“Non è concepibile che ci si trovi con donatori idonei pronti a donare, ma che non possono essere prelevati per carenza di medici e per problemi organizzativi e gestionali. Abbiamo cercato più volte di avere un dialogo costruttivo con le strutture regionali e con i politici regionali. Siamo stati ascoltati, abbiamo portato proposte, ma purtroppo di fatti nel 2021 ne abbiamo visti pochi”. Così la presidente di Avis Veneto, Vanda Pradal, aprendo al Teatro Ferrari di Camposampiero (Pd) la 51^ assemblea dell’Avis regionale, tenutasi il 23 aprile. La prima in presenza, dopo due anni segnati dalla pandemia e da un impegno senza precedenti per la più grande associazione di volontariato di donatori sangue della regione.
“Negli ultimi, difficili tempi, donatori e dirigenti non si sono risparmiati e hanno dato il massimo nonostante timori, restrizioni, distanziamenti e quant’altro per assicurare che mai mancasse il sangue agli ammalati – ha continuato la Pradal – Abbiamo chiesto flessibilità negli orari di apertura, rivalutazione dei trasporti e uniformità di trattamento per i donatori del territorio veneto, ma poco si è fatto. Da dieci anni, inoltre, attendiamo la realizzazione di un database unico che possa consentire la consultazione e la donazione in qualsiasi area della regione. Riteniamo che creare condizioni che incoraggino e rendano più agevoli le donazioni debba essere obbiettivo di cui non solo l’associazione, ma l’intero sistema sanitario debba farsi carico. I donatori sono patrimonio di tutti e il loro dono di sangue e plasma è indispensabile nelle emergenze, negli interventi chirurgici, per salvare feriti, eseguire trapianti, curare malati oncologici ed ematologici, ustionati, produrre farmaci salvavita”.
Il ruolo di Avis nel panorama sanità, lo si evince dai dati: nel 2021 i donatori iscritti ad Avis/Abvs in Veneto hanno donato 176.078 sacche di sangue e 30.589 di plasma, per un totale di 206.667.
Un risultato che ha superato in positivo quello del 2020 (con 199.347 sacche), l’anno terribile del Covid 19, ma che ha bisogno di essere sostenuto per arrivare ai numeri pre pandemia. Nel corso dell’anno Avis Veneto è riuscita a soddisfare il fabbisogno degli ospedali e dei malati della regione. Sono state cedute ad altre regioni (Sardegna e Lazio) 5.112 unità e importate 130 unità per carenza di alcuni gruppi.
Se il Veneto e la sanità trasfusionale veneta hanno retto durante la pandemia è stato, oltre che all’attività dei centri trasfusionali degli ospedali, anche grazie ai centri di raccolta Avis presenti nelle tre province di Padova, Treviso e Venezia. “Non hanno mai smesso neppure per un giorno di effettuare la raccolta. Sono organizzazioni che riescono più velocemente ad adattare le modalità di erogazione del servizio ai tempi e sono in grado nel breve periodo ad adattarsi alle necessità così facendo di migliorare la recettività – ha spiegato la presidente, sottolineando anche che il sistema della prenotazione della donazione, ormai attivo in tutto il Veneto, sta dando frutti positivi – Ottimo il lavoro fatto dai centri di chiamata provinciale che ha consentito ai nostri donatori di poter donare in sicurezza, un servizio questo che spesso è gestito da personale volontario adeguatamente formato. Nonostante le difficoltà e i tempi lunghi i donatori hanno sempre risposto presente, con lo spirito che li e ci anima. Vanno agevolati nel loro dono perché sono un orgoglio della nostra regione”.
In Veneto i soci iscritti all’Avis e Abvs Belluno sono 134.467 e un terzo sono donne. La provincia con più soci è quella di Treviso (33.162), seguita da Venezia (27.154), Padova (26.575), Verona (20.904), Rovigo (10.659) e Vicenza (9.849).
Abvs Belluno conta 6.164 donatori. I nuovi iscritti sono stati 9.739 nell’anno 2021, contro i 9.715 del 2020. Moltissimi i giovani nuovi iscritti, grazie alla sensibilizzazione di Avis nelle scuole (20mila lo scorso anno gli studenti raggiunti) promuovendo la cultura del dono, la solidarietà e l’educazione alla cittadinanza attiva.
Dopo lo stop imposto dalla pandemia, sono in ripresa anche le attività del Gruppo Giovani Avis regionale e hanno trovato nuovo slancio i progetti regionali di promozione al dono negli ambienti di lavoro e tra la cittadinanza. Obiettivo incrementare donatori e donazioni, ma servono supporto forte e risposte.
“In Avis siamo concreti, lavoriamo, abbiamo idee per migliorare la situazione, siamo a contatto con i donatori e cogliamo le esigenze, vorremmo più ascolto e compartecipazione – ha precisato Vanda Pradal, rivolgendosi ai rappresentanti di Regione presenti in sala – ci sembra ormai maturo il tempo perché il prezioso dialogo con la sanità veneta possa condurci a risposte, in primis sul reperimento del personale sanitario. Avis ha un ruolo importante e non può essere considerata solo un fornitore, ma inclusa nei processi decisionali e di programmazione del nostro sistema sanitario”.
A rispondere l’assessore regionale alla sanità, Manuela Lanzarin: “Il problema della carenza dei medici investe tutti i settori, già da prima del Covid. Come Regione stiamo ragionando con le Università per l’inserimento degli specializzandi nel settore trasfusionale. Intanto abbiamo portato da 6mila a 17mila le borse di specializzazione ed è in partenza in alcune province il sistema informatico sanitario unico, che dovrebbe entrare a regime regionale entro il 2023”.
“Stiamo pagando tutti gli errori di programmazione dei corsi di laurea in medicina e del sistema dei test d’ingresso – ha sottolineato il presidente di Avis Nazionale, Gianpietro Briola – Manca anche una scuola di specialità in medicina trasfusionale, che invece è ormai fondamentale per il nostro settore”.
(Foto: Avis).
#Qdpnews.it