Aiutati che il ciel ti aiuta: la storia di Suor Teresa raccontata dall’Agenda Doppio Tempo

La storia di Suor Teresa raccontata dall’Agenda Doppio Tempo

“Aiutati che il ciel ti aiuta”: è questo il titolo della storia, una delle tante e profonde storie di vita raccolte nell’agenda “Doppiotempo” 2023 pubblicata dal Comune di Treviso. L’amministrazione, in collaborazione con la commissione parti opportunità e l’organizzazione “Spazio donna” di Treviso ha promosso l’iniziativa dedicata alla parità di genere. Il progetto ha preso la forma di un’agenda, oggetto di uso quotidiano, fra quelli strettamente personali, che in questo caso vuole narrare una storia comune, come quella di Suor Teresa. 

Suor Teresa è la Direttrice della Domus Nostra di Quinto di Treviso, una realtà della Congregazione di “Nostra Signora della Carità del Buon Pastore” in cui è entrata a soli 19 anni. “Questa Congregazione, di antiche origini francesi, mi ha subito convinta. Mi attraeva la propensione alla marginalità, l’approccio al femminile, la profonda dimensione spirituale, la casa come dimensione di accoglienza. La nostra Madre Fondatrice, Santa Maria Eufrasia, diceva infatti che una persona vale più di un mondo”.

Milanese di nascita, Suor Teresa non ne ha perso l’accento ma, trevigiana di adozione, si sente, come la sua Fondatrice, cittadina del mondo. Dell’accoglienza Suor Teresa ha fatto la sua ragione di vita. Oggi, insieme alle sorelle della comunità e alle collaboratrici laiche che operano nella struttura di accoglienza, nata sessant’anni or sono a Quinto di Treviso, è impegnata a far emergere, verificare e accompagnare le capacità di resilienza delle donne accolte, chiamate a riparare le funzioni genitoriali e a riattivarsi nell’inserimento socio lavorativo.

La chiamata alla consacrazione religiosa l’ha intuita presto, a soli 13 anni, incuriosita dalla testimonianza di vita di alcune suore, mentre Milano, dove viveva, era attraversata dalla contestazione e dai sussulti del ’68.

“Interrogandomi sulla vita religiosa, mi stupivo della serenità di quelle donne che vivevano senza legami sentimentali rinunciando all’esperienza della maternità. Attraverso la preghiera ho approfondito la chiamata e ho cominciato a impegnarmi in Parrocchia come animatrice dell’oratorio. A 17 anni, dopo un incidente in motorino e un lungo periodo di ospedalizzazione, sono partita per un ritiro estivo e in quella occasione mia madre ha capito che stavo cercando “qualcosa”. Alla stazione di Torino Porta Nuova, un’altra mamma le ha chiesto: “mia figlia è in ricerca vocazionale, e la sua?”. I miei genitori, non particolarmente praticanti, all’inizio l’hanno presa molto male: tenevano molto all’istruzione e non avrebbero mai pensato di avere una figlia suora. Col tempo hanno rispettato la mia scelta e anche papà ha superato il dispiacere di non poter avere dei nipotini”.

La vocazione, come inizio di una strada, ha aperto a percorsi di formazione umana e spirituale, in psicologia e nelle scienze religiose. Suor Teresa le tappe formative le ha percorse tutte: il diploma all’Istituto Magistrale, i quattro anni di specializzazione all’Istituto superiore di scienze religiose, la laurea in Psicologia a Padova (una delle prime facoltà in Italia). Poi l’impatto col mondo, con la strada, con i disagi giovanili, coi primi gruppi di adolescenti e gli anni di servizio e studio a Reggio Emilia, Monza, Napoli, Torino in un susseguirsi di esperienze grazie alle quali ha potuto sviluppare progettualità e sperimentare l’accoglienza a tutto tondo, fino ad arrivare ad approfondire il fenomeno della tratta, della prostituzione, dei maltrattamenti e delle violenze. Senza mai tralasciare la formazione e la crescita pastorale.

“Ricordo bene – racconta Suor Teresa – il mese di formazione per la Pastorale Vocazionale promosso dalla Conferenza dei Religiosi dell’America Latina (CLAR) a Bogotá nel 1987. Lì ho trascorso un periodo intenso: la vita religiosa si interrogava sui segni dei tempi e sull’esigenza di inserirsi, con piccole comunità, nei quartieri più poveri. Quell’esperienza internazionale con altre otto suore provenienti da altri Paesi europei mi ha molto arricchita”.

Gli anni a Milano – dal 1996 al 2005 – con il lavoro di ascolto, l’aiuto nell’unità di strada e nella comunità di accoglienza della Caritas Ambrosiana, sono stati una grande palestra. “Anche se non ci si può mai abituare perché l’impatto emotivo è sempre altissimo. Arrivavano ragazze di tutte le nazionalità, soprattutto nigeriane e albanesi, violentate e in molti casi torturate. Le albanesi in particolare erano vittime di violenze pesanti perché a maltrattarle era il fidanzato di cui erano innamorate. All’epoca la tratta rappresentava un vero e proprio business pari allo smercio di droga e al traffico delle armi”.

Oggi nella Casa Religiosa Domus Nostra si tessono nuove trame di vita, cooperando in rete con organizzazioni del pubblico e del privato sociale. Villa Ciardi, un tempo residenza della nota famiglia di artisti e pittori veneziani, è un luogo dove si pratica quotidianamente la cultura dell’incontro e si sperimenta la capacità di convivenza tra diversi.

“In un certo senso è come se oggi si riattualizzasse l’immagine che Santa Maria Eufrasia aveva della missione. Quello che si svolge da noi è come il lavoro misterioso di un alveare, nel quale ciascuno si occupa del bene comune. L’immagine delle api ha ispirato la nascita della sartoria creativa “Officina delle API”, nel senso che Attiviamo Pratiche Innovative, in cui le ospiti accolte alla Domus sono coinvolte in attività di empowerment e solidarietà, che aprono a prospettive di vita più degne e giuste, a livello personale, lavorativo, sociale, culturale e spirituale. In sintesi cerchiamo di tenere insieme i tanti pezzi della diversità. Ci prendiamo cura delle donne a partire dal motto “Aiutati che il ciel ti aiuta”, soprattutto nella sua versione ignaziana “Prega come se tutto dipendesse da Dio e lavora come se tutto dipendesse da te”, lasciando l’altro libero di assumere la sua responsabilità rispetto alla propria vita. Un messaggio importante soprattutto per le educatrici impegnate nel quotidiano”.

Tante nuove vite ripartono da Quinto, da questa campagna trevigiana in cui ha creduto, nel 1962, un’altra grande donna, Maria Pia Dal Canton, restituendoci una meravigliosa visione di comunità e di territorio accogliente.

(Foto: Agenda Doppio Tempo).
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