Come è stata la condizione della donna nel corso dei secoli? In passato come viveva? Ha influito l’ambiente sociale sul suo status?
Sono solo alcune delle domande a cui Federica Fontana, docente all’Università di Ferrara, ha dato risposta ieri, giovedì 18 maggio, durante il secondo appuntamento della rassegna “Impronta” nel Comune di Revine Lago, dal titolo “Essere donna nel paleolitico: ipotesi attraverso le testimonianze archeologiche”.
L’incontro, tenutosi nell’ex chiesa di San Giorgio nella località di Lago, ha messo in luce quanto i reperti archeologici siano una valida risposta per ricostruire il contesto socio-antropologico di migliaia d’anni fa.
Nel caso specifico della condizione femminile, proprio tali reperti forniscono degli indizi su quella che era la presenza (e la qualità della presenza stessa) delle donne nella società.
Le prime ipotesi su tale argomento nascono a partire dai reperti funerari e quelli femminili sono dominanti, oltre che vari.
Il tema della fecondità e della riproduzione, gli attributi sessuali femminili sono soltanto alcuni degli aspetti che vengono di più enfatizzati in tali reperti. Aspetti che vengono ad esempio riassunti dalla Venere di Willendorf, rinvenuta in Germania nel 1908 ed esposta a Vienna oppure dalla Venere scoperta a Laussel (Francia) nel 1911, un bassorilievo raffigurante una donna con la testa avvolta da una sorta di cappuccio.
Reperti che forniscono degli indizi su quelle che sono le abitudini quotidiane e all’abbigliamento indossato (come ad esempio i copricapi con sopra delle conchigliette), senza dimenticare riferimenti all’aspetto fisico (in particolare, alle natiche e al ventre).
Sono vari i ritrovamenti archeologici fatti nel tempo, con figurine femminili modellate su materiali diversi, su cui ci sono anche ipotesi di autorappresentazione. Analizzate anche le rappresentazioni con impronte di mani (attribuibili non solo a donne, ma anche a bambini): elementi che fanno pensare sia alla possibilità che alle donne fosse concesso creare delle opere (a differenza di altre epoche storiche successive) sia al fatto che i luoghi del tempo fossero frequentati da tutti, senza esclusioni sociali.
Le sepolture paleolitiche, inoltre, mostrano quanto non ci fosse al tempo alcuna differenza tra la tumulazione di uomini, donne e bambini, con la possibilità di particolari rituali sepolcrali.
Sepolture che gettano poi luce su varie figure di donna, tra cui quella delle donne guerriere e delle sciamane.
Risulta evidente, quindi, secondo quanto illustrato dalla docente universitaria, che nel Paleolitico ci fosse maggiore uguaglianza tra uomo e donna, dovuta al ruolo della procreazione affidato alla donna. Il passaggio al patriarcato avvenne durante il Neolitico, anche se si tratta ancora di ipotesi che necessitano di una conferma definitiva.
“La storia l’hanno scritta molti uomini – ha spiegato Fontana – Fattori biologici e culturali hanno inciso e incidono ancora oggi sul tema della condizione della donna. Nell’antichità c’erano varie società in cui il ruolo della donna era significativo. Sicuramente è rilevante che tra i ritrovamenti archeologici sia numericamente dominante la presenza di statuette femminili (rispetto a quelle maschili), con un valore ideologico molto forte”.
“Nel Paleolitico l’importanza delle nascita era sicuramente importante – ha proseguito – Ci sono contesti sociali diversi e vari modi per interpretare gli stessi aspetti in società diverse”.
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