“I risultati al primo trimestre 2024 dell’indagine congiunturale condotta come di consueto su un campione di imprese manifatturiere venete, trevigiane e bellunesi, non evidenziano ulteriori peggioramenti. Siamo ancora dentro una fase di rallentamento del ciclo economico, ma con alcuni incoraggianti segnali di attenuazione” commenta il presidente della Camera di Commercio di Treviso-Belluno, Mario Pozza.
“Quali sono i dati che ci permettono questa affermazione? Le variazioni congiunturali – spiega Pozza: produzione e raccolta ordini, in particolare dai mercati esteri, sono tornati a recuperare terreno, sostenendo la tenuta e il lieve miglioramento del grado di utilizzo degli impianti, e un altrettanto lieve allungamento dei giorni di produzione assicurati dal portafoglio ordini” prosegue.
“Restiamo pur sempre dentro un quadro di congiuntura debole – aggiunge il presidente – condizionato dai ben noti scenari internazionali e da settori che oggi pagano di più l’inflazione strisciante, il calo del potere d’acquisto delle famiglie, l’incertezza negli investimenti, come anche l’esaurimento di fasi fin troppo effervescenti immediatamente dopo la pandemia. Fra tutti, il legno-arredo è un settore che sembra non partecipare ancora al recupero congiunturale, con tutti i suoi indicatori (non solo produzione, ma anche ordinativi) ancora in negativo. Ma anche il “sistema moda” presenta indicatori prossimi alla stazionarietà, con l’eccezione dell’occhialeria che conferma il suo trend positivo”.
“Interpreto come segnale positivo – continua il presidente – anche la ripartenza dell’industria dei metalli e della gomma plastica, dopo trimestri di sofferenza: settori che, in quanto fornitori di input, sono anche termometro di una possibile ripartenza delle altre filiere. Le previsioni per il secondo trimestre dell’anno sono improntate a cauto ottimismo. Però non bisogna sottovalutare i rischi che ancora permangono a livello geopolitico; così come sarà fondamentale che la BCE trovi il giusto ritmo per la rimodulazione dei tassi d’interesse, prima di deprimere troppo questi segnali deboli di ripartenza che, parlando con le imprese, fanno fatica a proiettarsi su orizzonti temporali lunghi, inibendo strategie di investimento più strutturate”.
Il quadro internazionale e nazionale
La lettura del rallentamento congiunturale come processo di normalizzazione del ciclo economico, anziché di scivolamento in territorio recessivo, su cui convergevano i più autorevoli analisti, è risultata corretta. Le stime del Fondo Monetario per l’anno 2024, nell’Outlook di aprile, prospettano un’economia globale “straordinariamente resiliente con una crescita stabile”: il PIL mondiale crescerà quest’anno del +3,2%, come nel 2023 e come pare avverrà nel 2025.
Fra le tendenze più recenti si segnala anche un rialzo della quotazione dei metalli che potrebbe essere letto – in una fase di disinflazione – come segnale di rafforzamento del ciclo dell’industria mondiale, di ripartenza della domanda di beni, dopo la fase di stagnazione che ha caratterizzato l’ultimo anno. In questa direzione pare andare anche la previsione del FMI sul commercio mondiale: stimato in crescita del +3,0% dopo la stagnazione al +0,3% nel 2023.
Permangono significative divergenze fra Paesi. La dinamica globale è sostenuta in particolare modo dalle economie emergenti (del +4,2% è la crescita stimata del PIL per il 2024, che sale al +4,6% Cina e al +6,8% India). Gli Stati Uniti continueranno a crescere del +2,7% nel 2024 contro il +2,5% del 2023, benché nel medio termine si ritengano insostenibili gli stimoli fiscali alla domanda, con rischi – così il FMI – per la stabilità finanziaria globale. Saranno necessari correttivi che nel 2025 porteranno a limitare la crescita USA al +1,9%.
Nell’area euro la ripresa ci sarà, ma molto debole (+0,8% contro il +0,4% dell’anno scorso), pagando lo scotto dei costi energetici passati, di un’inflazione ancora strisciante e di una politica monetaria restrittiva che ora deve trovare giusta ricalibrazione per evitare un eccessivo rallentamento della crescita; che poi potrebbe avere ripercussioni nel mercato del lavoro, finora però sostenuto dalle strategie di “accaparramento” del personale da parte delle aziende a sostegno dei cambi di paradigma produttivo (digitalizzazione, sostenibilità).
A livello di singolo Paese, a parte il caso della Spagna (+1,9%), le stime di crescita restano nell’ambito dello “zerovirgola“, dove semmai la notizia sta nel cambio di segno della Germania, sempre con riferimento alle previsioni FMI sul PIL, che passerà dal -0,3% del 2023 al +0,2% per l’anno in corso. L’Italia continuerà a galleggiare attorno ad una “crescita” del +0,7%, contro il +0,9% dello scorso anno.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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