Prendetevi qualche istante di attenta riflessione e fate mente locale su quante volte negli ultimi mesi avete visto un’ape o sentito il loro brusio; provate poi a paragonarlo a cinque, dieci, vent’anni fa. Notate qualche differenza?
Probabilmente la risposta è sì, e infatti la tragica notizia è che le api stanno scomparendo. Ecco perché in questi giorni si parla parecchio di loro ed è anche il motivo per cui dal 2017 il 20 maggio è la giornata internazionale a loro dedicata.
È appurato da secoli di tradizione popolare ed oggi anche dalla scienza che senza il lavoro incessante di impollinazione fatto dalle api il mondo vegetale potrebbe scomparire in pochi anni, portando letteralmente alla fine del pianeta per come lo conosciamo.
È interessante riflettere sul fatto che invece, se dalla Terra scomparisse la specie umana, probabilmente non succederebbe proprio niente: il nostro pianeta continuerebbe ad esistere, come è esistito milioni di anni senza di noi.
In base a che cosa dunque ci accomodiamo in cima alla piramide del mondo vivente se non siamo poi così importanti per la sua esistenza?
Di solito poniamo la questione sul piano dell’intelligenza, ovvero “solo l’essere umano pensa, ha capacità razionale”. Ma vi siete mai chiesti che cosa sia l’intelligenza? O che cosa significhi pensare? Se provate adesso a darne una definizione ad alta voce, vi accorgerete che non è proprio così facile. Anche tenendo in considerazione solo la specie umana, siamo ormai giunti alla conclusione che il QI non basta a definire l’intelligenza e che ci sono tanti modi diversi per misurarla.
Come spiega il filosofo norvegese Lars Svendsen, altri ottimi segnali di intelligenza sono la capacità di imparare imitando e quella di risolvere dei compiti pratici e via via più complessi. Considerando questi elementi (e potenzialmente altri ancora) è quindi possibile parlare di intelligenza anche per il mondo animale e persino per quello degli insetti: ed ecco che rientrano in campo le nostre piccole api.
Questi piccoli esseri infatti hanno un cervello minuscolo (circa un millimetro cubo) ma ricco di cellule nervose. Apprendono dei comportamenti guardando gli altri componenti dell’alveare (si parla di apprendimento sociale) e sembrano sviluppare anche soluzioni autonome a dei problemi che si trovano di fronte.
Inoltre hanno capito che la forma esagonale è quella perfetta per la creazione delle celle dell’alveare e infatti è sempre fatta in quel modo.
Percepiscono i profumi e capiscono i colori (ecco spiegato anche perché i fiori “s’impegnano” così tanto a essere belli), sanno tornare a casa anche dopo lunghi viaggi grazie anche a dei punti di riferimento spaziali come dei landmark.
Tutto questo senza neanche menzionare la loro sofisticata struttura sociale, all’interno della quale vi è una vera e propria parità di genere, ogni ape ha il suo compito da svolgere per il bene dell’alveare e il cibo è sempre condiviso. Loro sanno di essere più forti nell’alveare e sanno che per contare sul buon operato delle altre devono loro stesse operare al meglio delle loro possibilità. Hanno anche spirito di sacrificio perché le api guardiane arrivano alla morte pur di difendere l’alveare dagli attacchi esterni.
Anche noi esseri umani apprendiamo molto per imitazione, dunque perché non emulare gli esempi virtuosi della natura per costruire una società umana più etica? Perché allora, se non siamo troppo impegnati a sentirci superiori a tutti e a pensare di aver capito tutto della vita, prendendo spunto dalle api – e magari salvaguardandole da un’agricoltura che le sta distruggendo in fretta – possiamo creare a noi stessi un futuro migliore. Questa sì che sarebbe una mossa intelligente!
(Fonte e foto: La Chiave di Sophia).
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