“Prima dei professionisti cerco persone sorridenti, empatiche e che sappiano, quando serve, guardare oltre la rigidità delle regole”. Così Walter Bertin, fondatore di Labomar, che ai colloqui di lavoro, prima del curriculum, guarda alle qualità umane di chi gli sta di fronte.
D’altronde, se non fosse stato per quelle doti umane, per l’approccio propositivo e la visione “fuori dagli schemi” del suo capostipite, Labomar oggi non sarebbe quella conosciamo oggi, una realtà con oltre 300 clienti, sei aziende attive tra Italia e Canada e altrettanti stabilimenti produttivi.
Grazie a numerosi brevetti e formule proprietarie, in 25 anni la realtà fondata da Walter Bertin si è ritagliata una grossa fetta di mercato nel campo degli integratori alimentari e dei dispositivi medici allargandosi anche alla cosmetica e agli alimenti funzionali.
Dal retro della farmacia di famiglia alla fondazione di Labomar
Partito dal retro della farmacia di famiglia, Bertin fu uno dei pionieri nel settore degli integratori di origine naturale. “La farmacia è sempre stata il mio obiettivo (nonostante da piccolo volessi fare il pompiere) – racconta – Sono cresciuto con l’idea del farmacista tramandata da mio padre e prima ancora da mio nonno che trascorreva gran parte della giornata facendo le preparazioni. Negli anni ’80, quando ho cominciato io, i farmaci si vendevano già in scatola, il che va benissimo, ma si era perso quel lato artigianale”.
Non contento di stare dietro al bancone Bertin torna in laboratorio, tornando alle “origini” del mestiere del farmacista e coniugandole con la sua passione per le piante e la medicina naturale. “I clienti apprezzavano molto le preparazioni e da lì l’entusiasmo è cresciuto. Il passo successivo è stato dotarsi di una struttura per realizzare questi prodotti”-
Nel 1998 si arriva così alla fondazione di Labomar che da allora ha fatto della ricerca e sviluppo il proprio core, inizialmente in un periodo storico in cui la medicina naturale era ancora un tabù.
“Allora non si parlava di questo tipo di rimedi, anzi c’era un mondo contrario – prosegue Bertin – ma forse anche questo ci ha aiutati ad insistere. La ricerca è sempre stata il focus della mia attività rivolta a fare sempre meglio, ma anche a testare la scientificità dei prodotti”. Fare ricerca diventa essenziale per rimanere competitivi in un settore, quello farmaceutico, che cambia continuamente rispecchiando a sua volta l’evoluzione della società.
“Da una società con tanti anziani e pochi bambini nascono nuove esigenze: penso alla grande attenzione al tema del declino cognitivo, della mobilità (integratori energetici per chi vuole praticare sport), e alla cura dello stress. A questo ‘core’ si aggiungono fattori che si sono sviluppati durante e dopo il Covid, ad esempio legati a disturbi digestivi, ansia e tensione”.
Sul dibattito ormai trentennale fra chi è pro-integratori e chi li considera una trovata di marketing non ha dubbi Walter Bertin che ricorda ancora i tempi (lontani) in cui in provincia di Treviso le farmacie che li vendevano si contavano sulle dita di una mano.
“Da allora la medicina naturale ha avuto una forte evoluzione e comunque la scientificità di questi prodotti è stata dimostrata guadagnandosi prima l’appoggio dei farmacisti e poi dei medici che sono diventati i primi forti prescrittori di integratori – sottolinea il titolare di Labomar – Ci sono prodotti che noi non sappiamo essere integratori perché vengono prescritti esattamente come fossero dei farmaci, il che non vuol dire che devono sostituirli quando non è possibile. Al contrario, se pensiamo al semplice sciroppo per la tosse oggi possiamo tranquillamente scegliere fra un dispositivo medico o uno sciroppo naturale. Un altro esempio è il probiotico di cui l’Italia copre il 20% del mercato globale perché abbiamo curato la qualità e la scientificità in maniera più completa rispetto ad altri Paesi”.
Dall’uscita dalla Borsa alla partnership con il fondo CharterHouse
Per assicurarsi una maggiore capacità di investimento in ricerca e nuove tecnologie Labomar ha avviato una partnership con CharterHouse, una delle più antiche società di private equity europee che dallo scorso anno ha fatto il suo ingresso nel capitale dell’azienda.
“Non dimentichiamo che siamo partiti dal retro di una farmacia e quando arrivi ad una certa dimensione devi capire qual è il sistema anche finanziario per poter spingere nella crescita – spiega Bertin – Nel 2012 avevamo già un fondo quindi (con CharterHouse nrd) stiamo ripetendo un’operazione già fatta in passato con il Fondo Italiano d’Investimento che ci è servito per fare il primo step. Nel 2020 siamo entrati in borsa (da cui Labomar è uscita nel 2022 ndr) operazione che ci ha permesso di fare acquisizioni e completare la filiera. Un domani la Borsa che ha accusato il colpo del Covid potrebbe anche ripartire, ma la nostra priorità ad oggi è essere veloci e reattivi. Il principio di aggregazione è importante anche per dare la sicurezza alle 450 persone che lavorano per noi. Il passaggio al nuovo fondo ci ha aiutato molto nel delisting, altrettanto faticoso quanto il listarsi, e ci ha permesso di affiancarci ad una realtà come CharterHouse che sposa esattamente la nostra filosofia di internazionalizzazione”.
Con le spalle solide Labomar oggi guarda al futuro pensando a nuove acquisizioni e al potenziamento delle linee interne mentre è già avviato il cantiere del nuovo stabilimento nei pressi della sede madre ad Istrana. Per Walter Bertin tuttavia non c’è strategia di M&A che tenga senza l’entusiasmo delle persone che quotidianamente lavorano in azienda.
“È fondamentale che i collaboratori si trovino in una condizione ottimale per lavorare e si può sempre fare meglio su questo fronte. Non c’è cosa peggiore di avere dei responsabili che non condividono la tua stessa mentalità. Magari sono persone in gamba, ma se non sei empatico, non sorridi e se segui regole troppo rigide nel relazionarti con le persone non va bene. In due anni abbiamo cambiato completamente il management – spiega – e delle risorse umane mi sono occupato personalmente. Ai colloqui mi concentravo sulla persona, sul suo stato d’animo: volevo capire chi era sorridente sul serio. Basta qualche domanda per capirlo. Ecco perché credo che in un mondo ideale i primi colloqui andrebbero fatti in osteria, in un clima sereno dove parlare di tutto fuorché di lavoro”.
“Nella vita mi hanno insegnato che bisogna essere dei “sani egoisti” perchè per far star bene gli altri prima devi stare bene tu. La mia regola aurea? Niente rituali bizzarri – conclude il patron di Labomar – La cosa più importante per me è partire al mattino con il piede giusto”.
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