Come funziona la comunicazione politica? A fornire una risposta a tale quesito è stato il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, lunedì tra gli ospiti di Glocal Farm, festival tenutosi nella sede di H-Farm a Roncade, che coincideva con un momento di formazione dell’Ordine dei giornalisti del Veneto.
“Manca Crozza oggi: lui mi dà una mano”, è la battuta scherzosa fatta da Zaia al suo ingresso, chiamato a descrivere quelle che sono le modalità da lui scelte in fatto di comunicazione.
“La pianificazione della comunicazione è mia e, poi, c’è un lavoro di squadra. La comunicazione deve puntare all’armonia e poi la squadra fa la differenza. Non guardiamo mai i topics nazionali, altrimenti ci si perde nella selva oscura – la premessa fatta dal governatore – Noi comunichiamo sulla scia del ‘Veneto pride’ (l’orgoglio veneto), però bisogna dire che, quando ho ereditato il Veneto, non era così”.
Zaia ha quindi fatto una riflessione sull’utilizzo dei social media: “Credo che sia fondamentale la reputation sui social media e c’è chi invece non ha più remore nel mostrare quanto pensi di sapere tutto. Sarebbe bene rispondere a tutti sui social, ma è davvero impossibile – ha aggiunto – Mediamente facciamo una decina di post al giorno: la comunicazione sarà sempre di più interattiva e i social non saranno il fanalino di coda”.
Il presidente della Regione ha quindi ricordato anche le conferenze stampa giornaliere istituite durante il periodo Covid: “Si tratta di un format durato quasi due anni, pensato per parlare direttamente ai cittadini – ha raccontato -. Un’invenzione è stata anche quella dell’uso dei cartelli”.
“Io credo che saper comunicare sia un talento” ha osservato e, alla domanda sul suo passato nel mondo delle discoteche, Zaia ha raccontato qualche aneddoto a riguardo: “Nel 1985 ho inventato l’invito in discoteca. Nessuno aveva pensato a creare dei veri e propri inviti alle serate – ha raccontato -. Ricordo quando il venerdì andavo al mercato a Conegliano con mia mamma e vedevo i volantini, del formato A4, che venivano lasciati per annunciare, ad esempio, i saldi”.
“Da lì mi dissi: ‘Perché non farli anche per la discoteca?’. Inizialmente erano nel formato A4, poi li feci tascabili – ha aggiunto -. Credo che si debba sempre essere prudenti nel fare comunicazione e sapere di cosa si parla. Io sono sempre preoccupato di essere rispettoso verso le persone coinvolte”.
Il punto di Gianni Riotta
Tra i relatori intervenuti anche Gianni Riotta, noto giornalista e direttore del Master in giornalismo alla Luiss di Roma.
Riotta ha contribuito a tracciare lo stato del giornalismo italiano e della formazione del professionista del futuro.
Professionista che, a suo parere, dovrà combinare la capacità di scrittura con l’abilità nel capire i dati e dare una lettura ai dati scientifici.
“Troppo a lungo abbiamo pensato che i guai del giornalismo fossero dovuti alla tecnologia – ha affermato – Si è verificato un distacco tra il giornalismo professionale e l’opinione pubblica. La categoria ha preferito arroccarsi in una torre d’avorio e oggi ne paga il prezzo”.
“Il cv di un giornalista dovrebbe rinnovarsi ogni giorno, quindi le scuole di giornalismo dovrebbero preparare i praticanti al mercato del lavoro – ha aggiunto – Bisogna creare un ‘praticante ibrido’, che sia a suo agio sia con i numeri che con le parole. La parte scientifica è importante per il giornalismo del futuro“.
“Leggere i dati fornisce anche una visione diversa delle cose – ha spiegato – Ad esempio, se si parla di violenza e non si accede ai dati, sembrano dei casi isolati. Dobbiamo quindi ripartire da una cultura in cui numeri e parole siano fungibili”.
Lo scenario futuro della comunicazione
Oltre a Luca Zaia, vari ospiti si sono succeduti al festival, per riflettere su quello che sarà lo scenario della comunicazione del futuro.
Presente anche Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, che ha svelato il “dietro le quinte del giornalismo digitale”: “L’importanza sta nel riuscire ad avere un’identità di prodotto e un rapporto con i propri lettori – ha spiegato – Buona parte delle inchieste che facciamo nascono da segnalazioni dei nostri lettori. Quindi tutto può essere occasione di un nuovo dialogo con la popolazione. Per farsi leggere dai giovani, bisogna assumere giovani”.
Secondo Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, attualmente c’è “un’attenzione spasmodica per ogni sussulto nel palazzo del potere”, mentre esiste una minore attenzione ai temi cari alle nuove generazioni, come ambiente e sostenibilità.
“Ci sono molti modi di raccontare, ma manca una strategia. L’Italia ha un ritardo clamoroso dal punto di vista della cultura e vengono dati meno soldi agli editori, rispetto ad altri Paesi. Occorre un lavoro collettivo – ha proseguito – I volumi di stimoli, a cui siamo esposti, sono nettamente superiori rispetto al passato. Il mondo del giornalismo sta nel mercato della relazione, che ha la moneta dell’attenzione e il valore della fiducia“.
Sul tema dell’intelligenza artificiale Bartoli ha osservato che bisogna “imparare a ragionare per usare e non essere usati da questo strumento”: “Un errore è quello di aspettare a usare degli strumenti di cui siamo solo i veicoli – ha spiegato – Questi sono strumenti da presentare in maniera che non venga lesa la fiducia dei lettori: c’è bisogno di un essere umano per mettere in atto l’intelligenza, pertanto si deve sperimentare questi strumenti, per generare dei contenuti“.
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