Un piccolo volumetto, del quale ha fatto stampare un numero limitato di copie per omaggiare i suoi amici più cari. Si tratta dell’ultima fatica letteraria, per dirla sottovoce per non farlo arrabbiare, dello scrittore Dino De Lucchi, anima storica culturale di Levada, piccola frazione del Comune di Pederobba.
Il libro tascabile identifica il personaggio nei suoi racconti di storie vissute, leggende, di un mondo che non c’è più e che, a fatica, per quanti hanno vissuto quei tempi viene dimenticato.
Affamato di cultura, grande lettore di romanzi, riviste, cantore di tradizioni e sapienza popolare. “Prima che scrittore, gran lettore, appassionato di letteratura americana del ‘900, piuttosto che di saggi di filosofia e teologia tedesca e italiana”: questa la sintesi nel commento di presentazione del libro, da parte del professor Agostino Vendramin, che con De Lucchi divide molto di questi interessi culturali.
Nel libro vengono riportati i ricordi di famiglia, le feste più importanti dell’anno come la Pasqua e la magia del Natale, appuntamenti vissuti e condivisi nelle grandi famiglie, tradizioni definitivamente scomparse.
La bacchetta della maestra Pia alle scuole elementari, che entrava in scena quando un alunno sbagliava nello scrivere, o che copiava dai suoi compagni.
La parentesi di studio al Collegio Cavanis, dove si è formato sui grandi saggi di letteratura e filosofia in maniera autodidattica, alternando il lavoro allo studio.
Il lavoro in una fabbrica di scarponi da sci, con relativi pezzi da consegnare nell’arco delle otto ore, e nei ritagli di tempo libero, Dino lo impegnava a disegnare schizzi, o a comporre qualche piccola poesia.
Un giorno si mise in testa di fare uno scherzo ai suoi colleghi operai, recuperando un pacchetto di vecchi volantini che annunciavano al giovedì lo sciopero per il “Mezzogiorno” appendendoli nell’apposita bacheca riservata ai sindacati.
Il giorno seguente tre quarti degli operai rimasero a casa, chi andò al mercato, chi per andare a funghi vista la stagione. Il giorno dopo nell’incrociare il direttore si preparò al peggio.
“Bravo, ci hai risolto un problema visto che abbiamo un calo di lavoro per qualche giorno” fu la risposta del responsabile dello stabilimento. Dalla chiusura della fabbrica al nuovo lavoro a Cortina per la stagione estiva come giardiniere in un albergo.
Troppo poco il lavoro per uno come lui abituato al lavoro in fabbrica, tanto che non esitò a licenziarsi. L’esperienza della “naja” nella 3° Brigata missili a Elvas di Bressanone, una compagnia composta prevalentemente da laureati e diplomati, l’amicizia con i colleghi meridionali.
Dalla coltivazione dei campi, tra i più grossi coltivatori del Borlotto Nano di Levada, che in sinergia con la Confraternita del Fagiolo ha saputo dare visibilità al prodotto.
Ma soprattutto l’autore di molteplici storie, che vanno dalla civiltà contadina che ha saputo costruito borghi e chiese, ispirando leggende e proverbi sottolineate nelle pagine del libro, e la poesia dedicata alla sua frazione di Levada, all’interno di “Storie Belorie” dedicate in primis alla moglie Gabriella, la sua prima lettrice.
(Fonte: Giovanni Negro © Qdpnews.it).
(Foto: per gentile concessione di Dino De Lucchi).
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