“L’impegno per una città sempre più sostenibile e pulita passa anche attraverso questi segnali”. Lo ha detto il sindaco di Treviso, Mario Conte, in merito alla notizia dell’arrivo nelle acque del Botteniga del “cottus gobio”, più comunemente noto come “pesce scazzone”, una vera e propria “sentinella” contro l’inquinamento.
“La scoperta della sua presenza è assolutamente positiva perché questa specie popola soltanto le acque pulite, certificando così la salute del Botteniga. Bene così!” ha aggiunto il primo cittadino.
Il commento di Legambiente
Qualche distinguo sull’argomento arriva però da Legambiente Treviso, che “raffredda” gli entusiasmi. “Ahinoi, stiamo verificando che se lo scazzone si spostasse di qualche decina di metri verso la città, non sopravviverebbe – sottolineano gli esperti dell’associazione -. Come lui, molte specie sono a rischio a causa della costante cementificazione nei pressi degli ambiti fluviali e degli sversamenti di idrocarburi e inquinanti, come nel caso del Cagnan grande, segnalato da mesi. C’è bisogno di politiche ambientali più decise, uno stop alla cementificazione, in particolare lungo i corsi d’acqua, per evitare ulteriore perdita di biodiversità”.
E ancora: “Come un anno fa, con l’invio di una lettera ufficiale ai 14 Comuni della ‘Grande Treviso‘, alla quale non abbiamo ottenuto risposta, chiediamo alla giunta e al consiglio comunale di stanziare fondi per l’avvio di un percorso di tutela delle risorgive e degli ambiti fluviali, compresi gli ultimi prati rimasti, che preveda il coinvolgimento, oltreché delle associazioni e della cittadinanza, anche dei proprietari dei terreni lungo i corsi d’acqua, degli enti preposti e dei diversi portatori di interesse, per tornare ad occuparsi assieme, come comunità, del bene comune”.
Parola all’esperta
Qdpnews.it ha chiesto un approfondimento sul tema a Paola Peresin, Biologa della conservazione ed esperta di fauna selvatica.
“Nelle profondità cristalline dei corsi d’acqua alpini e prealpini vive una creatura straordinaria che gli scienziati considerano un vero e proprio barometro vivente della qualità delle acque: lo scazzone (Cottus gobio). Questo piccolo pesce bentonico, che vive sul fondo dei corsi d’acqua, funziona come un sistema di monitoraggio ambientale naturale, offrendo preziose informazioni sulla salute dei nostri ecosistemi acquatici.
Lo scazzone si distingue per le sue esigenze ambientali molto specifiche. Predilige acque incontaminate con temperature inferiori ai 14-16°C e richiede elevati livelli di ossigenazione. La specie mostra una marcata preferenza per le acque con corrente da moderata a intensa, stabilendosi principalmente su fondali rocciosi e ciottolosi. È possibile trovare questi notevoli pesci a quote considerevoli, spesso tra gli 800 e i 1000 metri sul livello del mare, sebbene popolino anche laghi alpini e prealpini di bassa quota. Nei sistemi fluviali più grandi, possono occasionalmente spingersi fino ai tratti di pianura, dimostrando una certa adattabilità pur mantenendo i loro rigorosi standard ambientali.
Particolarmente interessante è come le esigenze dell’habitat cambino durante il ciclo vitale dello scazzone. Gli adulti in fase riproduttiva cercano zone con grandi pietre, essenziali per la deposizione delle uova. I giovani dell’anno preferiscono raschi poco profondi cosparsi di ciottoli, mentre gli adulti trovano rifugio tra detriti legnosi, letti di foglie, macrofite acquatiche o sotto grandi massi. Durante i periodi di corrente intensa, gli esemplari di tutte le età cercano rifugio in acque più calme, dimostrando notevoli capacità di adattamento.
Le caratteristiche che rendono lo scazzone un eccellente indicatore biologico sono molteplici. Il pesce mostra una netta preferenza per substrati di ghiaia e pietre, evitando le zone dove le macrofite coprono più del 40% dell’area disponibile. Beneficia inoltre dell’ombreggiatura fornita dalla vegetazione ripariale, che crea rifugi attraverso gli apparati radicali e l’apporto di materiale organico nell’alveo. La velocità di corrente ideale si attesta tra 0,1 e 0,4 metri al secondo, anche se la specie può adattarsi a flussi più intensi che superano gli 0,8 metri al secondo. In quanto specie bentonica, riesce a trovare riparo anche in zone con scorrimento superficiale veloce, ma una corrente minima è necessaria per prevenire l’accumulo di sedimenti fini e mantenere un’adeguata ossigenazione.
La profondità dell’acqua non rappresenta un fattore critico purché superi i 5 centimetri e mantenga un buon flusso. Sebbene tipicamente si trovi a profondità comprese tra 20 e 40 centimetri, questi straordinari pesci sono stati osservati fino a 50 metri di profondità in ambiente lacustre.
Lo scazzone si rivela un sensibile indicatore biologico per numerosi fattori ambientali critici. La sua presenza o assenza può segnalare problemi di inquinamento e torbidità delle acque, eccessivi prelievi idrici, modifiche dell’alveo fluviale, frammentazione degli habitat, alterazioni della composizione chimica dell’acqua, presenza di interferenti endocrini e metalli pesanti, problemi di sedimentazione e barriere fisiche che influenzano le migrazioni stagionali. La presenza di popolazioni sane di scazzone ci dice molto sulla qualità dei nostri sistemi fluviali. Le loro specifiche esigenze ambientali e la sensibilità ai cambiamenti dell’ecosistema li rendono preziosi indicatori dello stato di salute delle acque. Quando troviamo popolazioni prospere di scazzone, è un segnale positivo che indica il buon funzionamento del sistema idrico. Questa comprensione ha importanti implicazioni per le pratiche di conservazione e gestione delle acque. Monitorando le popolazioni di scazzone e comprendendo le loro necessità, possiamo proteggere meglio i nostri corsi d’acqua e mantenere il delicato equilibrio degli ecosistemi acquatici per le generazioni future”.
(Autori: Paola Peresin e Alessandro Lanza)
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