Il sangue è uno e uguale per tutti, gli immigrati sono la nuova frontiera. Che cosa succede oltre i confini italiani? Qual è la cultura della donazione del sangue e l’etica del dono? Proviamo a fare un giro intorno al mondo, partendo da casa nostra.
Sì, perché oggi un donatore di sangue su dieci è straniero anche nel Trevigiano. Se il calo dei giovani nell’Avis provinciale della Marca è una realtà, lo stesso problema è presente nelle altre realtà dell’Italia. E all’estero? Il numero dei giovani donatori di sangue è in crescita nei Paesi più poveri, in caduta libera in quelli più ricchi. Il modello della donazione di sangue in Veneto è quello a cui continuano a fare riferimento molte civiltà del mondo.
Queste alcune tematiche, insieme a tanti dati, affrontate sabato scorso nel corso del quinto Forum Giovani Provinciale Avis di Treviso che si è tenuto nelle sale della biblioteca comunale di Codognè. “Donando il vostro sangue donate la vita ad altri”, ha subito sottolineato Tommaso Stecca, medico selezionatore Avis, rivolgendosi a un centinaio di giovani in sala. “Chi ha bisogno del nostro sangue? Dai pazienti sottoposti a interventi chirurgici ai malati oncologici, ma la lista è lunga. Abbiamo un problema da affrontare insieme: la richiesta di sangue è in costante aumento“, ha aggiunto Stecca.
La donazione è un atto anonimo, gratuito e volontario ma anche una scelta responsabile e periodica. Ogni giorno in Italia sono necessarie 8 mila sacche di sangue. L’Avis è l’associazione più grande con 1.300.000 donatori, 130 mila quelli in Veneto e 35 mila nella sola provincia di Treviso. Ogni anno in Italia vengono donate 2 milioni di unità di sangue, coprendo l’80 percento del fabbisogno nazionale. Sono 3.400 le sedi dislocate nelle 22 regioni (ne fa parte anche la Svizzera).
A donare maggiormente è la fascia di età tra 30 e 55 anni. La periodicità della donazione di sangue a Treviso potrebbe essere migliorata: solo 1.200 soci attivi si presentano 4 volte all’anno e il numero dei giovani rimane piuttosto basso.
E nel mondo qual è la situazione? A spiegarlo Alice Simonetti, dell’esecutivo Avis nazionale con delega alle politiche europee, segretario della Fidos (Federazione internazionale delle organizzazioni dei donatori di sangue) e giovane avvocata fiorentina. “Gli stranieri in Italia meno propensi alla donazione sono i cinesi e gli indiani, quelli più attivi i romeni e sudamericani. Le ragioni sono riconducibili a motivi culturali e religiosi. Oggi abbiamo bisogno – ha sottolineato Simonetti – anche degli stranieri”.
Le maggiori donazioni sono in Europa, Stati Uniti e Australia. Pochissimi i donatori di sangue in Irlanda, dove si registra negli ultimi anni un forte calo del 21%. Anche in Giappone la situazione è simile. L’Avis italiana è impegnata nella cooperazione internazionale per portare i suoi modelli nel mondo. Anche con medici trevigiani, come Bernardino Spaliviero e Alberto Argentoni di Eraclea, ex presidente nazionale, che hanno ricordato i loro recenti lavori in Sudamerica: dalla Bolivia all’El Salvador e Guatemala.
Se Francia e Danimarca sono vicine al modello italiano, Norvegia e Vietnam si appoggiano alla Croce Rossa. In Azerbaijan è stata costruita una rete tra Ong (Organizzazioni non governative) e Ministero della salute per donare il sangue. E proprio nel Paese del Caucaso il prossimo anno si terrà la conferenza internazionale del Comitato Giovanile Fidos. Alice Simonetti ha esortato i giovani trevigiani a candidarsi per far parte della squadra italiana. “Ci sono 10 posti, uno se lo vorrete è vostro: forza – ha detto – fatevi avanti”.
Mission, attività, sfide, opportunità e partnership: il lavoro è immenso e in crescita. Così le campagne globali, comunicazione, formazione e lo scambio di esperienze. L’Italia dimostra al mondo la sostenibilità della gratuità del sangue. Ma non è così altrove. Sono circa 70 i Paesi dove si paga il sangue.
Particolare attenzione e anche emozione in sala durante la videochiamata in Skipe, circa 30 minuti, con la ventunenne Tatiana in Libano. Lei riferimento della Fidos nello stato del vicino Oriente, che si affaccia sul Mediterraneo, ha raccontato la sua esperienza di volontaria e donatrice. Il sangue viene raccolto soprattutto attraverso le unità mobili e non negli ospedali. I problemi sono diversi e legati a un territorio martoriato da guerre e povertà.
Non sono mancate anche le testimonianze dirette di alcuni giovani trevigiani. Come quella di Alessio, avisino, che ha donato anche il midollo. E quella – con una lettera inviata al Forum – di Cesare, malato di leucemia mieloide acuta, salvato da una donazione di midollo: “Il vostro amore mi ha caricato di energia, dovete continuare questa battaglia per donare e salvare altre vite. Ci sono ancora tanti malati e troppi giovani come me”. O di Mattia che per la prima volta ha donato il sangue convinto da altri giovani amici avisini.
Le conclusioni sono state affidate a Vanda Pradal, presidente dell’Avis provinciale di Treviso. “Il dono del sangue non ha un prezzo, è gratuito. I malati hanno bisogno di noi e non dobbiamo mai dimenticarlo. Noi ci prendiamo cura dell’altro: questa è la differenza. Donatore sano significa donatore sicuro, sangue di qualità. Voi giovani – ha concluso – rappresentate la garanzia del ricambio generazionale, dell’autosufficienza del sangue e del futuro dell’Avis. E infine un ultimo appello abbiate pazienza affinchè i medici possano lavorare con tranquillità. Buona donazione a tutti”. Ha moderato il Forum Carlo Donadel, direttore sociale “Coop Insieme Si Può”.
(Fonte e foto: Avis Treviso).
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