Sarà la potente voce del tenore trevigiano Fabio Sartori ad augurare buon anno nuovo nel Concerto di Capodanno 2023-2024, coprodotto dalla Fondazione Teatro La Fenice di Venezia e da Rai Cultura. Calato il sipario sul grande successo di pubblico del concerto diretto il 1° gennaio da Daniel Harding, sono stati annunciati i protagonisti del prossimo evento beneaugurante che verrà trasmesso in diretta su Rai 1 dal teatro veneziano. Nel cast (insieme al soprano Eleonora Buratto) c’è dunque Fabio Sartori, che con la notizia di questo nuovo “ingaggio” apre un 2023 segnato da tanti impegni prestigiosi, in Italia e all’estero. Per il cantante lirico trevigiano la Fenice rappresenta anche il luogo da cui tutto cominciò: prima quando entrò a far parte del coro, durante gli anni di formazione al conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia, poi quando nel 1996 debuttò come tenore solista nella “Boheme”, vestendo il ruolo di Rodolfo.
Una strada artistica lastricata di successi, che Sartori, nato nel 1970 (“sono un trevigiano Doc da Santa Bona”, afferma con fierezza) non s’immaginava nemmeno di percorrere, finite le scuole medie. Era poco più che quindicenne quando andò a lavorare in un’officina di Monigo come saldatore. Ma anche i sogni più grandi possono diventare realtà, se a sostenerli ci sono una famiglia unita e buoni amici che appoggiano il talento. “Il mio primo grande fan è stato mio papà Rino; se ne è andato due anni fa e mi manca molto. Anche lui cantava in un coro e a volte si esibiva nei matrimoni. Quando da bambino andavamo in gita insieme, cantavamo per tutta la strada e poi mi pagava i gelati se avevo cantato bene.
Devo tanto anche mia mamma Maria sempre molto orgogliosa di me, a mia sorella che mi faceva da autista per accompagnarmi alle prime lezioni di canto dal maestro Renato Bardi Barbon, a mia moglie Angelina Kim e soprattutto devo ricordare il maestro Alessandro Loja, insegnante del liceo musicale “Manzato” di Treviso, da cui andavo a lezione il sabato. Fu il primo a credere nelle mie capacità canore. Mi preparò per gli esami del conservatorio e sempre lui mi accompagnò quel giorno in treno a Venezia. Disse alla commissione: “Signori fate quello che volete, Sartori è pronto”. Cantai per loro l’Ave Maria, scelta proprio da Loja, e andò tutto bene”.
Al conservatorio di Venezia il cantante trevigiano ha avuto come insegnante di canto il modenese Leone Magiera, che annovera tra i suoi allievi più celebri Mirella Freni e Luciano Pavarotti, di cui fu amico d’infanzia e pianista accompagnatore preferito. Big Luciano è sempre stato un “faro” per la carriera di Fabio Sartori, a cui l’8 novembre del 2022 è stato attribuito proprio il Premio Pavarotti d’Oro, consegnatogli al Teatro Asioli di Correggio da Giuliana Pavarotti, figlia dell’indimenticabile tenore. All’importante riconoscimento lirico ha fatto seguito, il 20 dicembre, l’investitura a Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana, ricevuta dal prefetto Angelo Sidoti.
Sartori fino al giorno prima era a Tel Aviv per lavoro. L’attribuzione della onorificenza del presidente della Repubblica ha chiuso in bellezza il 2022 di Fabio Sartori, attualmente il tenore italiano più conteso dai migliori teatri d’opera in tutto il mondo. L’agenda dell’anno appena iniziato è già sold out: “Sono felicissimo di come si presenta il mio 2023. Il 31 gennaio debutterò con Aida all’Opera di Roma nel ruolo di Radames (le recite sono in calendario fino al 12 febbraio ndr); poi sarò nuovamente a Berlino per cantare la Turandot, mi esibirò per la prima volta al Teatro Petruzzelli di Bari con Attila. Quindi farò i Due Foscari al Carlo Felice di Genova. E poi ci sarà la ripresa di Otello nella nuova stagione del Maggio Fiorentino, il maestro Zubin Mehta mi vuole ancora a Firenze per interpretare questo grande personaggio verdiano, dopo l’allestimento del novembre 2020. Vestirò i panni di Otello anche a Monaco di Baviera diretto da Chung, tornerò alla Scala con il Macbeth e al Macerata Opera Festival con il Requiem di Verdi”, prosegue il tenore, nel cui repertorio predilige Verdi, Puccini e il Verismo.
I palmares del 2022 è stato denso di successi, tra cui la Fedora scaligera, i Pagliacci allo Sferisterio di Macerata, il galà lirico dell’Arena di Verona con Placido Domingo. Con il grande tenore madrileno, il cantante trevigiano ha stretto un rapporto di amicizia e collaborazione nella preparazione di opere impegnative: “Quando stavo provando l’Otello a Firenze, Placido mi ha seguì per tre giorni, dandomi tanti buoni consigli per costruire una linea di canto molto raffinata e nobile a cui Zubin Mehta tiene molto, soprattutto nel duetto del primo atto con il soprano”.
Il raffronto con un celeberrimo tenore del Novecento, trevigiano d’adozione, è quasi d’obbligo: “Il più grande Otello di tutti i tempi è stato Mario Del Monaco, il migliore in assoluto. Aveva un suo stile che non si ritrova più nella lirica di oggi. Aveva un suo modo di porgere le frasi. Il suo era un Otello di spinta, reso con molta forza. Il mio stile è un fraseggio più pulito, con cui cerco di dare il massimo. Mario Del Monaco è sempre stato per me un idolo, fin da quando ero bambino. Avevo una zia, sorella di mio papà Rino, che abitava a Lancenigo vicino alla villa dove risiedeva il tenore. Quando da piccolo andavo a casa di mia zia, sentivo Del Monaco che faceva i suoi vocalizzi. Sarà stato anche questo che mi ha fatto amare il belcanto”.
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