La magnifica Porta San Tomaso a Treviso

Quando Fra’ Giovanni Giocondo (1433 circa – 1515) si accinge a progettare le nuove mura difensive di Treviso, una delle sue prime preoccupazioni è quella di ridurre drasticamente il numero di varchi di accesso alla città. Se le mura a secco d’epoca medievale erano costellate da ben dodici porte, per il frate-architetto veronese, consapevole dell’evoluzione dell’arte della guerra, tre ingressi sono più che sufficienti.

Le porte urbiche, luogo di ingresso e uscita dalla civitas, mutano nei secoli le loro funzioni. In caso di conflitto rappresentano l’ultimo baluardo a difesa della popolazione. Strumento indispensabile per sorvegliare gli spostamenti di cittadini e forestieri, esigere i dazi e, se necessario, isolare la comunità in caso di epidemia, le porte sono anche il luogo privilegiato per esporre editti, proclami e suscitare timore attraverso l’esibizione dei cadaveri dei criminali giustiziati.

Non solo: le porte cittadine, impreziosite da opere d’arte e punteggiate di stemmi araldici, devono stupire con la loro possenza e magnificenza, onorare i governanti e accrescere il prestigio della città-fortezza. 

San Tomaso, la più imponente fra le tre porte di Treviso, racchiude così tanta storia che per apprezzarne i molteplici aspetti occorre affidarsi non solo alle scienze canoniche quali l’architettura, l’ingegneria o la storia dell’arte, ma anche a discipline dai nomi più oscuri quali ad esempio la poliorcetica (branca dell’arte militare che si occupa dell’assedio) o la glittografia (studio delle incisioni lasciate dalle maestranze sulle pietre).

Ancora una volta i saggi contenuti nel volume “Le mura di Treviso” (ed. Chartesia) si rivelano un prezioso aiuto per cogliere appieno la peculiarità di questo straordinario monumento veneto.

Realizzata in pietra d’Istria, la cupola in legno e piombo, la porta reca il nome dell’arcivescovo Tommaso Becket assassinato nella cattedrale di Canterbury il 29 dicembre del 1170. Posta a difesa del settore nordorientale della cinta muraria, essa è concepita per respingere le minacce provenienti dalla catena prealpina e dal bellunese.

Di pianta quadrata, ornata con sei colonne decorate con foglie d’acanto tipiche dell’ordine corinzio, viene realizzata nel 1518 in meno di un anno. La statua che la sovrasta, San Paolo, suggerisce la committenza: Paolo Nani, il podestà che per un breve periodo lega il proprio nome al manufatto noto anche come Porta Nana.

Osservando la porta dall’esterno spicca il leone di San Marco: non si tratta dell’originale, in bronzo, danneggiato dai francesi nel Settecento, ma di un esemplare recuperato da un altro settore delle mura. La fiera marciana, qui una delle tante curiosità svelate da F.H. Barbon, sovrasta la scritta in veneto Porta de San Thomaso. Speculare a questa, ma rivolta verso l’abitato, la medesima dicitura ma stavolta in latino, Porta Sancti Thomae: un dettaglio che rivela, impietosamente, il divario culturale esistente all’epoca fra i cittadini e coloro che giungevano in città dalle campagne circostanti.

I cultori della glittografia trovano nella Porta di San Tomaso una fonte pressoché inesauribile di suggestioni: sulle pietre, talora ben visibili o più spesso celati dalla patina del tempo o da ombre e riflessi, vi sono numerose incisioni di scalpellini attraverso cui rintracciare la cava d’estrazione, l’identità dell’artigiano, persino la sequenza di montaggio dei diversi elementi.

Segni che si ritrovano anche sulle travi in legno e che, studiati attentamente indicano la provenienza del tronco, la famiglia di zattieri che l’ha fatto fluitare, l’identità del falegname che l’ha squadrato.

All’interno della magnifica porta trevigiana un altorilievo aggiunge altri importanti tasselli alla storia del monumento. La Madonna col Bambino siede al centro attorniata dai santi, presumibilmente Liberale, Marco e Maria Maddalena.

Ai suoi piedi, in atteggiamento supplice e di dimensioni ridotte, Paolo e Agostino Nani, esponenti dell’élite cittadina all’epoca della costruzione della porta. Paolo, in particolare, è riconoscibile per lo stemma di famiglia, un disco barrato scolpito sulla mensola: ennesimo stratagemma pensato dal podestà per mostrare ai posteri il legame fra la sua potente famiglia e la “sua Porta Nana”.

I segreti e le suggestioni di questa straordinaria porta rinascimentale sarebbero ancora molti: la misteriosa modifica della tradizionale iscrizione sul Vangelo del leone di San Marco, le frasi malamente abrase, il significato dei diversi blasoni gentilizi. Una valida ragione per non limitarsi a gettare uno sguardo distratto a Porta San Tomaso, ma dedicarle l’attenzione che merita.

(Autore: Redazione Qdpnews.it)
(Foto: Archivio Qdpnews.it)
(Articolo di proprietà di Dplay Srl)
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