In quel lontano 1956… la nascita dello Spiedo Gigante. “Bastava una porzione per sentirsi felici”

L’idea di uno spiedo gigante a Pieve venne in mente a Domenico Zorzi, detto Memi, futuro segretario della Pro Loco, ancora nel 1954, anno in cui egli cominciò a sperimentare un “settore” dello spiedo che aveva fatto costruire dalla ditta “Fogheto” (Collet), dal quale l’anno seguente fu ricavato “in scala” un modello in legno dalla ditta Chiavegato e Susanetto.

Era una sera di mezza primavera del lontano 1956. Presso il Castelletto di Pedeguarda, nel  celebre locale di “mastro Poldo”, al secolo Leopoldo Nardi, ci si attardava a chiacchierare fino a tardi: c’erano, tra gli altri, Ettore Baratto, futuro presidente della Pro Loco di Pieve istituita nel 1956, e Zorzi. Si parlava di feste paesane e il Prosecco contribuiva a illuminare la fantasia. Si decideva, proprio quella sera, di metter fine agli “esperimenti” e di dar vita ufficialmente ad uno “spiedo gigante” da farsi nella Piazza di Pieve la terza domenica di ottobre: Zorzi e Baratto sarebbero stati la mente, Poldo il braccio.

Dal modello in legno venne realizzato lo spiedo in ferro di 10 metri, composto da oltre 60 schidioni, che per molti anni fu utilizzato per la grande festa in piazza, prima di essere sostituito dall’attuale spiedo in acciaio inossidabile.

E così Poldo divenne il grande cuoco dello spiedo gigante di Pieve. Lo avrebbe fatto per oltre vent’anni, dal 1956 al 1977, quando sarebbe subentrato l’altrettanto bravo Ezio Antoniazzi.

Così ricorda i primi anni della manifestazione Pierino Gerlin, classe 1951, che ancor ragazzino collaborò all’iniziativa seguendo il padre Antonio, segretario-cassiere della Pro Loco.

Lo spiedo veniva allestito due-tre giorni prima davanti all’edificio delle Scuole elementari, ora Municipio, dal dipendente comunale Santo Cesca e dai suoi “stradini”. La Piazza era ancora sterrata.

Gli uccelletti erano circa 3 mila, procurati in parte dai cacciatori locali. Gli uccelli dal becco gentile venivano distribuiti nelle varie famiglie per essere spennati e “stuinati”. In seguito sarebbero stati sostituiti prima dalle “panigase” e poi dalle quaglie.

C’era grande festa in paese, con una folla strabocchevole che giungeva anche dal Trevigiano, dal Veneziano, dal Padovano. Per non sottrarre clienti allo Spiedo, se la Pievigina Calcio avesse avuto il turno in casa veniva “costretta” a giocare in trasferta.

Visto il grande traffico, il vigile locale Bepi Meneghel aveva il suo daffare ed era coadiuvato da due vigili chiesti “in prestito” da Treviso. Il Luna Park era molto sobrio: una pista per autoscontri e un tiro a segno.

L’accensione dello spiedo, sotto la direzione di Poldo, avveniva alla presenza del sindaco Francesco (Nino) Fabbri e della cantante lirica Toti Dal Monte.

Se oltre 3 mila erano gli uccelletti cotti in Piazza, molti di più erano quelli degustati nelle varie trattorie di Pieve: dalle Beraldine al Leon d’Oro, da Toni “sote la loda”, dalla Irma all’Alpino, da Bruno alla Colomba, da Baldo dei Cavasin, dal Gallo da Arcangelo e presso la locanda alla Posta dalla Resi Pavan dove Lino, il futuro illustre Lino Toffolin, faceva il cuoco.

Lo spiedo veniva distribuito alle 17. Una porzione costava 100 Lire e comprendeva un uccelletto, una razione di polenta, una “lardèa” e un’ombra di vino, quest’ultima  consegnata da un piccolo chiosco verde presso la fontana centrale.

Lo spiedo era delimitato dalla Piazza da una fila di banchi delle scuole elementari allineati, dove si distribuivano i biglietti per la prenotazione. Gli inservienti facevano la spola tra i banchi e la cucina situata nell’androne delle Scuole dove si preparavano le porzioni. Dietro le quinte in cucina coordinava il tutto la signora Elsa Baratto, moglie del citato Ettore, che esercitò con passione questa preziosa mansione anche in tarda età finché le forze glielo consentirono.

Verso sera la ressa lentamente diminuiva e allora veniva il momento di quelli di Combai che, aggiungendo “fassine”, alimentavano ulteriormente il fuoco dello spiedo, ma per cuocere le loro castagne. La sagra dei Marroni non aveva ancora preso piede e i “Combajot” usufruivano della notorietà dello spiedo per reclamizzare il loro prodotto.

Verso le ore 20 cominciava la tombola, seguita dai fuochi d’artificio. Gli anziani ricordano con nostalgia i primi anni di questa manifestazione autunnale. Si era da poco usciti dalle rovine della guerra. C’era tanta voglia di ricominciare e di divertirsi, anche con poco, in un clima festoso. Bastava una porzione di spiedo per sentirsi felici.

(Autore: Prof. Enrico Dall’Anese).
(Foto: Angelo Zorzi).
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