Un patrimonio in rete: nasce il portale del distretto Sportsystem. Kristian Ghedina ospite d’onore (e presto in un docufilm)

Le pareti del Museo dello Sportsystem non custodiscono soltanto scarponi e attrezzi sportivi. Raccontano vite. Passione, ingegno, tentativi, successi, perfino cadute. Raccontano un intero distretto industriale e umano, che ora ha deciso di fare un passo ulteriore: rendere questa memoria accessibile, condivisa, digitale.

È stato presentato ieri, nella sede della Fondazione Sportsystem, il nuovo Portale di Public History nato in collaborazione con Made in Heritage: una piattaforma online che consentirà di esplorare il vastissimo patrimonio del distretto – oltre 8 mila testimonianze tra prodotti, documenti, fotografie, brevetti – e soprattutto di contribuire attivamente alla costruzione di nuove storie, in un’ottica partecipativa che coinvolge scuole, università, aziende, cittadini.

“È un portale, ma anche un invito. A raccontare, a ricordare, a tramandare”, ha spiegato Gianni Frasson, presidente della Fondazione. “Siamo il cuore pulsante di uno dei distretti più conosciuti al mondo, ma spesso non siamo capaci di comunicarlo. Questo strumento serve proprio a questo: a dire chi siamo, con orgoglio, e a costruire insieme il nostro futuro”.

A sostenere con forza il progetto anche il sindaco di Montebelluna Adalberto Bordin, che ha ribadito l’importanza strategica della Fondazione per il territorio: “Non stiamo parlando solo di scarponi o di marchi famosi. Stiamo parlando di eredità collettiva, di ciò che siamo e di cosa vogliamo diventare. Digitalizzarla, aprirla, condividerla è un atto di responsabilità e lungimiranza”.

Intervista al sindaco Adalberto Bordin

L’idea di fondo è semplice quanto rivoluzionaria: non un museo chiuso, ma una piattaforma aperta. Non solo esposizione, ma narrazione condivisa. Dove la memoria del passato si intreccia con la visione del futuro.

Il titolo della conferenza di presentazione è stato emblematico: I patrimoni dello sportsystem: valorizzazione digitale e coinvolgimento dei pubblici. Perché in questo caso il patrimonio non è solo materiale: è fatto di persone, visioni, fatiche, territori.

E a ricordarlo, con la consueta energia, è stato l’ospite d’onore dell’evento: Kristian Ghedina, leggenda dello sci alpino italiano. Dopo aver condiviso con il pubblico i ricordi della sua infanzia tra le Dolomiti, degli allenamenti durissimi, della dedizione assoluta allo sport, l’ex atleta azzurro ha evidenziato l’importanza di custodire la propria storia: “Col tempo ho capito che i ricordi non bastano. Bisogna conservarli, raccontarli, farli vivere. E oggi abbiamo gli strumenti per farlo davvero bene”.

Intervista a Kristian Ghedina

Ghedina ha anche anticipato un progetto che lo vedrà protagonista nei prossimi mesi: un docufilm sulla sua carriera, in preparazione per Milano-Cortina 2026, insieme a Paolo De Chiesa. “Lo sport è identità, è cultura. E se vogliamo che le nuove generazioni capiscano cosa significa crescere in un territorio come questo, dobbiamo raccontarglielo”.

Il progetto del portale – già attivo e destinato ad ampliarsi nei prossimi mesi – è stato illustrato da Emilio Quintè, di Made in Heritage, che ha spiegato come la digitalizzazione sia un processo ben più profondo della semplice scansione di documenti: “Digitalizzare significa trasformare la memoria in risorsa generativa. Creare connessioni. Rendere un archivio accessibile e vivo. E oggi, diciamolo con chiarezza: esiste solo ciò che è ricercabile in rete”.

Una riflessione che apre a una dimensione più ampia: la digitalizzazione come atto culturale, come passaggio necessario per rendere fruibile – e dunque vivo – ciò che appartiene al passato.

È da questa consapevolezza che nasce la metafora al centro della visione di Quintè: quella della “transizione di stato”. Un passaggio, come lui stesso la definisce, “da una stanza all’altra, da un modo di essere a un altro”. Un’evoluzione non solo tecnologica, ma anche concettuale e identitaria.

Per rendere più chiara questa idea, Quintè utilizza una metafora fisica: “Pensiamo all’acqua. Ha molte caratteristiche, ma una in particolare è interessante per noi: può diventare forza motrice. Tuttavia, perché ciò accada, è necessario che cambi stato. Deve passare da liquido a vapore. Solo così può generare energia, alimentare macchinari, diventare forza attiva“.

