Il pittore trevigiano Paolo Del Giudice è nuovamente protagonista alla Galleria dell’Eremo di Rua di Feletto con l’esposizione di una lunga serie di dipinti realizzati nell’arco di cinquant’anni e incentrati sulla Basilica della Salute di Venezia.
Una mostra che rimanda alla tradizione degli ex voto e che, come suggerisce l’assessore alla cultura Claudia Meneghin, ha il sapore di un ritorno a casa per l’artista.
Fin dal titolo che ne richiama la tipica formula votiva, “Per grazia ricevuta”, la nuova mostra di Del Giudice porta inevitabilmente alla mente la pratica del dono offerto in un santuario come ringraziamento di una preghiera esaudita.
Il soggetto stesso, reiterato ed esplorato in innumerevoli declinazioni espressive fino a creare una sequenza paragonabile alle variazioni sul tema di un motivo musicale, è il frutto di un ex-voto: la Basilica della Madonna della Salute fu infatti eretta nel corso del Seicento in seguito alla fine dell’epidemia di peste che decimò la popolazione veneziana.
Nonostante questo, la concomitanza della mostra con un periodo di contrazione del Covid è un fatto più casuale di quanto ci si potrebbe aspettare: Del Giudice aveva infatti pensato l’esposizione prima dell’esplosione della pandemia, e del resto alcuni dei dipinti esposti risalgono a quasi mezzo secolo fa, quando l’artista era ancora uno studente all’Accademia di Belle Arti di Venezia.
“Dopo la pandemia la mostra ha acquistato un nuovo significato e vuol certamente essere di buon auspicio”, spiega il critico d’arte Corrado Castellani nel presentare la mostra, raccomandando però di non soffermarsi solamente su questi aspetti, e anzi cogliere l’occasione per ammirare gli aspetti formali dell’arte di Del Giudice.
“I trentatré dipinti esposti sono stati realizzati dal 1972 fino a poche settimane fa – prosegue Castellani – E una simile mostra permette di avvicinarsi alle modalità espressive dell’artista mettendo da parte il soggetto, concentrandosi sul modo in cui l’emozione provata dall’artista viene comunicata”.
Una successione di riproposizioni dello stesso soggetto che rimanda alla dimensione musicale della variazione sul tema, con i colori a prendere il posto delle note e i segni a suggerirci la loro intensità: una sequenzialità, come spiega lo stesso critico d’arte, che rappresenta una ricchezza.
Del resto, il rapporto di Del Giudice con lo studio pedissequo di un determinato soggetto, e in particolare di Venezia, è un fatto che tracima i limiti dell’esposizione ora in corso all’eremo di Rua, tanto che, qualche anno fa, lo storico dell’arte Nico Stringa vedeva nei dipinti lagunari del pittore “un insieme di motivazioni e di speranze che altri non hanno o non hanno attestato con la convinzione che egli ha mostrato di possedere”.
E nella convinzione di Del Giudice delle immense potenzialità espressive insite in soggetti già ampiamente studiati gioca un ruolo fondamentale la profonda conoscenza dell’artista della tradizione pittorica che l’ha preceduto, e da cui egli sembra muovere i propri passi per, come sosteneva ancora Stringa, “consapevoli e programmatiche immersioni nella storia della pittura europea”.
“Del Giudice sembra avere intenti simili al famoso ciclo della cattedrale di Rouen di Monet – spiega Corrado Castellani a proposito di un’associazione che può nascere istintiva ammirando l’esposizione all’eremo – ma in realtà è profondamente differente: non rappresenta la presenza circostanziata dell’edificio che si da all’occhio umano, ma la sua evanescenza, ovvero il momento in cui l’immagine appare come in un sogno o in un ricordo, imperfetta, incompiuta”.
La mostra “Per grazia ricevuta” si concluderà, questo non per una casualità, proprio il giorno della Madonna della Salute, ovvero il 21 novembre. Un’occasione per festeggiare con l’artista la chiusura di un cerchio, guardando al futuro senza dimenticare la lunga strada percorsa fino ad ora
“Il palazzo che ora ospita la Galleria dell’Eremo un tempo era sede della foresteria e di una ricca biblioteca meta di studiosi e intellettuali del tempo – spiega l’assessore alla cultura di Rua, Claudia Meneghin – Il palazzo cinquecentesco fu voluto e costruito dalla famiglia Del Giudice, e a noi piace pensare che venendo qui Paolo si senta un po’ a casa”.
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