Sono trascorsi ottant’anni dall’alba di quel 14 ottobre 1944 in cui quattro giovani partigiani vennero uccisi in una casera a Refrontolo: si tratta dei fratelli e conti Giuseppe (nome di battaglia “Claudio”) e Gino (“Tiberio”) Agosti di Mareno di Piave, Claudio Dal Bo (“Bianco”) e Gianni De Polo (“Nino”) di Vittorio Veneto, tutti appartenenti alla Brigata Piave.
Quel giorno si consumò uno dei più drammatici episodi della lotta partigiana: un reparto di repubblichini di Conegliano, rinforzato da contingenti fascisti, arrivò sul posto in cui si trovava il gruppo di partigiani (tutto avvenne grazie alla soffiata di una spia), per mettere in atto una spedizione punitiva organizzata al seguito di un attentato, in cui era rimasto ferito il commissario prefettizio di Conegliano.
I repubblicani e i fascisti diedero alle fiamme la casera (che comprendeva anche una stalla), all’interno della quale si trovavano sette partigiani: tre di questi riuscirono a fuggire, mentre i quattro citati furono costretti a uscire. Una volta all’esterno, vennero travolti e uccisi da una raffica di mitra.
Il parroco di Refrontolo, don Carlo Ceschin, fece trasportare i corpi dei quattro giovani nella cella mortuaria del cimitero e le salme vennero poi condotte a Mareno di Piave.
Una lapide, posta nel 1971 sulla facciata della casera, ricorda quanto avvenuto.
La commemorazione
Questa tragica storia è stata ricordata ieri mattina, di fronte alla Casa dei Patrioti in via dei Patrioti a Refrontolo, il luogo in cui si consumò questo efferato eccidio.
Un’iniziativa frutto della collaborazione dei Comuni di Refrontolo, Mareno di Piave e Vittorio Veneto, con la Sezione Ana di Conegliano.
L’appuntamento ha visto la partecipazione di gruppi Alpini, Bersaglieri, Alpini, AVL (Associazione Volontari della Libertà), FIVL (Federazione Italiana Volontari della Libertà), l’Arma Aeronautica (sezione di Treviso), i rappresentanti delle Forze dell’Ordine, il comandante dei Carabinieri di Pieve di Soligo Andrea Bo, il sindaco di Refrontolo Mauro Canal, i primi cittadini di Vittorio Veneto e Mareno di Piave, rispettivamente Mirella Balliana e Andrea Modolo, l’assessore di San Pietro di Feletto Loris Dalto e il vicesindaco di Pieve di Soligo Giuseppe Negri, Marco Zabotti in qualità di componente del direttivo dell’A.V.L. (Associazione Volontari della Libertà).
Ospiti speciali Nicla e Gianni De Polo (omonimo dello zio partigiano), rispettivamente cognata e nipote di quello stesso Gianni De Polo che perse la vita nel 1944.
Dopo la Santa Messa celebrata da don Roberto Camilotti e monsignor Luigino Zanco e la deposizione della corona d’alloro ai piedi della lapide commemorativa, sono state lette alcune lettere scritte all’epoca ai familiari dallo stesso Gianni De Polo, diciannovenne vittoriese, residente nel quartiere di Ceneda, a pochi passi dalla cattedrale ed esponente di spicco dell’Azione Cattolica diocesana, al quale è stato anche dedicato il volume scritto da monsignor Rino Bechevolo intitolato proprio “Gianni De Polo” (Tipse).
Le letture sono state possibili grazie alle voci di Alessandra Prato e Gianni Moi.
“Io porto il nome di mio zio: mio padre, Renzo, era suo fratello – ha raccontato Gianni De Polo – Mio padre stravedeva per questo fratello maggiore, morto troppo giovane: ricordo che in famiglia faceva fatica a parlare di quello che era successo, all’epoca dell’uccisione del fratello aveva soltanto 14 anni”.
