“ZAUBERKRAFT, l’ovale perfetto secondo Andrea Zanzotto”. Al Careni lo spettacolo teatral-musicale

Debutta venerdì 21 ottobre alle 20.45 al Teatro Careni di Pieve di Soligo lo spettacolo teatral-musicale “ZAUBERKRAFT, l’ovale perfetto secondo Andrea Zanzotto”, un’opera poetica per attore e banda musicale. Il progetto nasce dall’incontro artistico tra l’ideatore Sandro Buzzatti, Marta Dalla Via, Luigi Vitale, la neonata Banda Larga delle Prealpi Trevigiane, le associazioni Cikale Operose e Echidna/paesaggio culturale con la Città di Pieve di Soligo che ha finanziato la produzione, la Regione del Veneto, il Comune di Cison di Valmarino che ospita la residenza artistica, partner Assicurazioni Generali e Lanificio Paoletti.

Un vero team creativo e produttivo e un progetto culturale di territorio, solidale e nato dal basso, integrato tra soggetti pubblici e privati, per una sfida culturale ad alto tasso di valore sociale, ovvero “portare la poesia in mezzo alla gente e far sostare la gente in mezzo alla poesia è la spinta fondante di questo progetto. Le parole possono essere formule magiche che accendono luoghi e persone. Zauberkraft è il nostro abracadabra”.

“Molti anni orsono – racconta Sandro Buzzatti – affiancando alla mia formazione teatrale la frequentazione assidua di P.P.Pasolini, R. Pascutto, Franco Loi, Andrea Zanzotto e infine Luciano Cecchinel, maestri di poesia in grado di portare la lingua materna, il dialetto, ai gradi più alti della nostra letteratura, mi convinsi che la loro lezione era proprio quella di ri-portare il corpo e l’anima della parola nel bel mezzo dell’agorà, della piazza: il mercato, le osterie, la gente della contrada. Nei luoghi, insomma, dove la lingua parlata si nutre e muta seguendo i moti e gli accadimenti intorno, come doveva essere stato al tempo delle Sibille, del passa-parola, diremmo oggi. Ed è tempo di provarci”.

“Immaginate di scendere nella piazza del paese – dice Marta Dalla Via – e trovarci un enfant prodige che legge, che scrive, che gioca con i caratteri mobili della vicina tipografia e ammalia la gente. All’inizio soprattutto zie, nonne, persino la maestra! Poi sconosciuti, un pubblico più ampio, più alto, più lontano. Immaginate di scendere nella piazza del paese e scoprire che il fruttivendolo, la sarta, l’oste mentre lavorano citano a memoria poesie scritte da quello che bambino non è più ma il cui prodigio è rimasto. Immaginate un luogo siderale immerso nel silenzio e nella foschia. Un pezzo di luna cade dal cielo, tutto diventa rosso e ci sentiamo, all’improvviso, nel mezzo di una scena del crimine. Un delitto è stato commesso. Qualcuno ha preso a coltellate l’ovale perfetto? La luna? La poesia? Questo tempo? Siamo rimasti tutti feriti ma proviamo a curarci con un po’ di polvere di cicale e Zanzotto”.

Per permettere a tutti di entrare in questo Eden della lingua Matria, si userà una chiave speciale. Una tradizione orale molto diffusa in tutto il territorio veneto e declinata in tanti idiomi e idioletti: la fiaba del Barba Zhucòn. Una favola che mette in luce una relazione di genere che prevedrebbe un maschio-orco, una madre e una figlia come potenziali vittime di una sopraffazione ma che, invece, si rovescia facendo emergere un duo femminile pregno di coraggio e astuzia. Sono donne che oltrepassano i confini predefiniti dalle convenzioni sociali arrivando a ridicolizzare la fonte delle loro paure; il tutto tra frittelle, cuscini, spini e un vortice di ritmo lessicale indimenticabile.

Come mai Zanzotto ha scomodato la sua penna per riscrivere a suo modo una storia così largamente conosciuta? La Nene della Cal Santa, la Maria Carpéla, la Marieta Tamóda, e ancora la Pina, la vedova Bres, la Urora, la Eta, la Teresa… la Marisa, un esercito di umanissime muse andranno a nutrire uno stomaco collettivo. Uno stomaco che è digiuno di bellezza, di ispirazione forse da quando l’irraggiungibile luna, musa secolare della poesia, è stata toccata, violata, da quell’astronave, ironicamente chiamata Apollo.

Ora che la porta è aperta bisogna entrare e sentirsi a casa. Per fare questo passeremo dalle Muse alla loro arte: la Musica. La banda musicale, espressione ancora una volta di un sentire popolare legato all’agorà, è parte integrante di questa drammaturgia. Come un coro greco, ascolta l’attore e respira insieme a lui in un dialogo che riesce a farci sentire adulti coraggiosi che anelano alle più alte vette della poesia ma anche bambini che parlano in petèl, che hanno paura e cercano la mano di un genitore che, come in ogni fiaba, li guidi fuori dal fitto bosco. Nel nostro caso la neonata Banda Larga delle Prealpi Trevigiane presieduta da Flavio Bortolomiol e diretta dal m.o Luigi Vitale, debutta nel suo cammino di rilancio e innovazione della produzione musicale bandistica. La presenza di Antonio Panzuto per le scene e di Sonia Marianni per i costumi completano l’allestimento. Le due associazioni culturali indipendenti curano la produzione, l’organizzazione e la promozione del progetto.

È di una duplice fisiologia il corpo naturale di questo progetto, infatti oltre a girare piazze e teatri con la Banda Larga, questa drammaturgia verrà portata al coinvolgimento di ogni altra banda musicale la volesse sperimentare, e grazie ad una breve residenza artistica, portare lo spettacolo alle proprie comunità di riferimento: in Veneto e ovunque.

“Con quest’opera teatrale originale e innovativa che sceglie il registro della coralità – afferma il vicesindaco di Pieve di Soligo Luisa Cigagna -, si porta in scena una parte della geografia umana, quella femminile, racchiusa nei versi e nelle prose di Andrea Zanzotto. Presenze care tracciate con acutezza e ironia, protagoniste della semplice quotidianità della “contrada magica” Zauberkraft oppure di vicende fantastiche o eclatanti nella loro tragicità. Un mondo di piccole e grandi muse che prende vita sul palcoscenico, nella magia che il teatro riesce sempre a creare, grazie alla voce dell’attore e della musica degli strumenti bandistici”.

(Foto: Facebook).
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