Lo stesso vale per il patrimonio culturale, storico, industriale. Per essere davvero valorizzato, deve attraversare un cambiamento di stato, una trasformazione che lo porti dalla staticità alla dinamicità, dall’archivio chiuso alla piattaforma interattiva, dalla memoria conservata alla risorsa condivisa. Ed è qui che entra in gioco il concetto che Quintè definisce “il ponte del tempo”: un ponte simbolico che collega passato e futuro, rendendo il primo una base fertile per generare il secondo.

“È questo il cuore del nostro approccio: capire quale tipo di transizione sia necessaria affinché l’Heritage – l’eredità del passato – possa diventare elemento di innovazione”. In questo percorso, la tecnologia non è il fine, ma lo strumento. Lo scopo è molto più ambizioso: costruire un presente in cui la memoria non venga semplicemente custodita, ma attivata, resa generativa, capace di parlare nuove lingue e di abitare nuovi spazi.

Uno strumento, quello tecnologico, che nella fase di digitalizzazione del patrimonio richiede l’impiego di macchine e tecniche elaborate, spiegate con dovizia per l’occasione da Marco Grossi e Remko Bigaj. Questa trasformazione avviene attraverso la digitalizzazione, che comporta la creazione di una rappresentazione digitale dell’oggetto fisico. La digitalizzazione si compone di due elementi fondamentali: i metadati e l’oggetto digitale.

I metadati sono le informazioni testuali associate a un oggetto: l’anno di produzione, i materiali, le dimensioni, e così via. L’oggetto digitale, invece, è la scansione vera e propria. Questi due elementi vengono uniti in una scheda descrittiva e conservati nelle cosiddette digital libraries, archivi digitali collegati agli oggetti dell’archivio storico.

Solo a questo punto si può parlare di pubblicazione online. Attraverso l’OPAC – Online Public Access Catalog – il materiale diventa ricercabile e consultabile da chiunque.

OPAC non è solo un catalogo. Può essere arricchito da funzionalità che chiamiamo Public History: strumenti che permettono il coinvolgimento attivo del pubblico, anche di chi non è archivista. Funzionalità pensate per creare interazione, per trasformare la consultazione in partecipazione. Il risultato è una piattaforma capace non solo di preservare la memoria, ma di renderla condivisa, collettiva, dinamica. Un’eredità che non resta chiusa in un archivio, ma si apre al futuro.

Una condivisione resa possibile grazie al lavoro a monte dell’archivista Alice Vivian, che ha sottolineato: “Si tratta di un lavoro di catalogazione e di conoscenza del patrimonio che è ancora agli inizi. Solo una piccola parte del patrimonio è stata iscritta in maniera approfondita, ma già nel poco lavoro che abbiamo fatto ci sono dei grandissimi risultati”.

“Noi siamo un museo di distretto. Significa che uniamo le testimonianze di tante aziende operanti nello stesso territorio e settore, raccontando l’evoluzione dei prodotti, delle tecniche, del know-how. È un patrimonio condiviso, e oggi finalmente anche digitale.”

Intervista a Francesca Sfoggia

A chiudere l’incontro le parole di Francesca Sfoggia, curatrice della Fondazione, che ha voluto riportare l’attenzione sul lavoro quotidiano che ha reso possibile questo traguardo.

Sfoggia ha ricordato che l’inizio di questo imponente lavoro è stato possibile grazie a un finanziamento ministeriale legato al PNRR, destinato alla transizione digitale delle istituzioni culturali: “Siamo saltati su questo cavallo al volo, perché nel nostro settore i finanziamenti non abbondano. Grazie a questo bando abbiamo potuto coinvolgere professionisti di alto profilo, ma anche volontari, studenti universitari dell’Università di Venezia e ragazzi delle scuole superiori. L’obiettivo era non solo realizzare il portale, ma trasmettere competenze, coinvolgere i giovani, costruire comunità”.

Infine, un motivo d’orgoglio tutto territoriale:” Siamo felici di essere stati finanziati assieme ad altri due partner locali: CombinAzioni Festival e Tipoteca Italiana. Tre realtà nel raggio di quattro chilometri, che insieme dimostrano quanto questo territorio sappia fare rete e restituire cultura alla propria comunità”.

L’archivio digitale è consultabile da ieri all’indirizzo https://archivio.fondazionesportsystem.com.

(Autore: Francesco Bruni)
(Foto e video: Francesco Bruni)
(Articolo, foto e video di proprietà di Dplay Srl)
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