“La realtà è dura, molto dura, ma non durerà in eterno”, le parole di Gianni De Polo scritte nelle sue lettere alla famiglia, che si accompagnano ad altre più tragiche: “È terribile a quest’età pensare alla morte, ma è necessario”. Parole che si affiancavano ad altre usate per tranquillizzare i genitori e fare delle raccomandazioni alla sorella Francesca e al fratello Renzo.
“Dalle lettere di Gianni De Polo emerge la figura di un ragazzo con degli ideali solidi – le parole del sindaco Canal – Ringraziamo questi quattro partigiani che hanno contribuito a consegnarci un Paese libero”.
“Questa non è la classica cerimonia, – ha osservato il sindaco Balliana – ma è carica di tanta emozione e riconoscimento verso questi quattro ragazzi, dall’elevato contenuto di valori. Credo che uno dei luoghi simbolo sia questo: il nostro compito è quello di portare avanti un ricordo, che sta alla base delle nostre azioni quotidiane. C’è la necessità di far venire più ragazzi possibili a questo monumento”.
“I fratelli Agosti erano figli del presidente del Tribunale di Treviso (deceduto giovane) e di Cecilia Maltese (morì dopo la Seconda Guerra mondiale, nel 1947, a 56 anni, ndr) – la premessa fatta dal sindaco di Mareno di Piave Andrea Modolo – Facevano parte dell’aristocrazia terriera e, pur essendo morti giovani, hanno comunque avuto una discendenza di uomini liberi che non si piegano all’oppressore”. Modolo ha ricordato che sono stati a loro intitolati il centro culturale e la strada principale di Mareno di Piave.
Marco Zabotti ha osservato quanto la cerimonia rappresenti “la vittoria della vita sul tempo”. “Quest’anno sono 80 anni dall’eccidio – ha proseguito – Ricordiamo questa giovinezza che ha dato tutta se stessa per degli ideali alti e lo stiamo facendo coralmente. Si tratta di una memoria perenne e non occasionale, per cui il tempo non è trascorso invano”.
“Le lettere di Gianni De Polo sono un’icona di una generazione che vive un’inquietudine: la loro vita ad un certo punto diventa un sacrificio – ha aggiunto – Sono giovani non bellicosi, ma che capiscono che devono mettere in piedi il loro ideale: è il sogno di una fede che si fa azione. Una tragedia attorno alla quale c’è stata l’umana pietà, grazie all’intervento di don Carlo Ceschin di Refrontolo, monsignor Pietro Stefani della cattedrale di Ceneda e don Giacomo Capraro, assistente dell’Azione cattolica di Vittorio Veneto, nonché confidente di Gianni De Polo. Ci raduniamo qui, quindi, in una sorta di pellegrinaggio civile“.
La cerimonia di ieri si è inserita all’interno di un vero e proprio percorso di “Memoria del nostro territorio”, così come è stato ribattezzato.
Un percorso che ha compreso lo scorso sabato l’inaugurazione della mostra “L’Alpin l’è sempre quel” al Museo degli Alpini di Conegliano (dove un diorama narra anche la storia dell’eccidio) e proseguirà mercoledì 30 ottobre alle 20.30, con la conferenza “Sulle tracce dei conti Agosti”, in programma al Centro culturale “Conti Agosti” di Mareno di Piave.
A tutto ciò si è aggiunta la cerimonia religiosa dello scorso 14 ottobre (nel giorno dell’80esimo anniversario della tragica morte), celebrata nella cripta della Cattedrale di Vittorio Veneto, presieduta dall’arciprete monsignor Graziano De Nardo e concelebrata da don Alessio Magoga.
Alla fine del rito, i partecipanti hanno raggiunto il cippo commemorativo posto all’esterno della chiesa, che da dieci anni ricorda a tutti il sacrificio dei cenedesi Gianni De Polo e Claudio dal Bo, ricordati nell’occasione come i “ribelli per amore”, citati nella preghiera del beato Teresio Olivelli.
Un percorso della memoria, quindi, che è destinato a tenere vivo il ricordo di chi ha dato la vita per la libertà
(Autore: Arianna Ceschin)
(Foto e video: Arianna Ceschin)
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