La chiesa della “Madona Granda”, una storia millenaria di miracoli e devozione

La chiesa della “Madona Granda”

La chiesa di Santa Maria Maggiore è un antico santuario mariano, unico esempio a Treviso di edificio religioso in stile tardo-gotico quattrocentesco. Grazie al sostegno dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Treviso nell’àmbito del progetto “Luoghi del Sacro Treviso” possiamo donarvi una descrizione delle peculiarità di questa chiesa, conosciuta dai trevigiani come “Madona Granda”.

Secondo la tradizione, la fondazione della chiesa si lega alla figura di san Prosdocimo, vescovo di Padova, che intorno al I secolo fece costruire in località Tolpada un’edicola dedicata alla Vergine. In quello stesso luogo nel 780 per volere di Gebeardo, probabilmente il primo conte franco di Treviso, venne eretta la cappella di Santa Maria connessa a un monastero affidato alle cure dei monaci benedettini di Nonantola. 

La sua storia è caratterizzata da un susseguirsi di distruzioni e ricostruzioni: un secolo più tardi cadde infatti vittima delle devastazioni barbariche, per poi essere riedificata nel 1096. A cura dei Canonici regolari lateranensi del Santissimo Salvatore di Venezia, tra il 1463 e il 1474, l’edificio fu sottoposto a un intervento di ampliamento. Della fabbrica quattrocentesca si è conservata la parte delle navate con archi ogivali e l’elegante facciata in mattoni rossi a vista con frontone mistilineo, decorato da edicolette, che trova riscontro in ambito veneziano nella chiesa di San Giovanni in Bragora. La zona del presbiterio e delle tre cappelle absidali, demolita (1510-11) in attuazione del nuovo piano di fortificazione della città durante lo scontro fra la Serenissima e la Lega di Cambrai, venne ricostruita negli anni 1522-23 in stile rinascimentale lombardesco dal Maestro Zaccaria del lago di Lugano

Data al 1511 l’evento miracoloso attribuito all’intervento della Madonna di Treviso, ovvero la liberazione del patrizio Girolamo Emiliani, o Miani, caduto prigioniero dei mercenari imperiali a Castelnuovo di Quero. Dopo la soppressione del convento dei Canonici nel 1771, la chiesa venne affidata al clero secolare dal vescovo di Treviso fino all’arrivo dei Padri Somaschi (l’ordine fondato da san Girolamo Miani) nel 1882. Il 13 marzo del 1945 una bomba colpì l’edificio provocando danni ingenti al colonnato sinistro, il crollo del tetto e di gran parte della facciata. In soli diciotto mesi, con il contributo dei trevigiani da sempre molto devoti alla “Madona Granda”, il santuario venne ricostruito nelle sue forme originarie, lasciando in evidenza i segni delle ferite nella controfacciata e lungo la navata centrale.

Entrando in chiesa, lo sguardo viene immediatamente attratto dal tempietto marmoreo di fattura  rinascimentale che custodisce l’immagine miracolosa della Madonna delle Grazie, il cuore del santuario. Su un trono gotico è rappresentata la Vergine Maria, in posizione frontale, sul suo grembo siede il Bambino con le braccia spalancate a croce nell’atto di benedire; ai piedi del trono, due nobili donatori in armatura sono inginocchiati in adorazione. Il trono esalta Maria come “sede della Sapienza”, poiché ha accolto in sé il Verbo di Dio, e al contempo la eleva a immagine della Chiesa che, in quanto tale, continua a generare Cristo nella storia.

Il dipinto, esito di un rifacimento sulla base di un’icona più antica di Madonna (la Vergine Nikopeia) ad opera di un pittore dell’ambito di Tomaso da Modena, è databile attorno alla metà del Trecento. Sebbene nell’uso del colore e nell’aggiunta del trono si notino degli elementi innovativi rispetto allo stile altomedievale, le figure mantengono un atteggiamento ieratico, probabilmente perché si trattava di un’immagine che doveva essere riconoscibile dai trevigiani e dai numerosi pellegrini. In effetti, nei secoli fu oggetto di una profonda devozione: ne sono la prova gli ex voto che la circondano da ogni lato, nonché i “Libri dei Miracoli”, destinati alla catalogazione degli eventi miracolosi attribuiti all’intercessione della “Madona Granda”. Fra di essi è annoverato anche il miracolo della liberazione prodigiosa di Girolamo Miani, testimoniata dalle catene e dai ceppi conservati in una teca all’interno del tempietto. Per singolare coincidenza, nella cappella absidale sinistra si trova il Monumento sepolcrale diMercurio Bua, il capitano di ventura carceriere del Miani. L’arca marmorea e le cinque sculture di Virtù sovrastanti, appartenenti forse al monumento funebre del musicologo Franchino Gaffurio realizzato da Agostino Busti, detto il Bambaja, sottratto da Pavia come bottino di guerra (tra il 1525 e il 1528), vennero riassemblate in Santa Maria Maggiore per volontà di un discendente del celebre condottiero.

A lato del tempietto due porte conducono ad un piccolo gioiello: una cappella semicircolare, oggi adibita a battistero, eretta in origine quale cappella funeraria per volere di Francesco Greco, interamente affrescata da Ludovico Fiumicelli e Giovanni Pietro Meloni tra il 1539 e il 1540. Sulle pareti si dispiegano le Storie della vita di Cristo, mentre dalla cupola lo Spirito Santo si diffonde idealmente davanti agli occhi del fedele, il quale viene così reso partecipe in prima persona dei Misteri raffigurati.

Dietro l’altare maggiore è collocata la pala seicentesca della Madonna Assunta di Sante Peranda, che riprende l’esempio tizianesco di Santa Maria Gloriosa dei Frari. Nella navata destra, va notato il grande Crocifisso doloroso gotico della metà del Quattrocento,  detto “delle Convertite”,in quanto proviene dal monastero trevigiano di Santa Maria Maddalena delle Agostiniane Convertite, soppresso in epoca napoleonica, dedicato all’accoglienza di “donne pericolanti” convertitesi alla vita cristiana. 

Poco oltre, è possibile ammirare la Madonna dei Barcaroli di Ludovico Pozzoserrato, pittore fiammingo che sul finire del XVI secolo ebbe molta fortuna nella Marca Trevigiana. Maria viene rappresentata come madre della Misericordia, nell’atto di abbracciare con il suo mantello i membri della confraternita dei barcaioli trevigiani che in questa chiesa avevano il loro altare.

Un’ultima curiosità: su richiesta, dal chiostro interno è possibile accedere al vestibolo della sagrestia storica, dove sono conservati una serie di dipinti di pittori trevigiani che originariamente ornavano la cupola lignea eretta nel ‘600 sopra il tempietto della Madonna delle Grazie, rimossa intorno alla metà del secolo scorso.

(Foto e video: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata). 
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