Tanta soddisfazione quella che si è respirata sabato 4 giugno a Pieve di Soligo, nella splendida cornice di Villa Brandolini: alla presenza di numerosi autori e di ospiti di eccezione si è infatti inaugurata l’undicesima edizione del Festival F4 Un’idea di Fotografia, che riunisce i lavori dedicati al tema del paesaggio di alcune delle più interessanti figure della fotografia contemporanea di ricerca insieme alle opere di due consolidati maestri della fotografia italiana e internazionale, curata e presentata dall’esperto Carlo Sala.
La mostra ha visto il supporto, come tutte le scorse edizioni, del comune di Pieve di Soligo e della fondazione Fabbri: “Faccio semplicemente i miei ringraziamenti partendo ovviamente dal Comune di Pieve di Soligo che ci ospita qui in questa location meravigliosa, ringrazio la Regione del Veneto e la provincia di Treviso per il patrocinio all’iniziativa e gli organi istituzionali, come il Cda della Fondazione” ha aperto Carlo Sala, passando la parola a Luisa Cigagna, vicesindaco della città, che ha fatto un’interessante riflessione riprendendo una citazione di un grande paesaggista francese: “”Alla domanda “cos’ è il paesaggio?” si può rispondere che è ciò che conserviamo nella memoria dopo aver smesso di guardare”: ecco Andrea Zanzotto è stato il poeta del paesaggio, intrecciandolo al linguaggio in maniera strettissima e credo che con le opere di oggi possiamo tuffarci in una percezione della realtà e paesaggio proprio attraverso lo sguardo dei singoli autori”.
La parola è passata al consigliere regionale Tommaso Razzolini che ha ricordato ai presenti come la spinta culturale debba partire dalla comunità soprattutto ora che il territorio è stato riconosciuto patrimonio Unesco: iniziative di spessore come queste, fa sapere, portano a un costante miglioramento dell’offerta turistica e culturale che contribuiscono a rendere tutta l’area una meta interessante sotto ogni punto di vista.
A seguire ha preso la parola la delegata della Provincia di Treviso, Martina Bertelle, che ha portato i saluti del presidente Stefano Marcon: “Questa mostra è particolarmente bella anche per chi vive il territorio tutti i giorni perché si scoprono diverse prospettive e punti di vista, e la possibilità data da questa mostra di vedere quello che abbiamo sotto gli occhi è bello e nuovo anche per noi, non solo per chi viene a visitarci”.
“Questa mostra – ha confermato Alberto Baban, presidente della Fondazione Fabbri – è il nostro fiore all’occhiello perché vogliamo promuovere la cultura e il territorio e questa mostra non fa eccezione. È bello perché attraverso le fotografie di questi autori riusciamo a comprendere qualcosa che non vediamo, ognuno ha una sua interpretazione quindi riusciamo a vedere come la vedono gli altri. È una lettura estremamente difficile perché ognuno interpreta il paesaggio e la cultura a modo proprio”.
Nel concreto, il festival si muove in due assi espositivi: da una parte la mostra “Fosfeni”, dedicata ad Andrea Zanzotto con un approccio però totalmente anti filologico: è una riflessione del rapporto tra fotografia e paesaggio, declinato attraverso una pluralità di visione contemporanee che spaziano dalla narrazione documentara alle ricerche sperimentali.
Il titolo della mostra richiama quello dell’omonima raccolta di versi di Zanzotto: “Mi piaceva questa metafora dell’incapacità di vedere in modo preciso oggettivo come appunto metafora di vedere oltre, guardare altrove, di non fermarsi alla realtà davanti a noi. La mostra vuole parlare proprio di questo, portare alla riflessione sulla relazione tra paesaggio e percezione” ha spiegato Sala.
In questa prima sezione sono presenti le opere di !2 autori, che passano da immagini grandi e che raffigurano il reale ad altre che disgregano lo sguardo, sempre meno oggettive. La seconda mostra invece, The Image as Process, si è basata su un gioco di temi, l’immagine infatti, come ha spiegato Sala, è un processo: continua a prendere significati diversi a seconda del contesto in cui ci si trova quando la si osserva.
Questa seconda mostra vuole avvolgere lo spettatore in un flusso di immagini, facendolo entrare in un vortice dove deve cercare tutte le connessioni possibili.
“Le immagini infatti sono la chiave di lettura della realtà e del presente, forse anche della costruzione del futuro. Se riusciamo a leggere i palinsesti visivi siamo persone piu capaci di leggere e interpretare il nostro futuro” ha concluso Sala.
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