augusta Altinate (che dalla costa adriatica portava in Baviera) segnarono il progresso economico e culturale dello spazio geografico che, in età augustea, prese il nome di Regio X Venetia et Histria, corrispondente all’attuale Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Istria, Trentino e parte dell’Alto Adige e della Lombardia. 

 Ebbene, autorevoli studiosi del calibro di Theodor Mommsen, hanno ipotizzato che la via Claudia Augusta Altinate, autentica autostrada dell’antichità che collegava il mondo latino con quello germanico, giungesse nel cuore dell’antica Tarvisium proprio attraverso Porta Altinia, per poi proseguire verso nord con un tracciato che, si pensa, coincidesse con l’attuale Porta Santi Quaranta. 

La decadenza di Altinum e, più in generale, della Decima Regio iniziò con le invasioni barbariche; a raderla al suolo furono gli Unni guidati da Attila, il “flagello di Dio”, le cui scorribande lasciavano una tale desolazione da impedire all’erba di ricrescere. Ebbene, fra gli affreschi che decoravano l’interno dell’antica porta, attribuiti al mottense Pomponio Amalteo, pare ve ne fosse uno raffigurante l’attacco di Attila a Treviso, sventato grazie al coraggio del vescovo Elviano capace di affrontare il barbaro e farlo desistere dal suo feroce intento. Un episodio dal quale sono scaturite la leggenda del trono di Attila, un sedile in marmo rosso ancora oggi visibile sotto i portici di via Roma, e la storpiatura di Altina, da alcuni ribattezzata Porta Attilia

A distanza di oltre tredici secoli da questo ingiusto riconoscimento allo spietato condottiero barbaro, Porta Altinia dovette sopportare un nuovo sfregio: la rimozione del glorioso leone di San Marco avvenuta nel 1797, all’indomani dell’occupazione francese di Venezia. Sulla pietra resta una vistosa cicatrice che, se da un lato rattrista, dall’altro testimonia l’invitta fierezza dello storico baluardo cittadino.

(Autore: Marcello Marzani)
(Foto: archivio Qdpnews.it)
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