Chi è passato in centro a Pieve di Soligo in pausa pranzo, ieri, mercoledì 1 settembre, avrà notato nel parco pubblico di Piazza Caduti nei Lager un uomo, attrezzato con uno strumento che da distante sarebbe potuto sembrare un decespugliatore, che faceva su e giù per il prato e che in alcuni punti si fermava a cercare qualcosa nella terra: si trattava di un cercatore di tesori, munito di metal detector, che per hobby si dedica alla ricerca di oggetti perduti nei luoghi pubblici della Marca trevigiana.
Siamo abituati a sentir parlare di quest’attività in relazione alla ricerca di reperti storici e militari, come proiettili, bossoli, elmetti e altre reliquie, ma in questo caso il cercatore, proveniente dal basso trevigiano, ha dichiarato di interessarsi a tutt’altro: “Non avete idea di quanta roba si trova nei parchi pubblici – afferma – quante monete, gioielli e altri piccoli oggetti sia possibile ritrovare, collezionare o rivendere”.
Al di là, quindi, di un hobby, questo può anche diventare, con qualche colpo di fortuna, un’attività redditizia, sebbene il cercatore dichiara di aver anche riconsegnato oggetti personali, quando è stato possibile individuarne la provenienza.
Catenine d’oro e anelli d’argento, monete e accendini caduti durante una festa di paese o durante una semplice passeggiata col cane non sono l’unica tipologia di aggeggi che il metal detector, tramite un segnale sonoro, porta a ritrovare: la presenza di oggetti talvolta davvero assurdi e così lontani dal contesto a cui appartengono sono simbolo dell’inquinamento che si nasconde a pochi centimetri dal livello dell’erba o poco più in profondità. “La mia attività fa anche un po’ di pulizia – dichiara il cercatore, che ha preferito rimanere anonimo – quello che trovo e che non serve lo butto nell’immondizia”.
Le monete sono in assoluto i ritrovamenti più comuni, assieme ai tappi di acciaio, che sono invece fastidiosissimi per i cercatori: specialmente le lire, che si trovano in genere a profondità un po’ più elevate nel terreno, possono essere davvero numerose in un parco pubblico come quello di Pieve. “Cerco quasi sempre i luoghi dove c’è un tendone o dove ci sono molti locali, dove la gente sta di fuori anche con il buio e… perde le cose”.
L’attrezzatura per diventare un “detector” è piuttosto costosa, ma si possono fare i primi esperimenti già spendendo 200 euro. I modelli professionali, più efficienti, arrivano a costare anche 7-8 mila euro ma individuano anche piccoli oggetti in profondità.
Il cercatore, che in questo caso rilevava gli oggetti al massimo a 25 centimetri nel terreno, ha in genere due riferimenti, uno è sonoro e l’altro visivo, un indicatore che mostra una cifra relativa alla tipologia di metallo a cui ci si avvicina: in genere, il suono è più forte quanto più nobile è il metallo, ma in alcuni casi l’aggeggio trae in inganno, come nel caso dell’alluminio.
“A molti sembra un semplice lucrare – afferma il trevigiano, che prima di recarsi in una località, fa un sopralluogo nella location, studiandone le caratteristiche – ma si tratta di un hobby come un altro. Per quanto mi riguarda, la cosa più affascinante è cercare di ricostruire la storia degli oggetti perduti: dietro a ogni minimo aggeggio, ogni vite, ogni moneta c’è la vicenda di chi l’ha perso”.
(Fonte: Luca Vecellio Qdpnews.it).
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