L’Italia un paese digitalmente arretrato fra i più vulnerabili ai cyber attacchi: il tema al centro del Digital Security Festival

Parlare di mondo digitale e in particolare di sicurezza informatica in modo semplice e con un linguaggio accessibile a tutti è l’obiettivo del Digital Security Festival. La quinta edizione, articolata in 18 eventi on line e in presenza in diversi luoghi del Veneto e Friuli-Venezia Giulia, ha preso il via lo scorso 17 ottobre e ieri, martedì, ha fatto tappa anche al Palazzo della Luce di Treviso per l’incontro “Illuminare il futuro” sul tema dell’intelligenza artificiale e dei rischi informatici a cui sono esposti aziende e privati. 

Giorgio Sbaraglia – video a cura di Rossana Santolin

Fra i relatori presenti ieri anche Giorgio Sbaraglia, membro del consiglio direttivo del Clusit (Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica), Information & Cyber Security Advisor e Dpo (Data Protection Officer) che ha parlato al pubblico di “Cybersecurity e formazione”

Il pubblico a Palazzo della Luce

Sbaraglia: “L’Italia un paese digitalmente arretrato fra i più vulnerabili ai cyber attacchi”

“L’Italia è uno dei paesi più attaccati al mondo – ha spiegato Sbaraglia – Stando al rapporto Clusit l’Italia rappresenta il 2,2% del Pil mondiale e subisce il 7,6% degli attacchi mondiali: siamo dunque un paese particolarmente sovraesposto agli attacchi perché oltre a essere un paese ricco che fa gola ai cyber criminali, siamo anche un paese digitalmente arretrato, o meglio, digitalmente analfabeta volendo usare un termine forte”. 

Nel mirino dei cyber criminali ci sono soprattutto le imprese che non sono ancora del tutto consapevoli dei rischi che corrono. “Le aziende italiane hanno un tessuto che per il 90-95% è fatto di PMI che non sempre hanno una struttura organizzativa e tecnologica adeguata e sono dunque più vulnerabili agli attacchi informatici, parlo soprattutto dei ransomware, attacchi molto diffusi, che puntano a criptare i file e poi chiedere un riscatto: di fronte ad attacchi del genere – mette in guardia Sbaraglia – le aziende se non adeguatamente tutelate rischiano la morte“. 

Il settore della Cybersicurezza, un serbatoio di opportunità 

“In Europa ma anche in Italia ancora di più c’è una grandissima carenza di professionalità specializzate nella cybersecurity – prosegue Sbaraglia – per questo dico che il settore rappresenta un enorme serbatoio di occupazione non sfruttato: come dico sempre agli studenti e ai giovani informatici che incontro quando faccio formazione, chi si specializza nella cybersecurity non rimarrà disoccupato”. 

Da sinistra Marco Cozzi e Giorgio Sbaraglia

Federico Passeri: “Il punto non è se avverrà l’attacco, ma quando” 

Fra gli altri relatori intervenuti ieri pomeriggio a Palazzo della Luce anche Federico Passeri, Security Manager e Chief Information Security Officer in Cabel Industry S.p.A, protagonista del talk “Strategia di sicurezza: obiettivi e budget”.

Federico Passeri – video a cura di Rossana Santolin

“Le conseguenze di un attacco informatico per un’azienda sono potenzialmente devastanti – ha spiegato Passerini – vanno dal fermo di qualche sistema al peggiore degli scenari con il blocco completo dell’attività. Ciò che può fare la differenza è il quanto l’azienda è stata proattiva nel mettere in campo le misure di protezione come ci insegna il NIST, il Cybersecurity framework“. 

“Le aziende devono sviluppare una consapevolezza del rischio che corrono – prosegue – il punto non è se avverrà l’attacco ma e quando avverrà. Per questo bisogna essere pronti e sfuggire dalla trappola miope del ‘tanto a me non succederà mai’. Ancora oggi chi come me si occupa di sicurezza informatica deve andare dai manager per convincerli dell’importanza di essere pronti a questo tipo di eventi per contenerne gli effetti”. 

Come spiegato ieri al pubblico da Passeri, l’approccio alla cybersicurezza è cambiato negli anni per fare fronte ad attacchi sempre più sofisticati. 

“L’impostazione da ‘castello medievale’ per contenere gli attacchi che arrivavano tutti da fuori è stata superata perché le minacce non vengono solo dall’estero ma anche dall’interno, in particolare tramite il Social Engineering (una tecnica in grado di colpire direttamente e in modo subdolo i dipendenti di un’azienda ndr). Da qui il superamento della logica ‘a bastione’ e l’affermazione di quella che in gergo tecnico si chiama ‘zero trust’, tradotto ‘zero fiducia'”.

Un approccio umanistico all’informatica 

“Illuminare la strada con la conoscenza” è lo slogan della quinta edizione del Digital Security Festival che propone un approccio innovativo alla cultura digitale riaffermando la centralità dell’uomo con le sue vulnerabilità rispetto alla tecnologia, rivolgendosi, con linguaggio accessibile, ad aziende, cittadini, studenti ma anche a genitori che vogliono tenere al sicuro i propri figli con delle sessioni pensate ad hoc. 

Marco Cozzi – video a cura di Rossana Santolin

“Il nostro obiettivo è spiegare la sicurezza informatica con parole comprensibili a tutti – sottolinea Marco Cozzi, fondatore del Digital Security Festival – Non è vero che la sicurezza informatica è per pochi, al contrario un tema che riguarda chiunque usi la tecnologia nella sua quotidianità”. 

Gabriele Gobbo – video a cura di Rossana Santolin

“L’uomo, come amo dire spesso quando andiamo in giro a fare cultura digitale, è l’antivirus per eccellenza – commenta Gabriele Gobbo, cofondatore del Festival – Non a caso per i nostri eventi scegliamo luoghi già vocati alla cultura, privilegiando gli eventi in presenza a quelli digitali. Questo per coinvolgere direttamente cittadini, imprenditori, autorità e studenti sul significato e l’importanza della sicurezza informatica, sfatando il mito che parlare di ‘sicurezza’ sia una cosa ‘noiosa’: cultura, umanità e divulgazione a parole semplici sono i pilastri del Digital Security Festival”. 

Sonia Gastaldi – video a cura di Rossana Santolin

“Dopo un periodo abbastanza lungo in cui abbiamo pensato che la tecnologia fosse autoreferenziale stiamo scoprendo che questa in realtà è in mano agli uomini e alle donne, da qui la necessità di coltivare un approccio di tipo umanistico, sociologico e antropologico alla tecnologia – sottolinea Sonia Gastaldi, informatica, sociologa e filosofa nel direttivo del Festival – Usando parole comprensibili a tutti possiamo diminuire il gap tecnologico, diffondere conoscenza ed illuminare strade nuove verso un futuro all’avanguardia che non escluda nessuno e che ci dia la possibilità di vivere in modo sicuro anche negli ambienti digitali”. 

(Foto e video: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
#Qdpnews.it

Total
0
Shares
Articoli correlati