Un fiume di persone si è riversato oggi pomeriggio, lunedì, nel Duomo di Oderzo per il funerale di Giovanni Colognese, il ventenne morto in seguito a un incidente stradale avvenuto la settimana scorsa a Gorgo al Monticano.
Oltre a mamma Luigina, papà Gianni e alla sorella Emma, a dargli l’ultimo saluto c’erano tanti, tantissimi giovani fra amici, ex compagni di scuola del Brandolini e della squadra Asd Evolution di Chiarano con i quali ‘Colò’ giocava a pallone. Mercoledì Giovanni stava andando proprio ad allenamento quando la sua Cinquecento si è schiantata contro un platano. Troppo violento l’impatto: il giovane è spirato poche ore dopo al Ca’ Foncello.
“Quel platano che ho visitato sabato mattina diventa come la siepe leopardiana che impedisce di vedere oltre, ma mi suggerisce un infinito silenzio, mi impaurisce, ma mi dona anche una profondissima quiete perché mi rimanda l’eterno” ha recitato nella sua omelia don Pietro Bortolini, parroco di Santa Maria delle Grazie in Conegliano ed ex parroco di Fratta di Oderzo, città natale di Giovanni, a cui la famiglia Colognese è unita da tempo “da stima e affetto profondi”.
A celebrare il battesimo di Giovanni nel 2003 fu proprio don Pietro che nel proprio diario, “dove segno i fatti della mia vita”, annotò le memorie di quell’evento, e prima ancora della nascita del ragazzo.
“Domenica 14 settembre del 2003: in settimana le campane hanno suonato a festa per dire che è nato Colognese Giovanni” scriveva il parroco in quella pagina di diario oggi riletta con la voce spezzata dalla commozione. “Due mesi più tardi, il 30 novembre, la prima di avvento, lo battezzai. Quell’acqua che gli ho versato sulla testa era un’acqua di vita eterna”.
Fra quelle pagine di memorie, don Pietro ha trovato un’altra testimonianza dell’amicizia con la famiglia Colognese: “Quando, piangendo, nel 2012 lasciai Fratta – ha proseguito nell’omelia – papà Gianni mi scrisse una lettera tenerissima”.
“Le auguriamo di trovare la serenità, la ricorderemo e le faremo visita nella sua nuova casa – scriveva la famiglia Colognese quando il prete si trasferì a Conegliano -. L’unico rammarico è che non sarà lei ad accompagnare Giovanni alla prima comunione”.
Sono parole dense di sofferenza ma anche di speranza quelle con cui don Pietro ha accompagnato i famigliari di Giovanni nel momento del sacrificio più doloroso e misterioso, “come quello di Isacco” che si affronta con “fede arrabbiata ma confidente”.
“Per me Giovanni resterà il bambino che ho battezzato, il ragazzo di cui ho ascoltato la prima confessione, il mio chierichetto. Perché la morte non spezza ma sublima le nostre attività e le nostre relazioni. A Giovanni vorrei dire: “Ragazzo non aver paura, di là ti aspettano lo zio Luigino e il tuo mitico nonno” ha concluso don Pietro trattenendo a stento le lacrime.
Dopo il parroco hanno preso brevemente la parola gli amici di “Colo’” del Brandolini, ricordandone la “vitalità, la leggerezza e la sensibilità”, ma anche i momenti di gioia vissuti assieme tra feste, partite di pallone e campeggi: “Continuerai a vivere in noi”.
“Ciao Giò Giò. Sei entrato nella nostra vita migliorandola in tutti gli aspetti, come una luce che ora brilla in cielo. Siamo felici di ogni attimo che sei riuscito a regalarci. Hai accolto tutti noi nel tuo grande cuore. Sappiamo che sorridi e che ci ascolti”.
Così la sorella Emma prima di riunirsi alla mamma, al papà e ai tanti amici di Giovanni nella lunga coda che ha accompagnato il feretro nel suo ultimo viaggio. Sopra la bara alcune magliette della squadra e dell’Inter posate dai compagni di calcio, ora intenti a darsi forza l’uno con l’altro, a cercare un senso di fronte all’ennesima giovane vita spezzata sull’asfalto.
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