Archeologia, antropologia e ambiente sono stati gli ingredienti che hanno composto la ricetta di un convegno interdisciplinare, tenutosi nella serata di ieri, giovedì 16 luglio, al Parco archeologico del Livelet nel Comune di Revine Lago.
“Notizie preistoriche ai laghi” è stato il titolo di un’occasione per fare il punto della situazione sui reperti venuti alla luce nell’ambito del progetto Relacus, ereditato a Revine Lago dalla precedente amministrazione, che coinvolge anche il territorio del Comune limitrofo di Tarzo.
Un appuntamento dallo spessore internazionale, grazie al collegamento con studiosi dall’estero e la presenza di Lorenzo Fattorel, moderatore della serata e membro del Dipartimento di Antropologia dell’ateneo spagnolo Rovira i Virgili di Tarragona.
Un progetto, quello degli scavi nel territorio dei laghi, che prosegue nonostante il Covid ed è approdato nella Commissione Cultura della Regione Veneto, allo scopo di consentire e ricostruire il più possibile le vicende storiche che hanno caratterizzato il territorio.
Un obiettivo di rilievo, che vede la collaborazione tra le Università di Ferrara e Padova con l’Iphes (Institut Català de Paleoecologia Humana), e mette in campo le tecnologie e le tecniche di scavo più efficaci per analizzare materiali ed elementi sedimentati nel terreno, secondo le relazioni di Cristiano Nicosia, del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Padova, e di Marta Modolo, ricercatrice Marie-Curie, che collabora con il Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara e con Iphes.
Un esempio è il rinvenimento della selce, come ha illustrato Giovanni Tomasi del Circolo vittoriese di ricerche storiche, il quale ha spiegato come tale materiale fosse utilizzato per confezionare gli strumenti da caccia e testimoni la tendenza dei cacciatori preistorici a spostarsi.
Ma la selce era utile anche per la costruzione del falcetto da grano, mentre il biancone, ovvero una roccia formata da calcare, era diffusa in particolare in epoca romana.
Dal Seicento, invece, le cave di Lago, sede della cosiddetta “piera de Lago”, assumono un certo rilievo, mentre la cava di Nogarolo, frazione di Tarzo, produce la torba che alimenta le fornaci, specialmente durante la Prima guerra mondiale e, successivamente, dal 1935 fino al Secondo conflitto mondiale.
In sostanza, come ha sottolineato lo stesso Tomasi, “il territorio dava da vivere” e a testimoniarlo, in maniera documentata, ci sono ben 6 mila anni di storia.
Un patrimonio culturale locale di cui la Soprintendenza si è occupata attraverso un percorso a tappe, come spiegato dalla funzionaria Benedetta Prosdocimi: già nel 1987 è avvenuto un recupero consistente di reperti in ceramica, in grado di restituire una certa valenza storica del territorio ed è stato un fatto che ha portato nel 1991 all’emanazione di un provvedimento di tutela del sito.
La campagna di scavi è in seguito proseguita a più riprese, nel 1992-1993 e nel 1997: la conclusione degli studi è stata la constatazione della presenza di un insediamento di sponda in epoca preistorica. Scavi che anni dopo, nel 2016, hanno condotto alla scoperta di alcuni pali di legno, tra le sponde del lago dal versante di Tarzo.
Una nuova fase di scavi si è poi aperta nel 2019 e proseguirà con il coinvolgimento di studenti e ricercatori provenienti dagli atenei partner del progetto, che hanno beneficiato dei fondi messi a disposizione dalle amministrazioni di Tarzo e Revine Lago, dell’aiuto di alcuni sponsor e del Comune di Conegliano, ieri sera rappresentato dal vicesindaco Claudio Toppan.
Scavi che hanno incrementato un approccio di tipo innovativo e scientifico, grazie anche a una serie di indagini subacquee e all’incrocio di dati ambientali con quelli di carattere archeologico-antropico, concentrati sui laghi di San Giorgio e Santa Maria, per i quali c’è ancora molta attesa: al momento sono emersi scarti di lavorazione, frammenti di macine in pietra, molari di bovini e resti archeobotanici.
Tutti “oggetti utili per fare un confronto con il nostro quotidiano”, è stato il commento dell’archeologa Maura Stefani del Parco archeologico del Livelet, la quale ha dimostrato l’interesse della comunità per l’argomento, citando le ben 20 mila presenze nello stesso Parco solo nel 2019: una realtà sostenuta, come promotori, dal Comune e dalla Pro loco di Revine Lago, dalla Provincia di Treviso, dall’Unpli e dal Consorzio Quartier del Piave.
“Un progetto dalla grande valenza, visto il patrimonio del territorio. L’obiettivo è di dare al territorio stesso uno slancio diverso”, è stata l’osservazione condivisa dal sindaco di Revine Lago Massimo Magagnin e dall’assessore alla Cultura del Comune di Tarzo Michela Cesca.
(Fonte: Arianna Ceschin © Qdpnews.it).
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