In un territorio naturalmente vocato all’agricoltura, in posizione pressoché equidistante dal Piave e dal Sile, a una manciata di chilometri dal mare Adriatico sorge l’antica Abbazia di Santa Maria di Pero, edificata nel 958 dopo Cristo.
Il monastero fu sede di una comunità benedettina che, alla meditazione, alternava le fatiche necessarie alla quotidiana sopravvivenza dei monaci.
A Santa Maria di Pero i benedettini, fedeli al principio ora et labora (prega e lavora), disboscarono selve impenetrabili, bonificarono paludi, dissodarono terreni e regimarono le acque. Con il loro lavoro e la proverbiale abilità i monaci mitigarono l’asprezza del paesaggio plasmandolo in una campagna ordinata e produttiva. Qui realizzarono ampi depositi per lo stoccaggio delle derrate agricole provenienti dai loro poderi.
Una curiosità: Pero non ha nulla a che fare con la frutta, maè l’antico nome del Meolo, il fiume di risorgiva che attraversa il territorio di Monastier prima di gettarsi nel Vallio.
La storia di Santa Maria di Pero è un’alternanza fra periodi fortunati e di sventura, di crisi e di rinascita. Le vie di comunicazione portarono ricchezza, ma anche crudeltà e devastazioni. Nella seconda metà del Quattrocento l’abbazia chiuse per carenza di vocazioni e ci vollero prima i benedettini padovani e poi la congregazione veneziana di San Giorgio per risollevarne le sorti. Lo stemma del Santo che sconfigge il drago, la magnificenza della chiesa, l’eleganza del chiostro e gli affreschi con scene di vita cenobitica sono l’eredità degli anni in cui, allo splendore dell’arte e al rigore della fede, si accompagnava l’efficienza imprenditoriale dei monaci.
La dominazione napoleonica coincise con l’abbandono dell’Abbazia da parte dei religiosi. A salvare il complesso dal degrado e dall’oblio furono le risorse e la lungimiranza dei nuovi proprietari, i Ninni, patrizi veneziani con origini greche che da quasi due secoli dimorano a Santa Maria di Pero. Guiberto Ninni Riva precisa: “Il monastero benedettino risale all’anno Mille, e da allora è stato utilizzato come deposito e centro aziendale. L’importanza del sito discende dalla presenza di stalle, cantine e tutto ciò che serviva alla gestione dei terreni acquisiti dai benedettini nel corso dei secoli. La mia famiglia ha acquistato la proprietà attorno al 1830 e da allora si è prodigata per incrementarne la produzione agricola “.
Gli orrori delle due guerre mondiali non risparmiarono l’Abbazia, con l’unica consolazione che questi luoghi rimasero impressi nel cuore e nella mente di uomini come il premio Nobel Ernest Hemingway che ebbe più di una occasione per ammirare il complesso benedettino.
Un luogo, Santa Maria di Pero, che fu convento, ospedale militare, polo per l’allevamento del baco da seta e dimora signorile prima di divenire una moderna azienda vitivinicola e una gradevole meta turistica inserita nel circuito delle Ville Venete. Un privilegiato punto di osservazione per cogliere le diverse anime della nostra regione, gustarne le eccellenze agroalimentari, percepirne la più genuina identità.
(Autore: Marcello Marzani)
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